Esteri

Donald Trump ‘dottor Jekill e Mr Hyde’ tra Medio Oriente e fronti interni

12
Ottobre 2025
Di Giampiero Gramaglia

Un Donald Trump “dottor Jekill e Mr Hyde” alla Louis Stevenson: così lo vedono il New York Times e il Wall Street Journal, che raccontano un presidente pacificatore – fino a un certo punto – sui fronti internazionali e punitivo e divisorio sul fronte interno. L’immagine del magnate che s’appresta a presiedere, tra Egitto e Israele, ai riti della tregua a Gaza mal si concilia con quella rancorosa e vendicativa del presidente che aumenta di colpo i dazi del 100% sull’import dalla Cina o che fa perseguire in giustizia, con capi d’accusa labili, quelli che percepisce come suoi nemici, o ancora che minaccia il licenziamento, da lunedì 13 ottobre, di 4.000 dipendenti federali causa shutdown, cioè parziale serrata dei servizi pubblici – licenziamenti che servono invece a garantire lo stipendio ai militari.

Il decisionismo conflittuale di Trump suscita commenti analoghi su New York Times e Wall Street Journal. Il NYT parla dello “schermo diviso” del magnate presidente: “fa il pacificatore all’estero e conduce una campagna di rivalsa all’interno … la sua doppia personalità emerge chiaramente, dando infinite munizioni sia ai suoi alleati che ai suoi nemici”. Per il WSJ, “un Trump ringalluzzito accelera l’attuazione della sua agenda: le ultime decisioni mostrano un comandante in capo che incontra poca resistenza nell’attuazione della sua ambiziosa agenda”.

Nella Striscia di Gaza, tutto pare andare nella giusta direzione: l’inviato speciale Usa Steve Witkoff annuncia che il cessate-il-fuoco tiene (ed effettivamente non si ha notizia di vittime); la prima fase del ritiro delle forze israeliane è terminata – oltre la metà del territorio resta sotto il loro controllo –; decine di migliaia di sfollati nel sud della Striscia stanno tornando al Nord per vedere quel che resta della loro casa; mentre Hamas e gli altri gruppi palestinesi si apprestano a restituire gli ostaggi entro domani – le 72 ore concordate decorrono dalla firma degli accordi avvenuta venerdì – e Israele si prepara a liberare, come convenuto, 1.850 detenuti palestinesi.

Fonti dell’ONU indicano che la consegna degli aiuti riprende da oggi a pieno ritmo, con l’ingresso nella Striscia di 17.000 tonnellate metriche di viveri, medicinali e generi di prima necessità, già posizionate nei pressi dei valichi in attesa dell’autorizzazione a entrare.

Alle cerimonie di domani in Egitto, con Trump e il padrone di casa, l’egiziano Abdel Fattah Al-Sisi, ci saranno rappresentanti dei Paesi mediatori e di vari Paesi arabi e musulmani e i leader di vari Paesi europei, fra cui la premier italiana Giorgia Meloni, nonostante l’Europa abbia avuto scarso ruolo in tutta questa vicenda. Euronews, commentando una riunione a Parigi di ministri degli Esteri di Paesi dell’UE, scrive: “L’Europa sgomita per essere presente al tavolo della pace e della ricostruzione”.

Con questo clima mediorientale positivo, contrastano altre mosse del magnate presidente, a partire dall’annuncio di nuovi dazi del 100% sull’import dalla Cina, a partire dal 1° novembre. Era bastata un’anticipazione del nuovo scontro commerciale USA-Cina, venerdì scorso, perché Wall Street registrasse il giorno peggiore dall’aprile scorso, quando la ‘guerra dei dazi’ era scoppiata.

Trump ventila, inoltre, l’ipotesi della cancellazione dell’incontro col presidente cinese Xi Jinping, previsto a margine del vertice dell’APEC in novembre in Corea del Sud. I nuovi dazi e l’incertezza sull’incontro sono una forma di ritorsione per la decisione della Cina, giudicata “ostile”, di limitare l’accesso a terre rare usate nell’industria manifatturiera. Gli USA valutano anche se introdurre limiti all’export verso la Cina di software potenzialmente critici per la sicurezza nazionale.

Sul fronte dello shutdown non s’intravvedono sviluppi positivi, nonostante i fermenti nel Congresso. Anzi, la Casa Bianca ha già avviato il licenziamento di 4.000 dipendenti federali. Sono a rischio anche le retribuzioni di decine di migliaia di lavoratori, mentre l’Amministrazione Trump si dà da fare per garantire quelle dei militari.

L’accelerazione nell’attuazione dell’agenda di Trump si riscontra anche nella politica di espulsione dei migranti senza documenti, con l’invio della Guardia Nazionale in diverse grandi città democratiche – la prossima potrebbe essere San Francisco, dopo Los Angeles, Memphis, Washington, Portland e Chicago.

Le azioni belliche degli Stati Uniti nel Mar dei Caraibi, con l’affondamento di alcune imbarcazioni di presunti narcotrafficanti venezuelani, hanno provocato una rara riunione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, con gli USA sul banco degli imputati per il carattere assolutamente arbitrario e illegittimo degli interventi.