Cultura
Stadi, molto più che edifici. Al Maxxi la mostra dedicata
Di Giuliana Mastri
In origine, lo stadio era un campo o un complesso di strutture destinato a corse, gare atletiche, lotta e pugilato, prima nella Grecia classica e poi a Roma. In epoca moderna, si è trasformato in un impianto stabile dedicato a manifestazioni sportive e collettive. A raccontare questa lunga evoluzione, dal 30 maggio al 9 novembre 2025, la mostra “Stadi. Architettura e mito”, ospitata dal MAXXI.
Promossa dal Dipartimento di Architettura e Design contemporaneo diretto da Lorenza Baroncelli, la mostra offre uno sguardo inedito sullo stadio come struttura architettonica e antropologica, capace di incarnare passioni collettive, trasformazioni sociali e l’identità delle città. I curatori Manuel Orazi, Fabio Salomoni e Moira Valeri propongono una lettura dello stadio come oggetto culturale complesso, in cui si intrecciano dimensioni architettoniche, urbanistiche, economiche, politiche, sociali e artistiche.
Come afferma Emanuela Bruni, Presidente della Fondazione MAXXI, occuparsi di stadi oggi significa non soltanto esplorare il legame tra sport e architettura, ma anche riflettere su questioni più ampie legate alla società contemporanea. Gli stadi diventano così lenti attraverso cui osservare fenomeni artistici, innovazioni progettuali e cambiamenti sociali e storici. Questa esposizione intende proporre una visione critica dello stadio come infrastruttura complessa e simbolicamente densa di significato, risultato di un lavoro corale che ha coinvolto curatori, architetti, fotografi e realtà sportive.
“Stadi. Architettura e mito” è la prima grande esposizione italiana dedicata a questo tipo di architettura. Il percorso accompagna il visitatore in un viaggio che parte dalla pietra del Panathinaiko di Atene e arriva ai capolavori contemporanei del design e della tecnologia. Oggi gli stadi non sono più soltanto arene sportive, ma centri vitali delle città, luoghi di ritualità collettiva e simboli di trasformazione urbana e culturale, dove quotidianità ed eccezionalità si incontrano.
Il visitatore attraversa un racconto che si estende nel tempo e nello spazio, tra epoche e continenti, mostrando come gli stadi siano passati da semplici spazi per competizioni a luoghi polifunzionali capaci di ospitare concerti, cerimonie, eventi politici o artistici. Lo stadio diventa così anche strumento di promozione urbana e destinazione turistica globale. Un’attenzione particolare è dedicata agli stadi italiani, alla loro storia, al dibattito sulla loro rigenerazione e al loro valore simbolico per la collettività.
L’allestimento, progettato da Lorenzo Bini dello studio Binocle, guida il pubblico attraverso una sequenza cronologica che racconta le tappe fondamentali di questa evoluzione. L’ingresso sorprende con l’opera video “Zidane, A 21st Century Portrait” di Douglas Gordon e Philippe Parreno, che introduce il tema dello stadio come spazio di esperienza. Seguono l’imponente Allianz Arena di Herzog & de Meuron e una tribuna metallica che richiama la fisicità del tifo.
Dai modelli antichi come il Panathinaiko e il Colosseo si passa alla rinascita ottocentesca dello stadio moderno con Archibald Leitch e ai progetti visionari di Le Corbusier, fino ai grandi esempi italiani di Pier Luigi Nervi. Tra i progetti contemporanei spiccano il Municipal Stadium di Braga in Portogallo e gli stadi londinesi di Populous, come il Wembley e l’Olympic Stadium. Il percorso è arricchito da materiali storici e documenti che evocano momenti chiave: la prima radiocronaca sportiva del 1928, il concerto dei Beatles al Shea Stadium nel 1965, gli incidenti degli anni Ottanta e l’atmosfera di Italia ’90 con i suoi simboli, da Burri alla mascotte Ciao.
La mostra raccoglie inoltre disegni, modelli e fotografie che testimoniano la continua innovazione tecnologica: tetti retrattili, pannelli LED, membrane leggere e impianti capaci di trasformarsi per accogliere funzioni diverse. Due campagne fotografiche, firmate da Filippo Romano e Stefano Graziani, esplorano sei stadi in quattro città italiane, da Messina a Udine, da Trieste a Napoli, raccontando le differenze territoriali e il rapporto tra architettura e comunità.
Una sezione centrale, articolata in cinque “isole antropologiche”, indaga il legame profondo tra stadio, città e spettatore. Le prime sezioni raccontano le emozioni e le memorie collettive, il ruolo del pubblico e l’evoluzione delle pratiche di fruizione, fino al rapporto affettivo e talvolta conflittuale con questi luoghi. L’ultima parte mette a confronto gli stadi del Novecento e riflette sullo stadio come oggetto dell’immaginario collettivo, attraverso letteratura, cinema, fumetto, arte e fotografia.





