Politica
Meloni riceve Abu Mazen: “L’Italia riconoscerà la Palestina” (una volta esautorato Hamas)
Di Ilaria Donatio
A quasi un anno dal loro ultimo incontro, Giorgia Meloni e Mahmoud Abbas – Abu Mazen – si ritrovano oggi a Palazzo Chigi. Allora, nel novembre 2024, la premier aveva promesso tre cose: sostegno alla cessazione delle ostilità a Gaza, impegno per una soluzione politica duratura basata sulla prospettiva dei due Stati e volontà dell’Italia di avere un ruolo di primo piano nella stabilizzazione e nella ricostruzione della Striscia.
Oggi quegli impegni vengono rinnovati, con una differenza cruciale: una tregua, seppur fragile, è in corso. E la prospettiva del riconoscimento dello Stato di Palestina da parte dell’Italia non appare più così lontana ma l’esautorazione di Hamas da ogni forma di partecipazione al governo della Striscia è il requisito per il “sì” italiano.
Nel colloquio con Abu Mazen, ancora in corso, Meloni ribadirà la disponibilità del governo a fornire aiuti umanitari e supporto su cibo, sanità, formazione e addestramento delle forze di polizia palestinesi, oltre alla partecipazione alla fase di ricostruzione. «Siamo pronti a contribuire con i nostri Carabinieri da anni presenti a Gerico per la formazione della polizia palestinese e nella missione Ue per Rafah, il cui numero siamo pronti ad aumentare», ha ricordato in Parlamento il 22 ottobre, alla vigilia del Consiglio europeo.
La bozza di risoluzione Onu
L’incontro si svolge mentre a New York prende forma la bozza di risoluzione americana sul futuro di Gaza, ispirata al piano Trump. Il testo, che dovrebbe essere votato nei prossimi giorni dal Consiglio di sicurezza, punta a definire una Forza di stabilizzazione internazionale incaricata di disarmare Hamas e garantire la sicurezza dei confini con Israele ed Egitto.
Secondo la Reuters, la proposta prevede il via libera al Board of Peace come amministrazione transitoria della Striscia e il dispiegamento di 20 mila soldati autorizzati a “usare tutte le misure necessarie”, quindi anche la forza militare, per completare il mandato. Il Segretario generale dell’Onu, António Guterres, ha sottolineato la necessità che qualsiasi forza venga dispiegata «abbia piena legittimità internazionale».
Il documento, consegnato anche ai membri non permanenti del Consiglio e a diversi Paesi arabi, affida alle Nazioni Unite, alla Croce Rossa e alla Mezzaluna Rossa l’assistenza umanitaria, escludendo però l’Unrwa, l’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi, accusata da Israele di complicità con Hamas. «Qualsiasi organizzazione che abbia fatto un uso improprio dell’assistenza sarà considerata non idonea, né ora né in futuro», recita l’articolo 3.
L’incognita dell’impegno italiano
A Palazzo Chigi resta aperta la questione più delicata: l’eventuale partecipazione italiana alla forza Onu. Nonostante l’apertura espressa in Parlamento, il governo intende prima comprendere il mandato operativo e le regole d’ingaggio, anche per valutarne la sostenibilità politica.
Lo schema di risoluzione prevede la cooperazione della forza con una nuova polizia palestinese “addestrata e selezionata” per smilitarizzare la Striscia, distruggere le infrastrutture militari e impedire la ricostituzione dei gruppi armati.
Le priorità di Abu Mazen
In un’intervista pubblicata oggi da Avvenire, il presidente palestinese ha denunciato l’assenza di comunicazione politica con Israele: «Le comunicazioni dirette tra noi e il governo israeliano sono pressoché inesistenti». Tra le priorità indicate dall’Autorità nazionale palestinese figurano la stabilizzazione del cessate il fuoco, lo stop alle misure unilaterali in Cisgiordania e a Gerusalemme, la fine del terrorismo dei coloni e la liberazione delle entrate finanziarie trattenute.
L’Italia punta a mantenere il proprio ruolo di ponte diplomatico tra le parti, forte del dialogo aperto con l’Anp, con Israele e con Washington. Un equilibrio che, nelle intenzioni di Palazzo Chigi, dovrebbe consentire a Roma di contribuire alla fase successiva: quella della pace – e, forse, del riconoscimento formale dello Stato di Palestina.
Escalation sul fronte nord
Mentre per Gaza la parola passa alla diplomazia, tornano le tensioni al confine con il Libano. L’Idf ha lanciato nuovi raid contro le infrastrutture di Hezbollah, accusato di voler ricostruire la propria rete militare nel Sud del Paese. La milizia filo-iraniana ha rivendicato «il diritto legittimo di difendersi» e respinto qualsiasi negoziato politico con Israele.
Parallelamente, il ministro della Difesa israeliano Israel Katz ha dichiarato “zona militare chiusa” l’area al confine con l’Egitto, denunciando traffici di armi diretti a Gaza tramite droni. E da Vienna arriva la notizia del ritrovamento di un arsenale legato ad Hamas, destinato – secondo le autorità austriache – a potenziali attacchi in Europa contro obiettivi israeliani o ebraici.
Nelle stesse ore, Papa Francesco ha ricevuto Abu Mazen in Vaticano, in occasione del decimo anniversario dell’Accordo globale tra la Santa Sede e lo Stato di Palestina. In un comunicato, il Vaticano ha ribadito «l’urgenza di porre fine al conflitto e di perseguire la prospettiva della soluzione a due Stati





