Cultura

Talent Prize 2023, vince Bensasson, con una metafora del repellente che suscita attrazione

20
Settembre 2023
Di Simone Zivillica

Sullo schermo, è stato indubbiamente l’anno di Pedro Pascal che, nei panni di Joel in The Last of Us, combatte contro un’infestazione fungina che colpisce gli organismi umani trasformandoli in una sorta di mostri mangia-uomini, zombie fuori tempo massimo che, tuttavia, continuano a far paura e, soprattutto, a interrogarci sulla caducità della vita, sulle sue innumerevoli forme, sulle nostre ansie ed egoismi. Sul necessario, talvolta, ritorno alla base di tutte le cose: sopravvivere. La metafora biologica di questo concetto è proprio il fungo che si nutre della materia organica decomponendola, trasformandola, e quindi generando corpi fruttiferi dalle forme sorprendenti. Metafora fatta propria e sviluppata dall’artista romano classe ‘90 Giulio Bensasson che con la sua opera “Come funghi”, appunto, si aggiudica il primo premio della sedicesima edizione del Talent Prize 2023, concorso ideato da Guido Talarico promosso da Inside Art e realizzato grazie al sostegno della Fondazione Cultura e Arte, ente strumentale della Fondazione Terzo Pilastro – Internazionale.

Alle porte del quartiere Sallustiano, al Goethe-Institut di Roma, Talarico ha quindi conferito il premio a Bensasson che, confessa, non se l’aspettava. È pur vero che si dice sempre così, ma in questo caso la motivazione è più che comprensibile: «sono molto contento – dice l’artista – perché credevo che un’opera che reputo dall’estetica quasi repellente possa essere piaciuta ai tanti che l’hanno votata». Proprio questa, forse, è stata la sua forza: rendere il repellente, la deformazione per definizione, qualcosa di limpido, pulito e al tempo stesso denso e con una texture estremamente complesso, ricca di infiniti particolari che risaltano su una superfice candida e statica. “Come funghi”, infatti, è un’installazione composta da un numero variabile di sculture, create attraverso la tecnica del calco, che si rifanno alle forme dei funghi lignicoli ma con la consistenza, il colore e il materiale stesso dei sex toys. Un corto circuito forzato tra repellenza e attrazione, tra disgusto e desiderio che, fondendosi, portano l’installazione a un livello superiore del giudizio tra il piacere e il non piacere: il risultato è una materia proto-naturale, quindi non giudicabile per definizione, da ammirare per cercarci motivazioni e significati più o meno nascosti.

Le strutture di quest’opera, appunto, sembrano farsi rappresentazioni scultoree della decomposizione ma, invece di richiamare la morte e il deperimento da cui sono generati, restituiscono allo sguardo stupore e meraviglia, dando forma al potere rigenerativo della natura. Attraverso l’utilizzo della gomma siliconica rosa, la forma organica del fungo si trasforma in una presenza buffa e inquietante al contempo. « “Come funghi” – spiega Giulio Bensasson – è un monito visivo che ci ricorda la nostra precarietà̀, ma è anche un auspicio mosso dalla speranza di poter apprendere dai funghi come generare bellezza dal marciume». Una rappresentazione materica, se si vuole, della “Via del Campo” di Fabrizio De André dove scriveva che “dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior”.

Proprio questo, infatti, sembra voler essere il messaggio dell’artista romano: «ho vinto con una installazione a dimensioni variabili, esteticamente complessa, composta da diversi calchi di funghi lignicoli che in natura si nutrono della materia organica decomponendola, trasformandola, e infine generando corpi fruttiferi dalle forme sorprendenti. L’intento del mio lavoro è proprio quello di dare una forma scultorea alla decomposizione attraverso un materiale “attraente”, una gomma siliconica impiegata nella produzione dei sextoys. L’installazione racchiude un messaggio politico per la società: attraverso la decomposizione ridare vita a ciò che vita non ha più».

“Come funghi” e le altre nove opere finaliste del concorso troveranno spazio alla mostra che si terrà dal 26 ottobre al 19 novembre al Mattatoio di Roma. Tra questi finalisti, sono stati selezionati al secondo e terzo posto due opere in segno di riconoscimento di una ricerca convincente e prospettica. Si tratta del collettivo Vaste Programme, conquistatosi il secondo posto ex aequo con l’opera di Yuxiang Wang. Con Calentamiento, Vaste Programme ha voluto proporre un progetto installativo e sonoro nato durante una residenza artistica in Sicilia. Al centro dell’opera c’è il tema del cambiamento climatico e il conseguente insorgere di incendi. L’opera Vacava di Yuxiang Wang, invece, è la riproduzione di un’operazione presentata in mostra a Vacone nel 2022. Il pendolo di un orologio, immerso in acqua, rallenta il suo andamento e quello delle lancette, provocando un metaforico “furto del tempo”. Terzo classificato, infine, è Tommaso Spazzini Villa che con Autoritratti [Odissea] presenta il video di una toccante rilettura delle pagine dell’Odissea che ha coinvolto quattrocento detenuti di diverse carceri italiane.

Insieme a questi artisti e le relative opere, allo spazio espositivo si troveranno anche i premi speciali, assegnati da Utopia, società leader in Italia nell’attività integrata di Public & Legal Affairs, Corporate Communication & Digital Strategies e da Inside Art, il magazine di arte contemporanea e media company partner del Talent Prize. Il primo se l’è aggiudicato Itamar Gov con “Il Mausoleo dei Cedri Rifiutati”. L’opera, presentata per la prima volta nella Chiesetta Gotica di Squillace, parte dalla narrazione del viaggio che ogni anno decine di Rabbini compiono in Calabria alla ricerca del cedro perfetto – frutto dall’alto valore simbolico nella festività ebraica del Sukkot – per spostare l’attenzione sui cedri rifiutati, attraverso fotografie e un’installazione dei cedri stessi. Il secondo, invece, è stato vinto dalla toccante opera di Luca Marcelli Pitzalis per il lavoro “The flag on the highest tower”, una bandiera con la scritta “mom, can I come home?”, un’intima dichiarazione di sconfitta, simbolo di disperazione ma anche di speranza. Il ritorno a casa dai genitori, la sottrazione da un sistema produttivo opprimente e violento, ossessionato dalla crescita e dal successo, è un racconto che si può estendere a un’intera generazione. Sul retro della bandiera si leggono ricordi e citazioni di autori che lasciano intravedere, oltre il fallimento, promesse di un futuro positivo.

A conclusione dell’assegnazioni dei premi nella conferenza stampa, il Goethe-institut ha ospitato una mostra dell’artista Aldo Runfola, che ha presentato alcune installazioni. Tra queste, alcune delle più emblematiche dell’artista palermitano, come quella della di un muro dipinto con le bombolette dei writers ticinesi BigTato e MrPlustik, chiaramente ispirata alla caduta del muro di Berlino, ma anche all’ultima apparizione in pubblico dei The Band e al titolo del film di Martin Scorsese The Last Waltz. Ma anche il celebre “Mi piace – Non mi piace”, sviluppato tra il 1990 e il 2002, in cui «si intrecciano ricordi di infanzia e letteratura», esprimendo il desiderio di sbarazzarsi della critica, di «farla finita con il giudizio, perché ogni opera d’arte è già critica e giudizio».

Testo e fotografie di Simone Zivillica