Economia

È colpa delle telco, la Serie A trova un alibi per la sua crisi

16
Febbraio 2023
Di Alessandro Caruso

La crisi della Serie A non è imputabile alla scarsa competitività del nostro campionato, agli scarsi risultati internazionali delle nostre squadre, all’inadeguatezza della quasi totalità degli impianti e alla bassa spettacolarità degli eventi. E nemmeno alla gestione poco diligente e virtuosa di molti club, tra cui anche alcuni dei più blasonati. La vera causa di tutto sarebbe la pirateria. Almeno stando a quando ha dichiarato in un’intervista su Repubblica Luigi De Siervo, l’Ad della Serie A. La pirateria. Vale a dire quei siti, spesso stranieri, che trasmettono le partite di calcio in streaming gratuito, facendo concorrenza sleale alle piattaforme che pagano i diritti Tv (le varie Sky, Dazn, Mediaset, ecc.). Secondo De Siervo tali piattaforme toglierebbero alla Serie A ricavi quantificabili in 1 miliardo ogni tre anni, con la “complicità delle “telco”, che con il loro atteggiamento omissivo beneficierebbero “di alti volumi di traffico, facilmente riconducibili agli orari delle partite. E non hanno fornito la collaborazione minima che ci saremmo aspettati da chi vive in un mercato che deve essere legale”. La collaborazione, invece, ci sarebbe stata da parte di Agcom e dei parlamenari Elena Maccanti e Federico Mollicone che “stanno lavorando a un provvedimento quadro: si occuperà delle infinite sfaccettature della pirateria nel paese, incluse le frodi online”. Salvo poi concludere: “Lo avremo entro un anno. Ma ora serve una norma immediata”. Così De Siervo su Repubblica, invocando quindi una “fuga in avanti” per regolamentare a una materia così complessa.

Una teoria interessante, se non fosse che i numeri sembrerebbero minarne le fondamenta. Proprio così, perché il giro d’affari delle telco italiane è diminuito di oltre 14 miliardi tra il 2010 e il 2021, con la rete mobile in affanno (-5,0%) rispetto alla fissa (-2,5%), come dimostra un rapporto dell’area studi di Mediobanca. A cui si aggiungono i dati di Asstel, l’associazione di categoria che rappresenta la filiera delle telecomunicazioni nel sistema di Confindustria. Nella sua indagine annuale emerge che già nel 2021 i ricavi delle tlc italiane sono diminuiti dello 0,6% a 27,9 miliardi di euro, rispetto a investimenti in conto capitale, a 1,1 miliardi di euro, il valore più basso di sempre. Asstel, inoltre, rileva che per il 2022 oltre al già avvenuto pagamento della restante parte delle frequenze 5G si prevedono aumenti del costo del debito e di altre voci del conto economico, tra cui quello energetico. Difficile immaginare che il traffico generato dagli “scrocconi” delle partite di calcio sia sufficiente a risanare le perdite del sistema telco.

Non a caso, proprio oggi Asstel ha replicato a De Siervo, evidenziando come sin dal 2013 l’Italia, grazie all’iniziativa dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e alla fattiva collaborazione degli operatori, si sia dotata di strumenti che consentono di intervenire per bloccare la trasmissione illecita dei contenuti. Tale attività viene svolta da circa 10 anni in maniera fattiva senza alcun ristoro dei costi sostenuti. La trasmissione di eventi live – spiega in una nota l’associazione – pone nuovi punti di attenzione e per eliminare la pirateria, anche in questa nuova forma, è necessaria una rinnovata azione corale e una legge organica.

In particolare, Asstel ha proposto una piattaforma pubblica centralizzata che possa automatizzare e velocizzare al massimo il blocco della fruizione online dei contenuti “pirata”, nel rispetto dei diritti fondamentali e dei principi generali dell’ordinamento, a partire dal ruolo degli operatori, sollevati da responsabilità derivanti da tali operazioni, così come previsto dalla normativa europea e nazionale. Tradotto: il costo antipirateria non può essere addebitato alle telco, sarebbe troppo oneroso e poco virtuoso.

Per quanto riguarda la crisi del calcio italiano, invece, tornano alla mente le parole pronunciate pochi giorni fadal presidente della Figc Gabriele Gravina: “Il calcio ha bisogno di trovare risorse alternative, servono riforme strutturali, di cui ho in programma di parlare con il ministro dello Sport Andrea Abodi”. Come a dire: non è solo questione di diritti tv.