Economia

American Chamber, Giorgetti: “Sui dazi chiudere al più presto al 10%”

23
Giugno 2025
Di Giuliana Mastri

L’Assemblea annuale dei soci dell’American Chamber of Commerce in Italy, svolta a Palazzo Mezzanotte, ha offerto l’occasione per riflettere su alcuni dei temi più delicati dell’attualità internazionale: dalla tensione crescente con l’Iran ai negoziati commerciali tra Unione Europea e Stati Uniti, fino al ruolo strategico dell’America nel mantenimento degli equilibri globali.

Sul fronte della crisi in Medio Oriente, Giampiero Massolo, presidente del Comitato di supervisione e Senior Advisor dell’Ispi, ha sottolineato la complessità delle mosse iraniane e statunitensi. A proposito dell’eventualità che Teheran possa chiudere lo stretto di Hormuz, ha commentato:

«Sarebbe una reazione che provoca un’escalation, comunque una reazione autolesionistica perché l’Iran esporta il petrolio da lì».

Massolo ha anche ricordato come una simile decisione sarebbe contraria agli interessi cinesi: «Non dimentichiamoci che la Cina è una potenza favorevole all’Iran e peraltro è il principale cliente, l’acquirente della quasi totalità del greggio iraniano». In tale contesto, ha avvertito, un eventuale blocco dello stretto rappresenterebbe «una sfida aperta agli Stati Uniti e alla comunità internazionale la quale, come tutti vedono e hanno visto, non ha criticato l’obiettivo che si intende raggiungere: impedire che l’Iran diventi una potenza nucleare».

Sull’attacco americano ai siti nucleari iraniani, Massolo ha evidenziato che si è trattato di un’operazione «volutamente e dichiaratamente chirurgica, limitata a siti nucleari di arricchimento dell’uranio precisi», voluta da Donald Trump con l’intento di riaprire un dialogo con Teheran:

«Non già per un cambio di regime, perché quello non può che venire dal basso, è difficile provocarlo con azioni aeree, ma per riportare a una situazione di negoziato che era stata interrotta».

Secondo Massolo, sarà importante valutare se la reazione iraniana sarà «altrettanto chirurgica e quindi non tale da allargare il conflitto, cosa che potrebbe succedere, ma che al momento non è ancora successo e non mi sembra che nell’immediato succeda». Altro nodo centrale sarà comprendere se «la dinamica degli eventi sarà ritenuta sufficiente da Israele per far dichiarare al primo ministro Netanyahu che la missione è stata coronata di successo e che quindi il nucleare iraniano si interrompe».

Sulla stessa linea, anche il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, ha espresso preoccupazione per l’instabilità nella regione e ribadito la centralità del ruolo statunitense: «L’intervento degli Stati Uniti in Iran ha ribadito come gli Stati Uniti vogliano ancora assumersi il gravoso incarico di essere l’equilibratore di tutte le questioni internazionali».

Quanto al legame tra Italia e Stati Uniti, Fontana ha voluto rimarcare: «I valori non si toccano, l’amicizia non si tocca». E ha aggiunto: «La preoccupazione è nata nel momento in cui l’Iran ha iniziato ad arricchire l’uranio oltre le quantità che potevano far pensare a un utilizzo soltanto per questioni civili», sottolineando inoltre che «la preoccupazione forse doveva nascere nel momento in cui l’Iran è diventato uno dei principali finanziatori di Hezbollah e sostenitore di Hamas».

Sul fronte economico e dei rapporti transatlantici, è intervenuto con un messaggio il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, il quale ha sollecitato l’Unione Europea a una chiusura rapida della trattativa sui dazi: «Personalmente ho più volte evidenziato come anche l’incertezza abbia un prezzo. Nel negoziato sui dazi varrebbe la pena di chiudere al più presto possibile anziché lasciare che l’incertezza continui a frenare scambi ed investimenti. Gli inglesi hanno appena chiuso al G7 di Kananaskis un accordo su dazi attorno al 10% e credo che sia impossibile per l’Unione Europea strappare condizioni migliori. Forse vale la pena di chiudere al più presto anche noi al 10%».

Nel suo intervento, Giorgetti ha messo in luce anche la crescente distanza tra Stati Uniti ed Europa: «A monte di tutti questi confronti negoziali vi è tuttavia una sempre più evidente divaricazione strutturale tra i due lati dell’Atlantico. Da un lato vi è un Paese unico come l’America – che spinge verso la massima deregolamentazione, la detassazione e l’accelerazione dello sviluppo tecnologico –; dall’altro vi è un blocco di Paesi diversi come l’Unione Europea: iper-regolatorio, lento ed in chiaro ritardo tecnologico».

Secondo Giorgetti, «l’Europa ci è necessaria perché nessun Paese europeo ha la dimensione per confrontarsi direttamente con l’America e questo ci porta a negoziare assieme come Unione». Tuttavia, ha aggiunto: «Questa dimensione comune europea è tuttavia a sua volta un problema perché, su questi stessi temi, l’Europa non è ancora un vero soggetto politico».

Infine, il ministro ha concluso con una nota critica sull’operatività di Bruxelles: «Anche qui la UE fatica a definire posizioni comuni, perché i suoi Paesi Membri hanno interessi diversi. A Bruxelles si impostano allora dei complicati processi burocratici mirati a definire almeno un minimo comun denominatore con cui presentarsi al tavolo negoziale».