Politica

Nel globo in tempesta l’Italia guarda agli assetti interni

20
Settembre 2025
Di Giampiero Cinelli

Il Vecchio Continente si guarda allo specchio riflettendo sulla sua identità e direzione, ora che anche uno dei pilastri della costruzione comunitaria, la Francia, è finita nella spirale del debito pubblico. Von der Leyen e Mario Draghi questa settimana hanno parlato nella conferenza di Bruxelles, ad un anno dalla presentazione del rapporto dell’ex premier italiano. Ne è emersa la necessità, per il periodo 2025-2031, di aumentare la quota pubblica di investimenti fino a 1.200 miliardi, di continuare a cercare una soluzione alla questione energetica, non solo diversificando ma anche con policy in grado di ridurre i costi, ad esempio con acquisti collettivi.

Draghi ha evidenziato il tema del gas, che sebbene non rappresenti una quota maggioritaria nell’import energetico, pesa sulla formazione del prezzo dell’elettricità, in quanto viene usato per produrla. Istanze, queste, che espongono l’UE a problemi di bilancio, con il debito pubblico destinato ad aumentare di 10 punti nel prossimo decennio fino al 93% del Pil, come osservato dalla Bce. È sostenibile? Per avere un’idea, oltre alle fredde cifre va capito in quale fase storica ci si trova. Nessun parametro di per sé scoraggia se ci si mantiene in grado di competere e capaci di favorire trasformazioni produttive.

Un punto ineludibile, perché oggi c’è un’America che vuole chiudersi (la ricomposizione dei rapporti commerciali non è una passeggiata) e uno scenario internazionale che restituisce instabilità oltre che sforzo in prima persona. Ecco perché l’Europa non può essere il luogo dove lo sviluppo frena. Motivo per cui Draghi nel suo discorso ha consigliato di sospendere l’AI Act rispetto a quelle materie sì rischiose per la sicurezza ma che non avrebbero conseguenze inammissibili, come sanità e infrastrutture. Il principio sarebbe quello, più statunitense, del normare solo dopo aver compreso bene implicazioni e risultati.

Le tensioni globali potrebbero essere un ulteriore fattore di crisi: non solo la situazione nell’Europa orientale e il rapporto con la Russia, c’è anche il Medio Oriente in fermento. Attorno alla vicenda israelo-palestinese si osservano geometrie importanti. Eppure, in termini di sicurezza e ripercussioni economiche, resta da valutare. Il prezzo del petrolio non è schizzato perché l’Opec ha deciso di non tagliare la produzione. In breve questi gli elementi che, paradossalmente, non rendono Italia traballante. Anzi la situazione finanziaria è sotto controllo e l’export continua ad essere il motore del Paese.

I dubbi, attualmente, semmai sono sul fronte interno. Quanto è solido il sodalizio politico delle destre alla luce dei dossier esteri? Le forze politiche hanno davvero un’idea di nazione compatibile? Le prossime competizioni regionali non sembrano essere motivo di particolari difficoltà. Forse i temi dirimenti sono quelli strutturali della riforma della giustizia e dell’autonomia differenziata. Giorgia Meloni mantiene la parola e tirerà dritto, mentre il cuore della polemica politica ora si sposta su temi di coscienza – sulla scia dell’uccisione di Charlie Kirk –. Il clima di violenza può realmente trasferirsi allo Stivale come paventa la sinistra? Non sembra che i diritti civili siano tuttora terreno di aspro scontro in Italia come un tempo. I diritti sociali maggiormente. Già si intravede appunto una società civile che combatterà per la distribuzione delle risorse della Legge di Bilancio la quale, a giudicare dalle anticipazioni, dovrà dare risposte sia al ceto dei dipendenti che a quello autonomo. Questa settimana le commissioni Bilancio di Camera e Senato hanno approvato la risoluzione sul prossimo documento programmatico di finanza pubblica, atteso a giorni.