Politica
Giurista d’impresa, tra legalità e business: le voci del convegno AIGI
Di Ilaria Donatio
Venticinque anni fa, l’avvocato Grande Stevens citava già nel suo Vita di un avvocato, i giuristi d’impresa ancora lontani dal ricevere qualsiasi riconoscimento formale. Oggi quel riconoscimento è in gran parte arrivato, almeno nella prassi e nella percezione del loro ruolo, ma la partita non è chiusa: sul piano formale resta ancora molto da fare, a partire dal riconoscimento del legal privilege.
A ricordarlo è stato Giorgio Martellino, presidente di AIGI che ha promosso il convegno, aprendo i lavori del convegno “Il Giurista d’Impresa nella Gestione del Rischio Legale: ruolo, limiti e prospettive”, tenutosi a Roma, a Palazzo Falletti. Tra i discussant, la professoressa Paola Severino, presidente della LUISS School of Law, Mauro Annibali, presidente AITRA, Giorgio Fidelbo, Presidente della IV Sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione e Cosimo Pacciolla – Head of Legal Risk Management & Integrated Compliance Q8 – che ha moderato i lavori.Al centro del dibattito, legal privilege, modello 231 e il ruolo sempre più centrale del giurista d’impresa nel dialogo tra legalità e business.
Martellino ha sottolineato come il ruolo del legale interno sia ormai parte integrante delle strategie di gestione del rischio, in un ordinamento “multilivello” in cui le imprese si configurano come micro-sistemi autonomi e complessi.
Non più soltanto chi corregge o previene, ma chi contribuisce a pianificare e orientare le decisioni aziendali. Un’evoluzione virtuosa ma faticosa, segnata da nuove responsabilità e da un continuo esercizio di mediazione tra obiettivi economici e vincoli giuridici.
Nel cuore del dibattito, anche il tema del legal privilege, che Paola Severino, presidente della LUISS School of Law, ha definito “passaggio qualificante” per rendere effettivo il riconoscimento del ruolo dei giuristi d’impresa. Nel nostro ordinamento, infatti, la tutela del segreto professionale resta prerogativa esclusiva dell’avvocato esterno, mentre il legale interno – pur gestendo informazioni sensibili e strategiche – non gode della stessa protezione.
“Quando scoppia un allarme,” ha osservato Severino, “il primo a muoversi è proprio il legale d’impresa. Ma oggi è ancora necessario chiamare l’esterno, perché solo lui è coperto dal segreto professionale”. Un nodo che torna d’attualità con la riforma dell’ordinamento forense in discussione, dalla quale – ha ricordato – “manca ancora un riferimento esplicito al legal privilege dei legali interni”. Infine, “evitare norme fotocopia per tutte le imprese,” ha aggiunto, “è la condizione perché il modello 231 – introdotto con il decreto del 2001 – pietra angolare della responsabilità amministrativa delle imprese, resti uno strumento vivo e calibrato sulle specificità dei contesti produttivi”.
Su questo si è soffermato Mauro Annibali, presidente di AITRA, che ha parlato di una misura “amata e vituperata”, ma ormai parte del Dna aziendale. Un modello che “ha rappresentato un prima e un dopo”, ha detto Annibali, ma che necessita oggi di un rilancio culturale e premiale, capace di incentivare non solo l’adempimento formale ma una compliance sostanziale, costruita su principi chiari e tipizzati.
In chiusura, Cosimo Pacciolla – Head of Legal Risk Management & Integrated Compliance Q8 – che ha ricordato che la trasformazione in atto non è solo normativa ma anche organizzativa. “La vera sfida,” ha detto, “è integrare la compliance nei processi e nella cultura aziendale, perché il rischio legale non è un’area da presidiare: è una variabile da gestire in modo intelligente e condiviso”.
Immagini, riprese e montaggio a cura di Simone Zivillica





