Ambiente

Rapporto Fao, la deforestazione inizia a rallentare

04
Novembre 2025
Di Giuliana Mastri

Per la prima volta dopo molti anni, la distruzione delle foreste sembra davvero rallentare su scala globale. A dirlo è il nuovo rapporto della FAO, Global Forest Resources Assessment 2025, presentato a Bali durante la sessione plenaria della Global Forest Observations Initiative. Secondo le analisi, tra il 2015 e il 2025 il pianeta ha perso in media 10,9 milioni di ettari di foreste ogni anno: un dato ancora elevato, ma inferiore ai 13,6 milioni del decennio precedente e ai 17,6 milioni registrati negli anni Novanta.

Il termine «deforestazione» indica la perdita o la trasformazione irreversibile di aree boschive in zone destinate ad altri scopi — agricoltura, allevamenti intensivi, urbanizzazione o attività minerarie. Quando una foresta scompare, non si eliminano soltanto gli alberi: si distrugge un intero ecosistema, fondamentale per la produzione di ossigeno, l’assorbimento dell’anidride carbonica, la regolazione del ciclo idrico, la stabilità del suolo e la sopravvivenza di milioni di specie.

Oggi le foreste coprono circa 4,14 miliardi di ettari, pari a un terzo della superficie del pianeta. La notizia incoraggiante è che la perdita di foreste sta diminuendo quasi ovunque. In Sud America, dove la pressione sulle aree tropicali è stata a lungo devastante, la perdita annuale di ettari si è ridotta della metà: da 8,2 milioni nel periodo 1990-2000 a 4,2 milioni nel decennio 2015-2025. Anche in Asia il ritmo si è dimezzato, passando da 3,9 a 2 milioni di ettari all’anno. L’Europa, invece, pur mantenendo i tassi più contenuti, mostra un lieve peggioramento: 145.000 ettari persi ogni anno, contro i 126.000 di trent’anni fa.

Il rallentamento è frutto di vari fattori. Circa il 20% delle foreste del mondo si trova oggi all’interno di aree protette, riconosciute per legge, e più della metà è gestita seguendo piani di utilizzo sostenibile: dalla raccolta controllata del legname alla tutela della biodiversità, fino alla protezione delle risorse idriche e del suolo. In Europa, queste pratiche coinvolgono oltre il 90% delle foreste. Crescono anche le foreste piantate artificialmente, mentre quelle di rigenerazione naturale, che rappresentano oltre il 90% del totale, si riducono più lentamente rispetto al passato. Importante è anche il contributo delle comunità locali: in America centrale e settentrionale, ad esempio, le popolazioni indigene amministrano più di 41 milioni di ettari di foreste, spesso con risultati migliori rispetto alle istituzioni statali.

Nonostante i progressi, il quadro rimane fragile. Dal 1990 a oggi sono andati perduti quasi 500 milioni di ettari di foreste, un’area pari a circa 750 milioni di campi da calcio. Ogni anno, oltre al disboscamento diretto, vasti territori vengono colpiti da incendi, tempeste, parassiti e siccità, fenomeni sempre più connessi alla crisi climatica. Gli alberi piantati recentemente, inoltre, impiegano decenni per raggiungere l’efficacia ambientale delle foreste mature, soprattutto per quanto riguarda l’assorbimento di CO₂.

Le foreste non sono soltanto un elemento essenziale dell’equilibrio ecologico globale, ma garantiscono anche sicurezza alimentare, mezzi di sussistenza per milioni di persone e protezione naturale contro frane, alluvioni e desertificazione. Offrono risorse, energia rinnovabile e un’arma fondamentale nella lotta al riscaldamento globale.

Il rallentamento della deforestazione rappresenta dunque un segnale incoraggiante, ma non ancora risolutivo. Saranno necessarie politiche più ambiziose: ampliare le aree tutelate, promuovere una gestione responsabile delle risorse, difendere i diritti delle popolazioni locali e agire sulle cause economiche che incentivano il disboscamento. I numeri migliorano, ma gli ecosistemi restano vulnerabili e la sfida, ancora aperta.