Cultura

Riaperture, intervista con il Piotta: «L’industria musicale è messa ai margini»

16
Febbraio 2022
Di Alessandro Caruso

Il suo nome è Tommaso Zanello, ma tutti lo conosciamo come il Piotta. La grande onda che lo aveva reso celebre e popolare adesso è anche il nome della sua label, una delle più attive sulla scena rap nazionale. E da produttore e autore discografico è stato direttamente toccato dalla crisi del settore musicale generata da questa pandemia… nonostante le riaperture dell’11 febbraio: «Sarebbe meglio salvare la faccia piuttosto gli aiuti di facciata», denuncia. Da quando sono iniziati i lockdown il Piotta è stato tra i più impegnati portavoce delle rivendicazioni dei discografici. Un campo dimenticato ed emarginato: «La musica raramente ha ricevuto il rispetto dovuto». Il riferimento è ai mancati sostegni e ristori. Il risultato? Molti club, festival e locali sono falliti. «Forse non torneremo più ai livelli di prima».

La pandemia ha aperto una crisi del settore musicale. Per voi produttori e autori è stata una seria “batosta”, quanto ne ha risentito la tua attività?
«La mia attività live ne ha risentito moltissimo, diciamo al 100% il primo anno, all’80% il secondo. Sul terzo anno spero di avere un recupero percentuale, ma per come stanno andando le cose non credo di poter andare oltre un 70/65%, anche se in cuor mio spero di ottenere di più, ma è un fatto matematico. Siamo in tantissimi a voler suonare, mentre molti club, festival e locali sono falliti. Ci vorranno anni prima che la categoria intera torni ai ritmi lavorativi pre-pandemia, e forse non ci torneremo mai più. Si sta perdendo infatti in maniera preoccupante l’abitudine a socializzare in live. Prevalgono piuttosto le risse da social o quelle organizzate».

Hai più volte fatto presente che i sostegni governativi non sono stati sufficienti. E hai parlato di un “Piano Marshall” per risolvere la crisi del settore musicale. Qual è la tua proposta?
«Ne ho parlato a malincuore, ma questo è. Un esempio? Quattro bandi chiusi ma non ancora liquidati: 1) organizzatori di concerti dm381 scaduto il 27ottobre2021; 2) tradizioni popolari dm354 scaduto il 14 ottobre 2021; 3) editoria dm369 scaduto il 19 ottobre 2021; 4) lavoratori dm 388 scaduto il 1 dicembre 2021. Cosa sono? Soldi promessi e basta? La mia proposta è di capire che ci sono intere categorie culturali che sono state messe ai margini per quanto concerne i sostegni e la concreta possibilità di recupero, per scelta o per incapacità. Sarebbe meglio salvare la faccia piuttosto gli aiuti di facciata».

Sebbene l’Italia vanti una riconosciuta tradizione creativa, il settore artistico in generale, dalla musica allo spettacolo fino al cinema e alle arti visive, stenta ad avere un valido riconoscimento istituzionale e giuridico. Sei d’accordo?
«Purtroppo sono d’accordo, soprattutto per quanto concerne la musica, che, al di là dell’attenzione morbosa durante la settimana sanremese, dove anzi si riesce persino ad andare in deroga a tutta una serie di regole, raramente ha ricevuto il rispetto dovuto, considerando i posti di lavori che genera, i voti esprimibili e soprattutto le sue positive capacità aggregative, di natura sociale e culturale, che si tratti di musica alternativa o pop».

Piotta, foto Alfredo Villa

Adesso i locali hanno riaperto, anche se a capienza limitata. Un po’ tardivo come intervento?
«Se le regole le fa chi non è del mestiere, senza nemmeno avere l’umiltà di ascoltare chi di quel mestiere vive da anni, diventa difficile uscire dalla crisi del settore musicale. È solo un urlare che si riapre di colpo, dalla sera alla mattina, esattamente come urlare di colpo che si chiude. Qui nessuno si fida più, né organizzatori, né gestori, né pubblico. E poi per aprire davvero serve un’attività contrattuale, investimenti, assunzioni, anticipi, tutte cose che impiegano mesi di lavoro, per cui se si riapre l’11 febbraio di colpo al massimo organizzi il dj set di qualche adolescente o fai il gioco delle bottiglia delle medie, e vedendoli mi sa che è li che sono rimasti alcuni rappresentanti politici».

