Ambiente

Fai, WWF e Legambiente, un unico stakeholder per la transizione energetica. Ecco il programma

14
Dicembre 2022
Di Daniele Bernardi

Il paesaggio al centro della transizione ecologica, un bene comune che viene modificato dal tempo, dall’uomo e dalla natura ma che negli ultimi anni è stato via via “ferito” dai cambiamenti climatici. Non si tratta solo un fattore ambientale ma di una vera e propria questione etica. È per questo che il Fondo per l’ambiente Italiano (FAI), Legambiente e WWF Italia hanno sottoscritto un piano con “12 proposte per una giusta transizione energetica”.

I suggerimenti partono ovviamente dalla politica, principale attore nel contrasto ai cambiamenti climatici. Dal primo al quinto obiettivo, le tre organizzazioni suggeriscono miglioramenti al sistema di gestione dell’ambiente da parte dello Stato. Da un lato si intende agire sugli organi deputati a gestire il cambiamento: istituendo una cabina di regia interministeriale che comprenda i Ministeri dello Sviluppo Economico, dell’ambiente, della cultura, della Ricerca e delle Infrastrutture, con la partecipazione dei principali enti nazionali ed istituti di ricerca (ISPRA, ISTAT e CNR).

Si intende anche aprire tale processo decisionale al più ampio pubblico possibile, rendendo più trasparenti i procedimenti e più frequente l’utilizzo di strumenti di democrazia partecipativa come quello del Dibattito Pubblico. Sempre per i cittadini, al punto 11, FAI, Legambiente e WWF suggeriscono di far partecipare i cittadini anche economicamente, mediante forme di azionariato popolare delle principali società energetiche coinvolte.

Dall’altro lato si vuole potenziare la fase progettuale: rilanciando il Piano Paesaggistico Regionale, istituendo un Piano nazionale straordinario per l’individuazione delle aree idonee per l’installazione e la riqualificazione per le energie rinnovabili e lavorando su un programma straordinario di formazione paesaggistica permanente.

Venendo poi più nello specifico delle fonti rinnovabili di energia, sono soprattutto due quelle di cui si parla: il fotovoltaico e l’eolico. Per quel che riguarda l’energia proveniente dal solare, il cammino è ancora lungo: in Italia oggigiorno raggiungiamo una potenza fotovoltaica di circa 22GW, ma, stando agli accordi presi in Europa col REPoweEU, entro il 2030 dobbiamo raggiungere 60GW, quasi tre volte il valore di partenza. Per far ciò, le tre organizzazioni ambientaliste propongono di agire su due direzioni: mantenere lo sforzo su piccola scala (copertura di edifici) in quanto, seppur non sufficiente, aiuta a responsabilizzare i cittadini sul tema del fotovoltaico, incentivando la creazione di comunità energetiche; e, al contempo, operare su larga scala, su scala industriale, costruendo grandi impianti fotovoltaici nelle zone commerciali, nelle aree industriali dismesse, sul suolo abbandonato, limitando l’uso di suolo fertile quando possibile ed, eventualmente, occupandolo solo con agrivoltaico, compatibile con la coltivazione del territorio.

Se col fotovoltaico andiamo male, non andiamo tanto meglio neanche con l’eolico. Per raggiungere l’obiettivo di 25GW entro il 2030 dobbiamo più che raddoppiare l’attuale potenza, ferma a 11,2GW. Un obiettivo che FAI, WWF e Legambiente suggeriscono di raggiungere anzitutto operando una strategia di repowering: non solo costruire nuovi impianti ma lavorare sull’efficientamento energetico di quelli già esistenti, ottenendo così, secondo le stime, un aumento di circa 4,5GW (non è tutto, ma costituisce sicuramente un ottimo punto di partenza).

Tanto per l’eolico quanto per il fotovoltaico, al punto 10 le organizzazioni scrivono che, per migliorare l’efficacia degli impianti, i progetti dovrebbero legarsi maggiormente alle specificità del territorio e del paesaggio, sfruttando quelle che sono le “linee forti” di ogni luogo: crinali, fiumi, strade, ecc… tutti elementi che possono costituire un’opportunità nell’inserimento dell’impianto. A tal proposito, si chiede anche di incrementare e potenziare gli studi di monitoraggio sulla fauna ornitologa che spesso costituisce un elemento di disturbo nell’installazione di impianti eolici.

Infine, restando in tema energia, al dodicesimo punto viene valutato un terzo combustibile rinnovabile: il biometano. Questo gas naturale, al contrario del biogas, non è ancora abbastanza sfruttato in Italia: le riserve fin qui stoccate ammontano a un totale di 40 miliardi di metri cubi di gas, meno di quanto richiesto dal fabbisogno italiano di un solo anno. È per questo che FAI, WWF e Legambiente chiedono dunque di migliorare i piani regolatori e normativi riguardanti il biometano, escludendo la produzione primaria destinata alla produzione di biocarburanti.

In un’intervista rilasciata a La Nuova Sardegna, il Presidente Nazionale di Legambiente Stefano Ciafani, alla domanda «è cosciente che questa posizione vi esporrà a critiche?», ha risposto: «Il nostro unico interesse è collettivo. Abbiamo fatto un lavoro che è sotto gli occhi di tutti, abbiamo combattuto fonti inquinanti e cementificazioni». Per poi aggiungere «Le insinuazioni? Si può dire tutto il contrario di tutto, ci interessa poco. Noi lavoriamo insieme alle imprese delle rinnovabili? Sì, e non con quelle che si occupano di carbone, petrolio e gas. Collaboriamo con quelli che lavorano con quelli che lavoravano su ciò che predichiamo da anni. Però non facciamo quello che dicono le imprese: accade l’esatto contrario: le imprese seguono quello che suggeriamo noi».