Ambiente

Gas naturale, le sfide dell’Italia per affrontare la crisi energetica. Intervista con Gaetano Annunziata

17
Luglio 2022
Di Luca Grieco

Il conflitto in Ucraina ha acceso i riflettori sui modelli di approvvigionamento energetici del nostro Paese e dell’Europa. Il Governo ha cercato di diversificare i canali di fornitura, con l’obiettivo di emanciparsi da Mosca. L’Italia dispone di un patrimonio minerario che negli ultimi 20 anni è stato tutt’altro che valorizzato in nome di una politica ambientale dai contorni non proprio chiari, ma che, al contempo, si è imposta con forza nella definizione dell’agenda setting energetica. La nostra dipendenza dalle fonti fossili è un dato di fatto che tendiamo a dare per scontato, probabilmente senza comprendere pienamente la loro utilità e il loro protagonismo nella nostra quotidianità. L’intervista con Gaetano Annunziata, Country Manager di Energean Italy, stakeholder di rilievo per le attività estrattive e di commercializzazione di gas naturale in Italia (3° produttore nazionale di gas naturale, per volumi) e nel perimetro East-Med.

Gaetano Annunziata, Country Manager Energean Italy

Con l’inasprimento del conflitto russo-ucraino, l’Europa, ma in particolar modo l’Italia, ha dovuto rispondere in maniera celere alla necessità di diversificare le proprie fonti di approvvigionamento energetico. Ha avuto modo di farsi un’idea della strategia italiana? Considera velleitarie le stime relative all’indipendenza dal gas russo?
«L’Italia è un paese con una lunghissima tradizione mineraria e storicamente un potenziale di produzione – specie di gas- di rilievo, certamente il principale tra i paesi europei del Mediterraneo. Questa premessa è indispensabile per dire che la ricerca di fonti approvvigionamento energetico, avvenuti negli ultimi quattro mesi, si è rivolta solo verso l’estero, trascurando ed ignorando il potenziale nazionale, scommettendo tanto su paesi terzi i quali, dal conto loro, saranno chiamati ad affrontare internamente importanti sfide anche in ambito energetico, dunque potranno avere nel medio-lungo termine una rifocalizzazione sulle priorità. Certamente molto sfidante il piano energetico introdotto per sostituire i 29 miliardi di gas russo e nutro più di qualche dubbio sulla sua concreta fattibilità, specie nel breve-medio termine».

Energean è il 3° produttore di gas naturale, per volumi, in Italia. Una posizione di rilievo che dovrebbe darle la possibilità di osservare il contesto energetico italiano da una posizione quasi privilegiata, ampia. Che futuro immagina per il potenziale minerario del nostro Paese?
«Il nostro storico posizionamento in Italia, i nostri impegni di investimento in progetti di sviluppo, specie in ambito di produzione di gas ed il nostro impegno nel contribuire alla transizione energetica del Paese dimostrano tutta la nostra volontà di presidiare il mercato italiano con costanza e determinazione. E’ bene dire a chiare lettere che, oggi più che mai, non solo le aziende del settore ma anche buona parte dei politici italiani è consapevole che la transizione energetica non può prescindere -per l’Italia- anche dall’utilizzo delle proprie risorse nazionali di idrocarburi, ma occorre che gli stessi decisori politici passino dalle parole ai fatti. Per avere più produzione nazionale è necessario modificare profondamente il PITESAI (la mappa delle aree idonee alla produzione di idrocarburi – ndr -) che è stato concepito in maniera ideologica e si è rivelato sin dalla sua nascita anacronistico ed inadeguato; gli operatori di settore hanno bisogno di una strategia chiara, che si basi sulla certezza del diritto e su un indirizzo univoco sul tema».

Il Presidente del Consiglio e il Ministro della Transizione ecologica hanno fatto più volte riferimento ad una strategia sbagliata riferendosi al modo con cui il nostro Paese, a partire dai primi anni ‘2000, ha deciso di ridurre esponenzialmente la produzione nazionale di gas. Che idea si è fatto al riguardo?
«Su questo punto sono allineato alle posizioni del Governo. La drastica riduzione della produzione di gas ritengo non abbia giovato a nessuno, né sotto il profilo ambientale, avendo sostituito quel gas nazionale con gas proveniente da paesi esteri con impatti sull’ecosistema decisamente più rilevanti, né dal punto di vista economico, avendo sbilanciato la nostra bilancia commerciale con ripercussioni economiche e rendendoci vulnerabili alle crisi geo-politiche che ciclicamente sperimentiamo, né  dal punto di vista socio-occupazionale, avendo perso tantissime competenze e faticando a tenere vivo un tessuto industriale fiore all’occhiello sino alla fine degli anni novanta. Ma come detto prima non è più tempo dei “mea culpa” ma è necessario passare ai fatti».

