Economia

Confindustria: «L’autonomia non spacchi il Paese. Asset strategici devono rimanere nazionali»

27
Gennaio 2023
Di Giuliana Mastri

Sviluppo sostenibile, Unione Europea e Regioni. Nel nostro tempo queste tre cose sono legate e nel prossimo futuro dovranno viaggiare assieme verso obiettivi sempre più solidi. Confindustria ne ha voluto parlare oggi a Venezia, nel convegno intitolato “Transizione e Sviluppo: il Futuro dell’UE e delle Regioni“. Oltre alle posizioni manifestate dal presidente di Confindustria Carlo Bonomi, si è avuto anche il parere, tramite video-messaggio, del ministro dell’ambiente e della Sicurezza Energetica Gilberto Pichetto Fratin, in un incontro che ha favorito un denso confronto sulle tematiche delle politiche di coesione europea, sui fondi territoriali, con riferimento ovviamente al Pnrr, ma anche rispetto a una tematica d’attualità molto delicata, ovvero la potenziale riforma sull’autonomia differenziata.

«L’Autonomia differenziata non può e non deve diventare un nuovo tema che spacca il Paese, che penalizza la crescita dell’economia e la stabilità della finanza pubblica”, ha anticipato in una dichiarazione ieri il vicepresidente di Confindustria Vito Grassi, che sta già esaminando con le articolazioni territoriali dell’ente datoriale le possibili implicazioni della riforma. Sono «questioni pesanti, servono risposte chiare per realizzare quella convergenza nazionale che, come Confindustria, auspichiamo con tutte le nostre forze». Gli industriali sono molto vigili, tuttavia hanno messo in chiaro che «Dal ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie Roberto Calderoli c’è una piena disponibilità a confrontarsi con il nostro sistema».

In merito è intervenuto durante il convegno il Presidente della Campania Vincenzo De Luca,. La sua visione è articolata: «L’autonomia differenziata non si realizza a costo zero. O riduciamo i trasferimenti di spesa pubblica al nord e io sono contrario, oppure l’unica soluzione possibile è usare i fondi aggiuntivi per fare le operazioni di riequilibrio territoriale. I 200 miliardi di euro del Pnrr vanno usati per il riequilibrio territoriale. Bisogna usare i fondi aggiuntivi per il riequilibrio territoriale», ha affermato.

Toccando tutti i temi caldi, ma con un sincero fondo di ottimismo, così Carlo Bonomi: « La situazione non è brutta come nelle attese – ha esordito –. Nonostante la Cina e le politiche monetarie, a Davos ho detto che dopo gli schiaffi del 2008 e del 2010 piano piano l’industria italiana si è trasformata. Ora i dati iniziano a dire che il 2023 non sarà così fosco». Bonomi ha continuato a spiegare: «I dati Istat dicono l’Italia sta andando meglio dei nostri competitor grazie agli sforzi delle imprese. I primi mesi dell’ anno saranno complicati ma siamo in grado di affrontarli, dal mese di settembre ci aspettiamo una discesa dell’inflazione, una ripresa robusta del commercio e del commercio internazionale. Sfioreremo 600 mld di export. I nostri competitor Germania e Francia segnano il passo mentre noi conquistiamo quote di mercato. Tutto questo a patto che i prezzi energetici devono rimanere quelli che sono e che il Governo non sbagli interventi di politica industriale. Due condizioni fondamentali perché l’industria regga il Paese».

Il presidente di Confindustria si è espresso sull’autonomia differenziata: « È l’inizio di un percorso di riflessione su un tema molto complesso. Dalla riforma del titolo quinto della Costituzione sono passati 22 anni: noi dobbiamo prenderli non come tempo passato invano ma come tempo di osservazione. Ed oggi, di fronte alla riforma per l’autonomia differenziata su cui lavora il ministro Roberto Calderoli, serve attenzione. Su settori strategici per il Paese, come le reti di trasporto, dobbiamo fare delle riflessioni. Si può pensare di ridurli a micro-gestioni o bisogna, ed è la linea di Confindustria, tenere la gestione a livello nazionale. L’esempio è il traforo del Monte Bianco. Chi se ne dovrebbe occupare? È un tema della Val d’Aosta o è un tema italiano? Quando abbiamo pensato alle 23 materie era 22 anni fa, il mondo si è trasformato. Con molta onesta intellettuale credo che si possa fare qualche riflessine su come le materie possano essere ripartite».

Poi Bonomi ha considerato l’altro aspetto fondamentale della riforma, relativo alle risorse: «Evidente che questo Paese ha divari molto forti. Impensabile recuperare divari di questa dimensione ad invarianza di spese. Serve una ricollocazione della spesa pubblica, la nascita di un fondo nazionale di perequazione che dobbiamo monitorare di anno in anno, per vedere se effettivamente stiamo eliminando quei divari. Confindustria sta prendendo seriamente in considerazione le indicazioni del ministro e nell’impostazione della riforma ci sono condizioni per noi essenziali: la clausola di salvaguardia dello Stato e vedere come finanziare i Lep (Livelli essenziali di prestazione) quando saranno definiti. Qui si vedrà se c’è serietà o meno. Non possiamo permetterci di minare la coesione nazionale».

Acceso anche il dibattito sul Mes. «Se riteniamo che il nuovo regolamento non sia di interesse del Paese – ha avvertito Carlo Bonomi – o che non sia strutturato per le nuove sfide attuali, penso sia il momento di discutere seriamente su come usare uno strumento già pronto, per farne uno strumento di politica industriale europea. Questa dovrebbe essere la discussione sul Mes. E se la presidente Meloni vorrà costruire con Confindustria questo strumento, noi ci siamo».

«La sfida climatica per questo governo è un impegno strategico, non un’etichetta. Dobbiamo prendere la sovranità del nostro destino energetico, produrre energia. Il ruolo delle regioni in questo è sempre più fondamentale», ha detto il ministro Pichetto Fratin. «Questo ministero ha una quota di 68 mld per la rivoluzione verde, ecologica, risorse che siano spese come strumento concreto per dare alle regioni e territori i meccanismi per competitività maggiori, rispetto ai mercati internazionali, e fornire agli abitanti il massimo benessere». Una riflessione anche sul settore automotive: «Penso all’automotive, un settore che vive una delicata fase di transizione non solo per il comparto ma anche di area geografica. L’Italia ha dedicato a questo obiettivo il Fondo di Sviluppo e Coesione e dedica una fetta importante fondi europei, a questo il Pnrr aggiunge 2 miliardi su missioni che fanno riferimento ad aree interne e centri urbani, come lo sviluppo Zes. Per colmare il divario tra Regioni sono quindi fondamentali i fondi di coesione. L’Italia delle Regioni è una storia a parte, siamo stati per secoli cittadini di regioni diverse. Non motivo di contrapposizione, ma un elemento di ricchezza e accrescimento per la popolazione».