Economia

Dpfp, Bankitalia chiede maggiore chiarezza sulle coperture

08
Ottobre 2025
Di Giampiero Cinelli

Il Documento programmatico di finanza pubblica (Dpfp), illustrato in audizione dalla Banca d’Italia, delinea una manovra «incentrata su una ricomposizione del bilancio» e prevede «un limitato aumento del disavanzo nel 2027-28 rispetto all’andamento tendenziale». Tuttavia, il Documento «non contiene elementi sufficienti per formulare valutazioni puntuali sulle singole misure». La Banca d’Italia sottolinea che «gli interventi di copertura dovranno essere certi» e raccomanda di «evitare aumenti di spesa o riduzioni di entrate di carattere temporaneo», poiché tali interventi hanno effetti transitori sulla domanda, accrescono il debito e risultano poi difficili da eliminare.

Come ha ricordato Andrea Brandolini, capo del Dipartimento Economia e Statistica di Bankitalia, lo scorso settembre le Commissioni competenti di Camera e Senato e l’assemblea di Palazzo Madama hanno approvato due risoluzioni identiche che impegnano l’esecutivo a includere nel Dpfp «l’articolazione delle misure di prossima adozione nell’ambito della manovra di finanza pubblica e dei relativi effetti finanziari». Brandolini ha aggiunto che «le misure espansive ammonterebbero a circa 0,7 punti percentuali di Pil in media all’anno», finanziate per 0,5 punti attraverso incrementi di entrate e riduzioni di spesa. Tra le misure espansive citate dal Dpfp figurano la riduzione del carico fiscale sui redditi da lavoro, il rifinanziamento del Fondo sanitario, gli incentivi agli investimenti privati e le iniziative a sostegno della natalità e della conciliazione tra vita e lavoro. «Non si fa menzione di specifici interventi a copertura», ha precisato Brandolini.

Riguardo all’evoluzione economica del Paese, la Banca d’Italia osserva che «le informazioni più recenti confermano, in sostanza, le proiezioni di giugno, con una crescita modesta sia per quest’anno sia per i prossimi, dovuta principalmente alla debolezza della domanda estera e al persistere di un’elevata incertezza». Le previsioni contenute nel Dpfp «sono coerenti con tale quadro», con una crescita stimata allo 0,5% per il 2025 e allo 0,7% per i due anni successivi, valori leggermente superiori nello scenario programmatico. Tuttavia, «le prospettive restano soggette a molteplici fattori di incertezza», in particolare per via dell’instabile contesto internazionale: «Un ulteriore inasprimento delle tensioni commerciali e geopolitiche, soprattutto se accompagnato da un forte incremento della volatilità dei mercati finanziari, potrebbe incidere in misura particolarmente negativa sul Pil».

Nel corso dell’audizione sul Dpfp, Brandolini ha inoltre evidenziato che «le attese di indebitamento per il 2025 appaiono coerenti con i dati di cassa attualmente disponibili, nonostante la consueta incertezza che accompagna tali valutazioni». Nei primi sette mesi dell’anno, il fabbisogno delle Amministrazioni pubbliche si è attestato a 77 miliardi, cinque in meno rispetto all’anno precedente; quello del settore statale ha raggiunto 110 miliardi in nove mesi, sostanzialmente in linea con il 2024. Le entrate tributarie contabilizzate nel bilancio dello Stato sono aumentate di circa il 2% nei primi nove mesi, mentre i contributi previdenziali sono cresciuti di quasi l’11% tra gennaio e luglio. Secondo i dati Istat diffusi il 3 ottobre, relativi al primo semestre, l’indebitamento netto si è ridotto di 0,9 punti percentuali di Pil rispetto allo stesso periodo del 2024, portandosi al 5%, grazie al buon andamento delle entrate, come evidenziato da Bankitalia.

Il miglioramento dei conti pubblici, e in particolare dell’avanzo primario, previsto nel Dpfp, «deriva dal marcato calo dell’incidenza sul Pil delle spese primarie sia correnti (-0,9 punti percentuali) sia in conto capitale (-0,7 punti)». I redditi da lavoro dei dipendenti pubblici «contribuirebbero alla riduzione dell’incidenza della spesa primaria corrente per 0,3 punti» e, in rapporto al Pil, «scenderebbero all’8,7% nel 2028, uno dei livelli più bassi degli ultimi venticinque anni». In termini nominali, «la spesa per i redditi da lavoro dipendente crescerebbe in media dell’1,5% all’anno, a fronte di un aumento del deflatore dei consumi privati pari all’1,8%».

Infine, la Banca d’Italia osserva che il quadro programmatico del Dpfp «sembra non includere, se non in parte, maggiori oneri per la capacità di difesa», benché lo stesso Documento «ritenga realistico, in base agli impegni assunti in sede Nato, un graduale aumento della spesa nel prossimo triennio fino a 0,5 punti di Pil in più nel 2028». In mancanza di ulteriori misure correttive rispetto alla manovra, «una spesa per la difesa più elevata rispetto a quella prevista nel tendenziale comporterebbe una dinamica della spesa netta più sostenuta». Si ricorda inoltre che, secondo la Nato, la spesa italiana per la difesa dovrebbe raggiungere il 2% del Pil nel 2025 (rispetto all’1,5% del 2024). La Commissione europea ha nel frattempo assegnato provvisoriamente all’Italia 14,9 miliardi dei 150 complessivi disponibili, per i quali il Paese dovrà presentare i propri progetti entro il 30 novembre.