Innovazione

Decreto Transizione 5.0 e Aree Idonee, cosa bolle in pentola

03
Dicembre 2025
Di Giampiero Cinelli

L’Italia entra in una fase decisiva della politica energetica. Con il Decreto “Transizione 5.0 e aree idonee”, approvato lo scorso 20 novembre, il Governo prova a sbloccare lo sviluppo delle rinnovabili e a rilanciare gli investimenti delle imprese su efficienza, digitalizzazione e autoproduzione. Una mossa necessaria: nel Paese ci sono oltre 13 gigawatt di impianti già autorizzati ma ancora fermi.

La mappa delle aree idonee è una delle milestone del PNRR, mentre il Piano Transizione 5.0 — finanziato all’inizio con 6,3 miliardi, poi rinegoziato — punta a ridurre i consumi e le emissioni del sistema produttivo. Intanto le imprese continuano a pagare energia più cara della media europea, con un divario che penalizza la competitività. E nello stesso tempo, la produzione elettrica da rinnovabili si ferma al 37%, ancora lontana dal 65% fissato per il 2030.

In questo scenario si apre il confronto ad oggi in corso: una fase in cui semplificazioni, investimenti e governance energetica diventano determinanti per la crescita e la transizione del sistema economico nazionale.

Camere al lavoro, Sigismondi guarda avanti
Sul dossier è intervenuto a Largo Chigi, format di Urania Tv, Etelwardo Sigismondi, Capogruppo FdI nella Commissione Ambiente del Senato, il quale ha evidenziato la possibilità, su cui si lavora, di avvalersi semplicemente di rendiconti e autocertificazioni per ottenere i benefici. «All’interno del decreto sono già previste semplificazioni per la transizione energetica e digitale, semplificazioni legate al tipo di permesso abilitativo. Per l’edilizia libera si farà un’autorizzazione paesaggistica con parere obbligatorio non vincolante al rilascio del titolo, estendendo tale pratica alle aree idonee. Inoltre, in ottica autorizzazioni, se decorrono i tempi in modo non fruttuoso (per colpa delle amministrazioni pubbliche) sarà più facile poter procedere e i tempi amministrativi sono già stati ridotti», ha detto Sigismondi, che riguardo agli intoppi incontrati dalla misura ha spiegato: «Non vogliamo tralasciare nessuno, abbiamo fatto un confronto con il ministero e con Urso con l’intento di risolvere e sicuramente l’autocertificazione di riduzione energetica è già un’ottima chiave. Chiaramente vogliamo accelerare il processo di transizione energetica e digitale e anche le regioni fisseranno obiettivi, con un tempo di 120 giorni per stilare i loro piani. Detto ciò, bisogna lavorare sul mix energetico e anche sul nucleare, che abbassa i costi. Ma in merito ci vuole un confronto sereno in Parlamento con le opposizioni».

L’opposizione non è soddisfatta
Più critico, a Largo Chigi, Luigi Nave (M5S), membro della Commissione Ambiente al Senato (M5S), il quale ha evidenziato che per adesso non tutte le migliaia di imprese che hanno fatto domanda per i fondi li potranno ottenere. Le possibilità di prenotazioni sono infatti state chiuse il 27 novembre, per un valore di 2,5 miliardi miliardi. Ma si cercano altre risorse, perché l’intento è di arrivare a 4,8 miliardi nel 2026. Senza dimenticare, come Nave ha dichiarato, che all’inizio le risorse dedicate erano paro a 6 miliardi, poi scesi perché il Pnrr è stato rinegoziato. Il pentastellato ha espresso perplessità anche sul cambiamento della procedura di ammortamento e si è lamentato per i ritardi nei decreti attuativi. Secondo lui se tutto si sblocca a gennaio, ci saranno comunque rallentamenti.

Il deputato d’opposizione spera che i fondi 5.0 andranno nella direzione dei software per contabilità, cybersicurezza e intelligenza artificiale, cose che a suo dire proiettano l’impresa in un contesto internazionale. Nave ha auspicato che le regioni facciano la propria parte, pure mettendo paletti dove necessario ma guardando al target posto da Ue. Inoltre, a Nave non piace la stretta del governo sulle aree idonee e sulle comunità energetiche. La semplificazione resta necessaria in virtù di nuovi impianti. Importante secondo Nave poi un intervento sul disaccoppiamento tra prezzo del gas ed elettricità, spingendo le fonti alternative. «Le comunità energetiche, l’autoproduzione. Questo serve! Il nucleare a fissione non conviene, altro discorso se ci fosse quello a fusione, ma in realtà non arriveremo in tempo e, anche se ce la facessimo tra tra 15 anni, a quel punto il nucleare costerà comunque di più delle rinnovabili».