Politica

La posizione che manca…

29
Marzo 2022
Di Daniele Capezzone

Va bene (si fa per dire): nella chiassosa agorà multimediale in cui viviamo, nel teatro di posizioni (un po’ rappresentanza e un po’ rappresentazione, come ben sappiamo) che ogni giorno va in scena tra giornali, canali social, radio e tv, sono nettamente e plasticamente rappresentati due punti di vista opposti sulla guerra in Ucraina.

Che – intendiamoci – a volte sono interpretati con grande e onesta sincerità dall’una e dall’altra parte, altre volte invece vengono “sceneggiati” ed estremizzati con un pizzico di furbizia, rendendo un eccesso funzionale all’esistenza dell’eccesso di segno opposto, secondo una dinamica mediatica ormai sperimentatissima, secondo un gioco delle parti un po’ stucchevole.

Da un lato, c’è l’atlantista con l’elmetto, privo di dubbi, pronto a sacrificare qualunque interesse nazionale (energetico, economico, ecc) ai principi e alla lealtà occidentale. Posizione nobile, se sincera. Peccato che ad interpretarla siano spesso coloro che, per il lungo biennio pandemico, non hanno fatto una piega davanti a clamorose lesioni della libertà e dello stato di diritto. Vale per la sinistra quasi senza eccezioni, vale per componenti tecnocratiche e ammantate di “competenza”, vale per settori non minoritari del centrodestra: si può essere credibili nell’avvolgersi nella bandiera delle libertà, nell’impancarsi a campioni “freedom & liberty”, se fino a un attimo prima si è agito in senso assai diverso?

Dall’altro lato, uguale e contrario, c’è il putinista semiprofessionale. Nella versione soft, fa una micropremessa di maniera “contro l’invasione” (nella versione hard, non fa nemmeno quella): ma poi tutto il suo discorso è una giustificazione costante dell’aggressione russa, spesso con risibili tentativi (se non si trattasse di cose tragiche) di …inchiodare i bombardati alle loro responsabilità vere o presunte, passate e presenti. E così, in un offuscamento costante delle cose, in un richiamo a situazioni pregresse, si perde la sostanza (tremendamente semplice) di questo specifico conflitto: l’invasione di uno stato sovrano, la palese violazione del diritto internazionale, la scelta pressoché sistematica di colpire la popolazione civile ucraina.

Ecco, mi pare che manchi (o che sia estremamente sottorappresentata) una posizione terza, di buon senso non furbesco. La posizione di chi è indefettibilmente atlantista, ma non sottovaluta (né tantomeno nega) le devastanti conseguenze energetiche ed economiche del conflitto, che peseranno in modo enorme e rischieranno di orientare in senso anti-occidentale un pezzo delle nostre opinioni pubbliche. E ancora: la posizione di chi critica l’attuale amministrazione Usa, ma lo fa in ragione della sua debolezza, delle sue oscillazioni strategiche, dell’incongruenza tra i mezzi (scarsi) messi in campo e gli obiettivi (altisonanti) fatti risuonare nelle dichiarazioni dei dem Usa.

Ecco, suggeriremmo a politici e media italiani di far crescere questa posizione, di considerare con attenzione – ad esempio – la linea del Wall Street Journal, e di dedicare un po’ meno passione alle due posizioni estreme, più banali, più prevedibili, più provinciali. E soprattutto meno utili a comprendere il nocciolo dei problemi sul tappeto.