Economia

Banche centrali in un campo minato tra guerra, pandemia e stagflazione

17
Marzo 2022
Di Massimiliano Mellone

Tra crescita economica altalenante, emergenza sanitaria non ancora alle spalle, pressioni inflazionistiche e tensioni geopolitiche collegate all’invasione russa in Ucraina, le banche centrali devono trovare una quadra non facile. Mentre la scorsa settimana la Bce ha lasciato i tassi invariati, pur anticipando rispetto alle previsioni la riduzione degli stimoli, la Federal Reserve Usa li ha alzati ieri sera per la prima volta dall’inizio della pandemia. Una decisione in linea con quella della Bank of England, che oggi ha alzato i tassi di interesse per il terzo incontro consecutivo.

Primo aumento dei tassi di interesse per la Fed in più di tre anni: altri sei aumenti in arrivo nel 2022

La Federal Reserve non ha deluso gli analisti. Si è trattato del primo aumento dei tassi da dicembre 2018. Dopo averli mantenuti vicini allo zero dall’inizio della pandemia di Covid-19, il Fomc (Federal Open Market Committee) ha dichiarato un aumento dei tassi di un quarto di punto percentuale (25 punti base). Ora il saggio di riferimento è fissato in un intervallo compreso tra lo 0,25% e lo 0,5%.

La banca centrale statunitense ha inoltre indicato che seguirà un percorso di normalizzazione dei tassi di interesse più aggressivo, con aumenti in arrivo in ciascuno dei restanti sei incontri del 2022.

La decisione è stata presa della Fed alla luce delle stime del Fomc, che ha ridotto le aspettative di crescita economica per quest’anno e ha fortemente aumentato le prospettive di inflazione.

“Siamo attenti ai rischi di ulteriori pressioni al rialzo dell’inflazione e alle aspettative di inflazione”, ha affermato il presidente della Federal Reserve Jerome Powell. “Il comitato è determinato ad adottare le misure necessarie per ripristinare la stabilità dei prezzi. L’economia statunitense è molto forte e ben posizionata per gestire una politica monetaria più restrittiva”.

La Bank of England alza ancora i tassi ma il tono è più accomodante

Come previsto, oggi la Banca centrale inglese ha alzato i tassi di interesse per il terzo incontro consecutivo: il saggio di riferimento è stato fissato allo 0,75% dal precedente 0,5%, nel solco di quanto fatto ieri dalla Fed. La decisione è stata presa con il voto favorevole di otto dei nove membri del board dell’istituto, in considerazione dell’attuale rigidità del mercato del lavoro, dei continui segnali di forti pressioni sui costi e sui prezzi, e del rischio che tali pressioni persistano.

“Sulla base della sua attuale valutazione della situazione economica – si legge nel comunicato stampa rilasciato al termine della riunione – il Comitato ritiene che nei prossimi mesi possa essere opportuno un ulteriore modesto inasprimento della politica monetaria, ma su entrambi i lati di tale giudizio vi sono rischi a seconda dell’evoluzione delle prospettive di inflazione a medio termine”. Una valutazione che non potrà prescindere dalla situazione in Ucraina, che rappresenta ormai la prima fonte di incertezza sulle prospettive economiche.

Mossa a sorpresa della Bce: riduzione degli stimoli prima del previsto

A completare lo scenario, l’atteggiamento più restrittivo registrato anche da parte della Banca centrale europea nonostante la scorsa settimana abbia mantenuto i tassi di interesse invariati: il tasso principale è rimasto a zero, il tasso sui depositi a -0,50% e il tasso sui prestiti marginali a 0,25%. L’istituto centrale ha inoltre annunciato che ridurrà gli acquisti di asset più rapidamente del previsto, anche in considerazione delle ricadute economiche dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Se i dati economici lo consentiranno, la Bce porrà fine al suo programma di acquisto di obbligazioni nel terzo trimestre. La banca centrale ha tuttavia aggiunto di essere pronta a rivedere questa decisione qualora le prospettive dovessero cambiare.

Si tratta di una mossa che è arrivata a sorpresa rispetto alle aspettative, tra la crescente preoccupazione che l’economia della zona euro possa presto entrare in stagflazione, una situazione con gravi rischi nella quale sono contemporaneamente presenti nello stesso mercato sia un aumento generale dei prezzi, sia una mancanza di crescita dell’economia.