Il problema dei contagi però è sempre attuale. Come conciliare la sicurezza con la ripartenza definitiva dei locali?
«La questione è un po’ diversa: come definire la regolamentazione di un problema che c’è ormai da 25 mesi? Emergenza o eccezione? Ricordo bene questo punto perché in Filosofia del Diritto presi 30 e lode. Credo che giunti al 90% di vaccinati sia il caso di tornare allo stato antecedente, magari investendo di più sugli ospedali, dato che fino agli anni Ottanta i posti in terapia intensiva erano il quadruplo di oggi».

Che aspettative hai per i prossimi mesi? In particolare per l’estate 2022…
«La prospettiva di vivere, o come cantava Elisa a Sanremo quella “stupida voglia di vivere”. Viaggiare, suonare, abbracciare il mondo, condividere una birra, una risata, un abbraccio. Semplice ma essenziale per un essere umano. Quindi finalmente tornare in tour a fare quello che amo di più e per cui sono ancora qui dopo 25 anni: musica dal vivo!».

Cambiando argomento, a vederla da fuori la scena musicale romana sembra in grande fermento, stanno emergendo tanti giovani, in vari generi, tra cui il rap. Qual è la tua opinione a riguardo?
«Concordo. Dove c’è crisi c’è creatività, potete quindi facilmente immaginare quanta ce ne sia nel sottobosco degli studi di registrazione dell’underground romano, quelli ancora in vita dopo – anche qui – numerose chiusure e fallimenti. E non avendo i live a fare da eco, bisogna conoscere di persona e muoversi come ci si muoveva negli anni Novanta, con il passaparola. Siccome è da quegli anni che vengo, mi ci muovo agilmente in questo clima.
E così come label abbiamo trovato giovani come Medium, e poi Alessandro Proietti e gli Studio Illegale, scelti da Isoradio e SIAE tra gli emergenti da programmare e ospitare nella bellissima iniziativa “Le strade della musica”».

Visto Sanremo? Facci la tua top 3.
«Il mio podio era lo stesso che poi avete visto tutti. Non che io ci indovini ogni anno ma quest’anno sì. Avrei solo dato uno dei premi speciali ad Iva Zanicchi, per il sensibile omaggio a Milva e per la sua carriera musicale».

Oltre al talento e al contenuto, cosa serve oggi per produrre un successo musicale?
«I soldi. tanti soldi. Per questo sta preoccupantemente diventando un mestiere per chi è ricco già o per chi investe nella musica liquidità proveniente da altri business, vedi il mondo degli influencer».

Quali sono a tuo giudizio le sonorità e i contenuti che in questo momento stanno segnando di più la scena rap italiana?
«In questo momento c’è un ampio spettro d’azione, e la cosa mi piace. Dalla scena urban r’n’b, a quella più hardcore, da quella drill a quella ancora legata alle sonorità più calde della golden age, sia in Italia che all’estero, basti pensare ad esempio alla presenza di Kendrick Lamar e di Anderson Paak al recente half time del Super Bowl».

Cover Piotta – Suburra (final season).

Progetti su cui stai lavorando? Continui a collaborare anche con il mondo del cinema?
«Sto lavorando sul mio prossimo album, che spero uscirà quando sarà possibile per tutti partecipare liberamente ai concerti. Sto lavorando tantissimo con la mia label La Grande Onda, sia come produttore sia come editore. Abbiamo appena chiuso un importante accordo di distribuzione con una nota società discografica spagnola presente in tutto il mondo, e poi a proposito di cinema stiamo realizzando una sync con Amazon UK, un’altra con Netflix e persino una in Nuova Zelanda. Vorrei poi tornare a fare radio, che adoro ma è da un po’ che mi manca, motivo per il quale sto ultimando un paio di format dopo le esperienze pregresse a Radio Rai e a Città Futura. Infine è di imminente pubblicazione il mio terzo libro».