Cultura
Venezia 2025: l’architettura come intelligenza collettiva
Di Alessandro Caruso
A Venezia, quest’anno, l’architettura ha smesso di parlare solo con le forme. Cammina, respira, osserva. La 19ª Biennale di Architettura, diretta da Carlo Ratti e intitolata Intelligens. Natural. Artificial. Collective, si presenta come una riflessione urgente e radicale sul ruolo dell’architettura in un mondo che cambia a una velocità travolgente. Non è solo una questione di costruire meglio: è l’idea stessa di costruire — e di abitare — che viene messa in discussione.
La Biennale di Architettura 2025 si apre con una domanda che più che teorica è ormai esistenziale: come progettare in un mondo segnato da crisi ambientali, migrazioni, intelligenze artificiali e scoperte spaziali? Ratti non risponde con una dichiarazione di intenti, ma con un’architettura che ascolta, che si adatta, che si fonde con la natura e con le tecnologie emergenti. A Venezia, la città-laboratorio per eccellenza, la mostra si diffonde come una rete neurale, ramificandosi tra l’Arsenale, Forte Marghera e le calli, in assenza del tradizionale Padiglione Centrale, attualmente in restauro.

Il cuore della mostra, allestito alle Corderie dell’Arsenale, è diviso idealmente in tre grandi correnti di pensiero: l’intelligenza naturale, quella artificiale e quella collettiva. Ma più che settori, sono correnti sotterranee che si intrecciano e contaminano tra loro. Nel percorso espositivo, si passa da installazioni che riflettono sulla sapienza millenaria dei termitai, come nel caso di The Other Side of the Hill — dove il muro diventa simbolo di crescita, ma anche di limite — a spazi dove l’intelligenza artificiale si fonde con l’artigianato, come in Ancient Future, un duetto silenzioso tra un robot e un maestro artigiano, orchestrato come un pezzo musicale in un’atmosfera quasi sacra.
Non c’è nostalgia, né utopia. Al contrario, c’è l’urgenza di trovare nuove forme di coabitazione tra esseri umani, natura e macchine. La “Fabbrica dell’Aria”, per esempio, è un edificio capace di purificare l’aria grazie a un ecosistema vegetale integrato: un prototipo reale e funzionante di come la progettazione possa generare ambienti urbani più salubri e vivibili. Oppure Necto, una struttura tessile flessibile e smontabile, realizzata con materiali bio-based, che mostra quanto la leggerezza possa essere potente.
L’elemento forse più sorprendente della Biennale 2025 è proprio il suo sguardo rivolto allo spazio. Ma non in chiave escapista: lo spazio esterno viene osservato come una frontiera conoscitiva, da cui tornare arricchiti. La sezione finale della mostra, intitolata significativamente Out, propone un ribaltamento di prospettiva: le tecnologie sviluppate per ambienti estremi — dallo spazio alle profondità marine — possono ora aiutare l’uomo a vivere meglio sul proprio pianeta, sempre più inospitale. In questo senso, l’architettura diventa una piattaforma per sperimentare nuovi equilibri, non solo ambientali, ma anche sociali, cognitivi, emozionali.

Nel Padiglione del Kosovo, i visitatori sono invitati a una installazione olfattiva che li mette nei panni di un contadino alle prese con i cambiamenti climatici. È una forma radicale di empatia sensoriale, che ribadisce quanto il progetto debba oggi essere anche un atto politico e poetico. Così come Elephant Chapel, realizzato con mattoni composti da letame di elefante, non è solo un gesto simbolico, ma un manifesto di coesistenza e rispetto per ogni forma di vita.
Il curatore Carlo Ratti, ingegnere e architetto, professore al MIT di Boston e fondatore del CRA design studio, ha voluto rompere con l’idea dell’architettura come disciplina chiusa. “Non possiamo più affidarci soltanto all’intelligenza individuale. Serve l’intelligenza collettiva: quella che unisce natura, tecnologia e partecipazione umana”, ha dichiarato. Ed è proprio questo il messaggio più potente della Biennale: non ci sarà un futuro abitabile senza un cambiamento di paradigma. Non bastano materiali nuovi, servono pensieri nuovi.
L’architettura, qui, non è solo la somma di muri e tetti, ma un ecosistema. Un ponte tra la terra e il cielo, tra algoritmi e radici, tra ciò che siamo stati e ciò che possiamo diventare. E la Biennale di Architettura di Venezia, ancora una volta, è lo specchio che riflette le possibilità del mondo. Ma stavolta, anziché riflettere solo la bellezza del passato, ci mostra un futuro ancora tutto da costruire — insieme.
Fino al 23 novembre 2025.
Info: https://www.labiennale.org/it/architettura/2025
Foto courtesy La Biennale di Venezia

Martina Mazzarello, Senseable City Lab, MIT
Pietro Pagliaro
Sara Beery
Fabio Duarte, Senseable City Lab, MIT
Umberto Fugiglando, Senseable City Lab, MIT
Diego Morra, Senseable City Lab, MIT
Jae Joong Lee, Senseable City Lab, MIT

AM Kanngieser
Mere Nailatikau
Laisiasa Dave Lavaki
Tumeli Tuqota
Joseph Kamaru
Elise Misao Hunchuck


IVAAIU City

Anthony Acciavatti

Norman Foster Foundation
Michael Mauer, Porsche
Miguel Kreisler, BAU + Empty
Ragnar Schulte, Porsche
Christopher Hornzee-Jones, Aerotrope

PNAT

Boonserm Premthada

Takashi Ikegami
Luc Steels

Liam Young

Space Caviar
Robert Gerard Pietrusko
Ersilia Vaudo

Gramazio Kohler Research, ETH Zurich
