Jannik Sinner sembra un po’ impacciato nella sala del Quirinale che ospita lui, i suoi compagni di squadra della Coppa Davis e le alte cariche dello sport italiano. Parla della squadra, dei risultati ottenuti, parla dell’orgoglio di essere al Quirinale per una vittoria che è frutto del sacrificio e del gioco di squadra. Si tratta di un’occasione eccezionale, condita dall’umiltà di un ragazzo. Un momento bellissimo: era dal ‘76 che un italiano non vinceva un grande slam. Sinner, coi capelli rossi e la voce che vacilla un po’ mentre conclude l’intervento sembra spogliarsi del peso che i media e le celebrazioni di questi giorni gli hanno caricato sulle spalle: un ragazzo di 22 anni.
Un ragazzo che un anno fa perdeva da Stefanos Tsitsipas in questo stesso torneo. A Montecarlo perdeva da Rune un ispida battaglia di tre set. Al Roland Garros si faceva sorprendere dal rovescio a una mano di Altmaier. A Wimbledon non vinceva un set in semifinale con Novak Djokovic. Agli US Open perdeva da Zverev, il redivivo Zverev, che si è sempre pensato meglio di lui.
Un ragazzo che nonostante le sconfitte continuava ad essere forte, più forte degli altri, ma era sulla soglia dell’autentica grandezza, in un limbo d’eccellenza frustrante, un quarto di finale dopo l’altro. Il suo tempo sarebbe arrivato, si diceva, ma continuava a esistere il sospetto che no: il suo tempo poteva anche non arrivare mai. Per cui vale la pena ricordarlo questo momento non sarebbe potuto arrivare mai, o comunque non così presto. Tenerlo presente non per sminuire il talento di Jannik Sinner, ma per dare il giusto valore all’eccezionalità della sua impresa. Quello che è riuscito a fare negli ultimi mesi non è una crescita fisiologica, non è una semplice maturazione: è un salto quantico.
Un salto che lo stesso presidente della Repubblica Sergio Mattarella riconosce mentre fa i complimenti al giovane campione. Quando confessa: “anche se la domenica ero impegnato ho potuto guardare la partita solo a partire dal quarto set – e posso dire che abbia giovato al mio buon umore – avendo Sinner perso i primi due set – ma subito ho avuto la certezza che avrebbe vinto perché ho visto la tranquillità con cui rispondeva e giocava”. Nessuna pressione, quindi, conclude Mattarella, “perché quello che è importante è l’impegno con cui ci si cimenta, i sacrifici. Questo – e ne siamo certi – è quello che conta”.