Food

Giornata Mondiale dell’Alimentazione: un nuovo studio per la dieta “salva pianeta”

16
Ottobre 2025
Di Elisa Tortorolo

Jonathan Safran Foer, nel suo celebre saggio, si chiedeva se fosse possibile “salvare il mondo prima di cena”. Il nuovo rapporto della Commissione EAT-Lancet 2025 non dà una risposta netta, ma lancia un monito chiaro: da soli la sfida sembra impossibile, eppure le scelte quotidiane che facciamo a tavola possono diventare un punto di partenza concreto per un cambiamento reale.

Nella Giornata Mondiale dell’Alimentazione, il documento recentemente pubblicato sulla prestigiosa rivista medica The Lancet invita a guardare al sistema alimentare globale con occhi nuovi poiché, così com’è strutturato oggi, esso non è più sostenibile.

La fotografia del rapporto è netta. La produzione e il consumo di cibo sono responsabili di circa il 30 per cento delle emissioni globali di gas serra – un livello tale da poter compromettere gli obiettivi climatici anche in uno scenario di decarbonizzazione completa dei combustibili fossili. Sul fronte sanitario, l’alimentazione scorretta resta uno dei principali fattori di rischio per malattie croniche. Secondo le stime della commissione, una transizione globale verso diete più equilibrate e sostenibili potrebbe evitare fino a 15 milioni di morti premature ogni anno.

Del resto, proprio in queste ore il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, dalla Cerimonia di inaugurazione del Museo e Rete per l’Alimentazione e l’Agricoltura della FAO, ha ricordato che è un triste paradosso che proprio mentre crescono le conoscenze, le risorse e le potenzialità tecnologiche, assistiamo a “nuovi scenari di carestia, a inaccettabili sperequazioni”. I dati in questo senso ci dicono di più: il rapporto evidenzia che oggi meno dell’1 per cento della popolazione mondiale vive entro quello che il rapporto definisce “lo spazio sicuro e giusto”, ossia un equilibrio in cui i diritti alimentari fondamentali sono rispettati senza superare i limiti ambientali. Allo stesso tempo, oltre 3 miliardi e mezzo di persone non hanno accesso a un’alimentazione adeguata. 

Come rispondere? Al centro della proposta della Commissione c’è la “dieta della salute planetaria”, un modello flessibile che non esclude categorie alimentari ma ne riequilibra le proporzioni. L’obiettivo è aumentare significativamente il consumo di frutta, verdura, legumi e frutta secca, riducendo l’eccesso di carne rossa, zuccheri aggiunti e alimenti ultraprocessati. Pesce, pollame e latticini continuano a trovare spazio, ma in quantità moderate e sostenibili. Insomma, non un’unica dieta globale, ma una cornice adattabile ai diversi contesti culturali ed economici, in grado di garantire salute e sostenibilità.

Le ricadute economiche e ambientali di un simile cambiamento sarebbero rilevanti. L’adozione della dieta planetaria permetterebbe di dimezzare le emissioni del settore alimentare e migliorare la salute pubblica, con effetti deflattivi sul sistema sanitario e sulla produttività. Gli investimenti necessari, stimati tra i 200 e i 500 miliardi di dollari all’anno, verrebbero ampiamente compensati da benefici economici potenziali che si aggirano intorno ai 5 trilioni di dollari annui. In altre parole, la trasformazione alimentare non è solo un tema ambientale o etico, ma una vera e propria strategia economica di lungo periodo.

La sfida non riguarda soltanto la dieta individuale, ma l’intera filiera alimentare. Quelle zootecniche e agricole continueranno a svolgere un ruolo fondamentale, ma dovranno orientarsi verso modelli più efficienti, diversificati e meno impattanti sul pianeta. La distribuzione, l’accesso equo al cibo e la capacità di supportare abitudini alimentari più sostenibili rappresentano altrettanti fattori critici, ma innovazione, pianificazione e visione strategica possono apportare generazione di valore al cambiamento necessario. 

Per rispondere a Foer, forse salvare il mondo prima di cena è ormai già impossibile. Ma la cena — e più in generale il modo in cui mangiamo — può diventare il punto di partenza per affrontare alcune delle sfide più urgenti del nostro tempo. E se ogni scelta alimentare contribuisce a migliorare salute, impatto ambientale ed economia, allora il primo passo per cambiare prospettiva può cominciare semplicemente dal prossimo piatto.