Economia
Case green, la direttiva avrà vita difficile. Cosa comporta per l’Italia
Di Giuliana Mastri
La direttiva europea sull’efficientamento edilizio (“case green”) sta nettamente polarizzando. Dopo l’approvazione del testo, con emendamenti da parte del Parlamento europeo, ci si divide, a livello di opinione pubblica e di istituzioni tra chi lo vede come un’opportunità e chi come un pericolo. Infatti, nonostante il via libera di Bruxelles l’entrata in vigore ufficiale della legge non è affatto scontata e ora dovrà superare il Trilogo, ovvero la fase di consultazione tra Parlamento Ue, Commissione europea e Consiglio europeo.
Da notare soprattutto, per quanto riguarda l’Italia, il voto contrario di Fratelli D’Italia all’interno del gruppo Ecr: «L’efficientamento energetico degli edifici è un obiettivo condivisibile ma non può essere perseguito sulla pelle dei cittadini – affermano il copresidente del gruppo Ecr Nicola Procaccini, il capodelegazione di FdI-Ecr Carlo Fidanza e l’eurodeputato di FdI-Ecr Pietro Fiocchi, componente della commissione Itre del Parlamento europeo –. Il testo approvato oggi detta tempi irragionevoli, non tiene conto delle differenze tra i vari stati membri e non fa chiarezza sugli stanziamenti previsti per sostenere questo percorso. In queste condizioni, si prospetta una vera e propria ‘patrimoniale mascherata’ ai danni dei cittadini che dovrebbero farsi carico di esborsi ingenti per ottemperare agli obblighi della direttiva», concludono.
Una direttiva che in effetti impartisce obiettivi chiari. I nuovi edifici dovranno essere a emissioni zero a partire dal 2028. Mentre i nuovi edifici occupati, gestiti o di proprietà delle autorità pubbliche la scadenza è fissata al 2026. Per quanto riguarda invece gli edifici residenziali già esistenti, questi dovrebbero raggiungere la classe energetica E entro il 20230 e la classe D entro il 2033.
Per gli edifici non residenziali e quelli pubblici il raggiungimento delle stesse classi dovrà avvenire rispettivamente entro il 2027 (E) e il 2030 (D).
Sono previste deroghe per gli edifici che costituiscono patrimonio storico e artistico. Le eccezioni in Italia potrebbero riguardare un insieme di 2,6 milioni di edifici.
Disposizioni sui pannelli solari
La direttiva inoltre impartisce le linee guida sull’installazione dei pannelli fotovoltaici, “se
tecnicamente idonei e realizzabili sotto il profilo economico e funzionale”. Si legge: entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore della presente direttiva, su tutti i nuovi edifici pubblici e i nuovi edifici non residenziali; entro il 31 dicembre 2026, su tutti gli edifici pubblici esistenti e gli edifici non residenziali; entro il 31 dicembre 2028, su tutti i nuovi edifici residenziali e i parcheggi coperti; entro il 31 dicembre 2032, su tutti gli edifici sottoposti a ristrutturazione importante. Gli Stati membri stabiliscono e rendono pubblici i criteri a livello nazionale per l’attuazione pratica delle scadenze di cui al paragrafo 3 e per le eventuali esenzioni per tipi specifici di edifici, conformemente al potenziale tecnico ed economico valutato degli impianti solari e alle caratteristiche degli edifici soggetti a tali obblighi”.
Perché l’Italia può essere svantaggiata
Sebbene tocchi agli Stati membri delineare i criteri di adeguamento, è ben noto che in Italia l’asset principale sia “il mattone”. Circa 8 persone su 10 possiedono la casa dove vivono. Per quanto riguarda le classi energetiche, le ultime rilevazioni Istat e Enea ci dicono che il 32,8% (1,8 mln) ha la G, il 22,9% è F, il 16,2% ha la E. Almeno 1,8 milioni di abitazioni quindi dovrebbero subire interventi. Un numero mastodontico e di difficile gestione anche qualora vengano chiariti i meccanismi di incentivo europei, che comunque ci saranno. Per altro in un contesto in cui il governo si avvia a terminare l’esperienza del Superbonus. Ovvio, ad ogni modo, che nessuno può obbligare un privato a svolgere dei lavori. Tuttavia, la prestazione energetica dell’edificio, il cui attestato deve essere presente per legge anche negli annunci secondo la direttiva, influirebbe in caso di vendita o nuovo contratto di locazione. Facendo crollare il valore dell’immobile o al contrario alzandolo in modo non concorrenziale. La corsa all’efficientamento edilizio metterebbe anche sottopressione le banche, in un periodo in cui l’inflazione è ancora alta e i costi dei materiali edilizi lievitano. Il rischio di speculazioni sul mercato resta dunque alto. L’esecutivo Meloni sembra chiaramente restio al recepimento della direttiva, o sceglierà di chiedere degli adeguamenti adattati alle caratteristiche del Paese, come osservato anche dal ministro dell’ambiente Pichetto Fratin.