Esteri

La difesa comune europea non è più rinviabile

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Aprile 2022
Di Flavia Iannilli

La guerra in Ucraina accelera il dibattito su una difesa comune europea. A dare un’ulteriore spinta è stata l’approvazione della Bussola Strategica (Strategic Compass), un traguardo storico raggiunto dopo un processo lungo ed articolato che porterà alla creazione di un contingente militare europeo, che potrà intervenire in contesti di crisi e al rafforzamento del coordinamento con partner strategici. Capitolo importante è quello dedicato all’aumento degli investimenti nell’industria della difesa, fondamentali per accogliere una sfida continentale, che vedrà la filiera della difesa italiana diventare parte integrante di quella europea: uno step per progettare una sicurezza comune in cui l’Italia vuole essere protagonista, e a ragion veduta. Una prerogativa importante che appartiene ad un paese credibile e affidabile nelle relazioni internazionali, con un approccio responsabile nei confronti degli alleati, che ricopra un ruolo attivo nella cooperazione europea a livello politico e industriale.

Autonomia è la parola chiave per poter prendere decisioni condivise e operare al meglio. Autonomia sia nel rafforzamento delle capacità di difesa che in campo energetico. Autonomia significa lavorare in maniera sinergica con la NATO, punto da non sottovalutare. Ma bisogna difendere la posizione europea, in questo il Ministro della difesa, Lorenzo Guerini, durante l’evento di questa mattina “Verso un’Unione per la difesa”, organizzato dal Parlamento europeo in collaborazione con la Rappresentanza della Commissione europea, è stato molto chiaro: «Dobbiamo stare molto attenti a non prestare il fianco a chi vorrebbe far intendere che la difesa europea nasca da una mancanza di fiducia negli alleati d’oltreoceano». Il messaggio è diretto: sostenere il legame transatlantico.

Ma tra il dire e il fare sempre il mare c’è di mezzo. E non perché ci sia mancanza di volontà ma perché integrare 27 paesi con politica, cultura e industria differenti non è un gioco da ragazzi. Un quadro che ha spiegato bene Guido Crosetto, presidente AIAD: «quando si parla di difesa europea si fa riferimento ad una parola che in ogni singolo paese ha un suono diverso».

Motivo per cui lo Strategic Compass non è sufficiente. Ma per fare un passo avanti, secondo Enrico Letta e non solo, c’è la necessità che i cinque paesi membri principali si siedano a tavolino con un traguardo comune da raggiungere. Il riferimento è a Francia, Italia, Spagna, Germania e Polonia; stati che giocano un ruolo importante nello scacchiere europeo. L’inclusione in questo palco a cinque sedute di Spagna e Polonia è fondamentale e fa riflettere la frase di Prodi che, guardando il quadro generale della situazione, ha “ringraziato” l’annessione all’Unione europea dei paesi dell’Europa orientale. Letta spiega: «La frattura con i Paesi di Visegrad è stata molto negativa e ha avuto molti responsabili. Non sono qui a difendere Orbàn, ma la sua narrazione avrebbe avuto effetti diversi se ci fosse stato negli anni ’90 un percorso di adesione diverso. Probabilmente avrebbe evitato questo effetto frustrazione che invece è evidente».

Il tutto condito dalle elezioni francesi, un tema che non si limita alla Francia ma che coinvolge tutta l’Europa. Letta ammonisce: «La vittoria della Le Pen avrebbe un effetto devastante sulla costruzione europea per come l’abbiamo concepita fino ad oggi. Ed è un interesse nazionale dell’Italia che l’Europa vada avanti».

(da sinistra a destra) Guido Crosetto, Alessandro Profumo, Enrico Letta, Francesco Bei e Antonio Tajani

Ma com’è possibile parlare di una difesa comune se manca una politica estera che va nella stessa direzione? La domanda retorica arriva dalla senatrice Emma Bonino. Se prima si parlava di fondamenta, il progetto rischia di vacillare ancor prima di essere costruito. Per la senatrice le basi dovrebbero partire dalla modifica dei trattati e da questa considerazione parte una domanda di livello pratico: «Chi decide se il nucleo di militari – eventualmente istituito in ambito europeo – deve essere impiegato in Nigeria o da qualche altra parte? Senza una politica estera comune, una difesa comune non ha chance».

Il secondo nodo della questione viene posto sul tavolo da Alessandro Profumo, AD di Leonardo, e riguarda la capacità industriale e produttiva di cui necessita il paese per competere sui mercati che è strettamente legata al settore difesa. Ma per permettere questo tipo di percorso, secondo Profumo, si rende necessaria una mappa tecnologica stato per stato attenendosi a dei requisiti omogenei posti dalle istituzioni europee. Il focus si fonda sulle peculiarità di ogni paese membro che è specializzato in una porzione specifica del comparto. Senza un ordine l’obiettivo, già difficile di per sé, di una difesa comune europea diventa una flebile luce in fondo al tunnel.

L’ostacolo che si aggiunge è il tempo che corre veloce insieme alle evoluzioni dello scenario internazionale. Per questo il raggiungimento della Bussola strategica è valutato come un punto di partenza importante che, specifica il Generale Graziano Presidente del Comitato Militare dell’Unione europea: «Avrà delle variazioni ogni 10 anni e si basa, per la prima volta, sulla minaccia che è stata condivisa globalmente perché condotta da servizi informativi di tutti gli stati membri dell’Ue».

Minaccia che, avanzando, rende la difesa comune europea non più rinviabile.