Cultura
Mattarella in Belgio visiterà la miniera di Marcinelle, luogo della tragedia del 1956
Di Giampiero Cinelli
Con l’arrivo a Bruxelles dell’aereo dell’Aeronautica Militare, è cominciata ieri sera la visita di Stato del Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella nel Regno del Belgio. Accogliendo l’invito del Re Filippo e della Regina Matilde, il Capo dello Stato sarà impegnato per tre giorni in incontri istituzionali, eventi culturali e momenti commemorativi, a testimonianza dei profondi legami storici, politici e umani che uniscono i due Paesi.
La visita ufficiale è iniziata questa mattina con la cerimonia di benvenuto al Palazzo Reale di Bruxelles, seguita da un incontro con i Presidenti del Senato e della Camera dei Rappresentanti e da una cerimonia al Monumento al Milite Ignoto, simbolo di memoria condivisa e dei valori comuni di pace e libertà.
La giornata si concluderà con una cena di Stato al Castello di Laeken, durante la quale il Re Filippo e il Presidente Mattarella riaffermeranno la solida amicizia tra Italia e Belgio, sottolineando il valore della cooperazione bilaterale nei campi europeo, economico e culturale.
Domani il Capo dello Stato italiano visiterà luoghi simbolici della storia e della cultura belga, come il Bois du Cazier a Marcinelle, dove nel 1956 trovarono la morte 262 minatori, tra cui 136 italiani. Un episodio che non smette di esercitare un grande impatto emotivo tra gli italiani, pur a molti anni di distanza. Perché fu un evento che tuttora parla di noi, che fa rivivere la storia della nostra collettività dal secondo dopoguerra fino a oggi, un’esperienza fatta di povertà, sacrifici, prima di arrivare ad essere un Paese considerato stabile, annoverato tra i protagonisti dell’occidente. Oggi in Italia non mancano certo i flussi in uscita, ma quelli di un tempo avevano un diverso sapore. Gli operai italiani in Belgio arrivarono tra il 1946 e il 1956, più di 140mila connazionali varcarono le Alpi e lo fecero in seguito a un accordo tra Italia e Belgio imperniato su un importante scambio: l’Italia doveva inviare in Belgio 2mila uomini a settimana e, in cambio dell’afflusso di braccia, Bruxelles si impegnava a fornire a Roma 200 chilogrammi di carbone al giorno per ogni minatore.
Quell’otto agosto le braccia tentarono di scavare fino a un chilometro sottoterra e un insieme di impreparazione, scarsissime condizioni di sicurezza e circostanze, determinò un fatale incendio. Solo 15 giorni dopo, il 23 agosto, una squadra riuscì ad entrare nel pozzo trovando solo cadaveri. I dati ufficiali dell’epoca testimoniano il già rilevante numero di minatori morti che c’erano stati nell’anno e in quelli immediatamente precedenti, la miniera di Marcinelle era a tutti gli effetti una piattaforma strategica che i belgi volevano sfruttare evitando di farsi carico delle responsabilità, prova ne fu la difficoltà ad ottenere indennizzi quando gli operai perdevano la vita, a causa di espedienti giuridici che ne mettevano in dubbio la morte sul luogo di lavoro. Ma il carbone al tempo serviva, e ironia della sorte l’Italia ne ricevette dal Belgio molto meno di quanto pattuito negli anni dell’accordo. I minatori quindi non solo morirono ingiustamente ma il loro sacrificio sembrò fine a sé stesso. Bruxelles finì per considerare la manodopera solo come necessità di cui disporre alla bisogna, mentre l’Italia sperava di agganciare il sentiero di crescita e sviluppo con compromessi che oggi appaiono anacronistici. Senza dire quanto sembri elemento del passato l’uso smodato del carbone, che pure fu l’elemento cardine di un importante trattato europeo, quello della CECA del 1951, il quale mise un tassello per la costruzione europea.
Oggi la miniera di Marcinelle è Patrimonio Unesco, sta lì appunto a ricordare le vicende dei lavoratori del primo novecento e le dinamiche di un tempo da cui si cerca di progredire. Mentre l’8 agosto del 2001 è stata la data scelta come Giornata nazionale del sacrificio del lavoro italiano nel mondo. Una commemorazione istituita chiaramente in onore delle 136 vittime.





