Economia

Fra Trieste e il Pireo, l’Italia prova ad agganciare la Cina

15
Settembre 2017
Di Redazione

 

Più dell’appello congiunto italo-greco per una revisione del regolamento di Dublino in materia di diritto d’asilo, la vera notizia del bilaterale Tsipras-Gentiloni è quella del completamento dell’acquisizione da parte di Ferrovie dello Stato (Fs) di Trainose, il principale operatore ferroviario in Grecia. La mossa di Fs è infatti pregna di implicazioni strategiche e politiche, giacché àncora stabilmente interessi italiani nello scacchiere balcanico della Belt and Road Initiative (Bri), il faraonico progetto cinese noto come nuove vie della seta e destinato, secondo i calcoli di Pechino, a rafforzare i collegamenti terrestri e marittimi Europa-Asia e favorire gli scambi commerciali.   

La Grecia divenne avamposto della penetrazione cinese nel Vecchio Continente al tempo della crisi dei debiti sovrani e dei durissimi negoziati con la Troika. Preso atto del fallimento delle avances alle autorità italiane per un ingresso a Taranto, Pechino ripiegò sullo scalo ellenico per farne il proprio hub nel Mediterraneo. Lo scorso anno il colosso cinese dei trasporti marittimi Cosco ha completato l’acquisto del 51% del porto greco, prima fase di un ambizioso progetto infrastrutturale che ne prevede il collegamento con Budapest via ferrovia ad alta velocità. Anche se oggi la linea ferrata è al centro di un contenzioso con Bruxelles per presunte violazioni delle regole europee sugli appalti pubblici in Ungheria, per la Repubblica Popolare il corridoio Pireo-Budapest sarà fondamentale per far affluire le proprie merci nel cuore dell’Europa.

L’acquisizione di Trainose, tra i protagonisti della prima parte della tratta, garantirà a Fs un posizionamento eccellente lungo i flussi di merci provenienti dalla Cina e magari persino oltre, se è vero che lo sbarco dell’operatore italiano in Grecia sembra aver dischiuso nuove opportunità di sviluppo anche con le ferrovie di Macedonia e Turchia. Ironia della sorte, sull’affermazione della rotta balcanica e sui contestuali progetti di Fs potrebbe pendere nei prossimi anni soprattutto la concorrenza dello scalo di Trieste. La recente razionalizzazione del suo porto franco ne ha infatti rilanciato l’ambizione di tornarsi a presentare come la porta d’accesso per i ricchi mercati mitteleuropei, proprio come avveniva al tempo della dominazione asburgica. Trieste ha dalla sua il fatto di essere l’unico porto franco in Europa e di essere perfettamente integrato con l’Europa centrale e orientale grazie ai suoi buoni collegamenti ferroviari. Già oggi lavora al 90% con l’estero e smista il 40% del fabbisogno petrolifero della Germania e il 90% dell’Austria. A inizio giugno, inoltre, ha siglato un accordo di collaborazione strategica con il porto fluviale di Duisburg, in Germania, che proprio i cinesi indicano come punto terminale della Bri.

Per l’Italia la partita dei porti non si lega solo a una possibilità di rilancio commerciale ed economico: il successo dello scalo giuliano potrebbe infatti offrire nuovi e pericolosi argomenti all’autonomismo e indipendentismo che da sempre impregnano parti del nostro Nord-est.

 

Alberto De Sanctis