Politica

Draghi al Quirinale, ma come sarebbe il nuovo governo senza di lui?

22
Gennaio 2022
Di Ettore Maria Colombo

Mentre tutti parlano con tutti (Salvini con Conte, Renzi con Letta) e il centrodestra sta per riunirsi, Mario Draghi resta zitto, muto. “Il presidente lavora, come al solito, sui temi più urgenti per gli italiani” è la voce, suadente che filtra da Chigi, come se la partita del Quirinale non esistesse. Ieri, Draghi ha presieduto il cdm che, dopo molti giorni di attesa, ha dato il via libera al “dl sostegni ter” per attività in crisi e caro bollette.

Le uniche considerazioni dal sen fuggite, in questi giorni, da parte di Draghi si limitano a tre. La prima, ovvia. L’auspicio – e pure l’opportunità politica – che “la maggioranza che eleggerà il nuovo Capo dello Stato sia la più ampia possibile, anche superiore a quella attuale”. Traduzione: che sia io, o sia un altro, il successore di Mattarella, va eletto a larghissima maggioranza, altrimenti il quadro politico (e la mia permanenza al governo…) ne risentirebbe. Un no implicito a Berlusconi ma anche a tutti gli altri nomi ‘di parte’. La seconda. “Se toccasse a me – ha detto il premier ai leader, cercando di tranquillizzarli – di essere scelto per il Quirinale, non potrei certo essere io a indicare il nome del successore o formare un esecutivo. Lascerei mano libera ai partiti, sarebbero i leader a trovare un accordo tra loro”. E se è pur vero che sarebbe lui, al Colle, a gestire le consultazioni, non sarebbe Draghi a decidere il ‘profilo’ del nuovo esecutivo (tecnico, politico, metà e metà). La terza considerazione che filtra da palazzo Chigi vuole, invece, parlare al ‘cuore’ dei Grandi elettori, al Parlamento e, soprattutto, ai peones: “Se andassi al Colle, farei di tutto per portare a compimento la legislatura fino a esito naturale”.

Vero è che, anche in Parlamento, qualcosa si muove e l’ostilità a Draghi, in parte, è scemata. Pur provati dalle discussioni interne, i 5stelle iniziano a ragionare seriamente sull’opzione Draghi e anche la Lega sembra meno granitica nella sua opposizione, mentre Renzi si dice sicuro che “giovedì o venerdì avremo il nome del nuovo Presidente” (e il leader di Iv, come Letta, punta su Draghi). Il guaio è che nessuno sa come risolvere il rebus del futuro governo. Da tale punto di vista, il premier le sue ‘consultazioni’ le ha già fatte.

Prima una serie di incontri con i maggiorenti M5s (Fico in testa, Di Maio in pratica tutti i giorni) per assicurarsi la fedeltà delle loro truppe, poi il filo diretto con Letta (sul suo nome, il Pd è compatto), poi le parti sociali (Bonomi, John Elkann), in mezzo gli apparati dello Stato (Elisabetta Belloni, che guida i servizi segreti) e, ovvio, Mattarella. Ma come sarebbe il nuovo governo post-Draghi ‘senza’ Draghi? Alcune caselle resterebbero intatte (Difesa, Esteri, Economia, ma non Interni, su cui ha messo gli occhi, da tempo, Salvini) altre (specie quelle ricoperte da tecnici) muterebbero. L’ala dei berluscones filo-leghisti punta tutto su Tajani e uno degli attuali tre ministri azzurri salterebbe. Il Pd vuol promuovere donne ovunque e, tra Franceschini e Orlando, uno dei due dovrebbe accettare il passo indietro per fare posto alla De Micheli. Conte vuole promuovere i suoi fedelissimi e, al momento, non ne ha, al governo, quindi potrebbero avvicendarsi tutti e tre su tre. Spazi nuovi andrebbero creati per Iv, i totiani, etc. Un governo più politico che tecnico, dunque, con al vertice o Colao, diretta emanazione di Draghi, o la Cartabia, equidistante, o (why not?) Di Maio.