Ambiente

Il Green Deal non è a costo zero

12
Febbraio 2024
Di Gianni Pittella

Un vecchio detto recita «non si fanno i matrimoni con i fichi secchi».

L’Unione Europea è stata virtuosamente all’avanguardia nel comprendere che occorreva una vera e propria rivoluzione per ridurre il surriscaldamento del pianeta, difendere e valorizzare l’ambiente, costruire un pianeta a dimensione umana.

Una rivoluzione chiamata Green Deal con scadenze e vincoli precisi e con l’obiettivo della neutralità climatica entro il 2050 e tappe intermedie che riguardano biodiversità, trasporti, case, agricoltura, imprese ed altro.

Solo gli ingenui potevano pensare che tutto questo fosse a costo zero. Ci sono comparti che vanno sostenuti per poter affrontare la transizione ecologica ed energetica altrimenti vanno in sofferenza ed esplodono mettendo in discussione la tenuta degli impegni assunti col Green Deal. Le proteste degli agricoltori ne sono la testimonianza più eclatante!

L’Unione Europea in verità ha istituito un Just Transition Fund per mitigare gli effetti sociali del Green Deal, ma il suo budget è di soli 17,5 miliardi per tutta l’Europa, risultando davvero limitato. Resterebbero gli Stati membri, ma come si e’ visto dai negoziati sul nuovo Patto di Stabilità, i margini di manovra di bilancio per gli Stati Membri sembrano ridursi invece che aumentare, a causa della solita ritrosia tedesca e dell’ossessione per l’austerità.

In assenza di risorse finanziarie, l’UE cerca quindi di plasmare l’economia attraverso le regole, ma, come vediamo dalle mobilitazioni degli agricoltori, questo rischia di essere controproducente. All’UE mancano le risorse finanziarie per finanziare gli investimenti necessari per raggiungere gli obiettivi entro il 2030 e il 2050 e anche per mitigare gli effetti sociali di questa regolamentazione. Tutto ciò pone non solo un problema di sostenibilità sociale ma anche di competitività per l’Europa.

Gli USA, che sono un sistema federale dotato di una capacità di bilancio invece di una mera regolamentazione di bilancio, stanno ad esempio sovvenzionando massicciamente la loro green economy, che è oggi più produttiva e innovativa di quella europea.

Per dirla in modo semplice: “All’Europa le regole ambientali senza risorse finanziarie, agli USA le risorse finanziarie senza le regole”. Questo contrasto fra regole e risorse finanziarie è ancora più evidente nel caso cinese che, anche grazie ai sussidi governativi, sta diventando leader nella produzione di auto elettriche a basso prezzo e rischia così di colonizzare il mercato europeo all’orizzonte 2035.

Credo che una dotazione di gran lunga maggiore del Just Transition Fund di pari passo con una riforma della governance in senso federale, sia indispensabile perché la rivoluzione verde non sia una lungimirante e coraggiosa intuizione impallinata dagli interessi sociali ed economici che va a colpire.