Energean non nasce in Italia, ma decide di investire qui acquisendo gli asset di Edison E&P S.p.A a fine 2020. Questo ci fa pensare che il vostro settore guardi al mercato italiano con interesse, nonostante le politiche restrittive a cui facevamo riferimento prima. Cosa spinge player come voi ad investire qui?
«La mission della società capogruppo è quella di contribuire alla transizione energetica dei paesi del mediterraneo e la nostra forte convinzione è che il gas sia il vettore energetico che nel breve-medio termine possa e debba garantire di affrancarsi dal carbone, su tutti, che in Europa ha ancora una quota di oltre il 10% nel mix energetico che si raddoppia se consideriamo anche i paesi transfrontalieri del Mediterraneo. Essendo l’Italia al centro del Mediterraneo, tra le principali economie per consumo di gas, con una tradizione mineraria alle spalle importante e riserve potenzialmente ancora producibili, tutto quanto sopra rappresenta un mix di ingredienti che hanno convinto la capogruppo ad investire anche in Italia. Ora il nostro auspico è che i decisori politici, stakeholders istituzionali e portatori d’interesse mantengano, dal conto loro, promesse ed impegni, affinché la nostra presenza nel paese sia duratura e stabile, nell’interesse reciproco».

A questo punto viene da chiedersi quale sia la differenza culturale che caratterizza i Paesi in cui operate e se nel corso degli anni la percezione nei confronti dell’Oil&Gas sia mutata.
«Energean è oggi attiva in sette paesi del mediterraneo e l’approccio e l’apertura verso le tematiche oil & gas è molto variegato. Nell’area nordafricana e del mediterraneo dell’est, anche prima dello scoppio del conflitto e dell’attuale crisi energetica, vi era una salda convinzione sull’ importanza di favorire gli investimenti in tale ambito, specie nei progetti a gas dove Energean è coinvolta. Inoltre, la possibilità di attrarre investimenti, rilanciare i territori dove operiamo, e ridurre le emissioni sono i principali driver culturali che riscontriamo in tali geografie. In Italia, seppur forti questi bisogni, talora vengono sopiti o raffreddati, vanificati sull’altare di falsi preconcetti ambientalistici o su meri vantaggi opportunistici che alla fine, ritengo, rischiano di nuocere alla collettività. Nell’ultimo lustro, ahi noi, in Italia queste posizioni si sono ulteriormente radicate, allora vi chiedo, come avremmo superato questo inverno se chi si è apposto al TAP, sbandierando le peggiori calamità ecologiche, fosse riuscito nel suo intento? Nonostante ciò, Energean vuole essere ottimista e riportare il dialogo sui temi e benefici che la transizione energetica, anche attraverso lo sfruttamento delle risorse gas nazionali, possa portare».

La sindrome del not in my backyard è stata sviscerata più e più volte, ma continua a persistere anche quando l’emergenza energetica si ripercuote direttamente sulle utenze dei consumatori, dei cittadini. Cosa possono fare le compagnie petrolifere ancora per far passare il messaggio che si tratta di un modo sostenibile di produrre energia? Cosa direbbe ad una comunità che dovesse accogliere la vostra prossimità nel proprio territorio?
«Nei territori dove operiamo, oramai da svariati anni, abbiamo un rapporto improntato alla totale apertura e al confronto. Le realtà locali ci conoscono e hanno avuto modo in svariati decenni di convivenza di testare la coesistenza tra le nostre attività e l’ecosistema che ci circonda. Talora alcune posizioni vengono strumentalizzate e politicizzate dando dei risvolti e connotati più antagonistici di quelli che realmente sono, per cavalcare comitati locali di opposizione. Riteniamo che il dialogo sia l’arma più utile, rendere edotti i territori, coinvolgerli nel processo decisionale, condividere e informali sulle scelte più importanti sono gli ingredienti necessari per ridurre effetto NIMBY».

Ci sono progetti diversi di sviluppo delle fonti energetiche diversi da quelli tradizionali sui quali volete o state investendo? Se sì, si può pensare che un player importante lasci da parte – nei modi e nei tempi definiti a livello nazionale e sovranazionale – il proprio core business senza che questo comporti uno scompenso dell’offerta energetica per i diversi Paesi?
«Come Energean siamo impegnati, in progetti di cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica. L’idea Energean ruota, infatti, intorno all’ impiego di giacimenti italiani a gas esauriti di piccola scala, localizzati principalmente offshore nel centro adriatico, combinati con una tecnologia Energean “Eco-H2”, in fase di brevetto industriale, al fine di sviluppare un approccio organico in ambito di economia circolare. La collaborazione tra tutti gli stakeholders (industriali, finanziari e istituzionali) è fondamentale per qualsiasi iniziativa di transizione energetica e come Energean stiamo lavorando come catalizzatore per studiare la fattibilità circa la creazione di tali hub de-carbonizzati (H2 valleys di medie dimensioni), in particolare lungo la costa adriatica nei siti dove siamo presenti. Ovviamente tali progetti devono essere affiancati all’offerta tradizionale di servizi e beni in ambito oil & gas, per contribuire al giusto mix ed equilibrio e traghettare il comparto energetico verso un nuovo assetto decarbonizzato, per il quale serve pazienza, tempo e importanti investimenti. Siamo pronti a contribuire e a promuovere questa entusiasmante sfida, sfruttando l’esperienza e le relazioni anche con gli stakeholder locali, nei territori in cui operiamo da decenni».

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