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Le Regionali saranno un banco di prova

02
Agosto 2025
Di Redazione

Con le dimissioni di Roberto Occhiuto dalla Presidenza di Regione Calabria si arricchisce di un nuovo capitolo la politica agostana. 

Al voto quindi una Regione in più rispetto a quelle già previste dalle ormai note scadenze elettorali: Veneto, Toscana, Marche, Campania e Puglia. 

Occhiuto si dimette per un’inchiesta di corruzione che riguarda lui direttamente e altri componenti della classe dirigente della Regione da lui guidata. 

Evidentemente convinto di riuscire a vincere le elezioni senza troppi problemi, il Presidente uscente ha ritenuto più giusto mettersi subito alla prova senza aspettare di arrivare alla scadenza naturale di ottobre 2026, magari “rosolato” sul fuoco di informazioni lasciate trapelare ad arte nel corso delle indagini. 

Politico avveduto, immaginiamo Occhiuto essere perfettamente consapevole che non saranno le elezioni a rallentare la macchina delle indagini o a ridurne gli effetti mediatici, ma sicuramente avrà ritenuto più giusto affrontare la tempesta forte di un rinnovato consenso elettorale. 

Nel centrosinistra già si parla di “campo larghissimo” per tentare di approfittare della spericolata mossa dell’uscente. 

Ci sembra già di vedere le mani avanti: concordare subito sul fatto che il “campo” sia il più “largo” possibile, cosicché al PD non venga in mente di proporre un/una candidato/a di alto valore ma magari con una multa non pagata e, dall’altra parte, a Giuseppe Conte passi il gusto di ergersi a soggetto valutatore di ultima istanza delle candidature altrui, oltre che delle proprie. 

Osservando di quanto si dibatte a proposito delle Marche o anche della Campania, ci sembra di aver riavvolto il nastro al 2013, l’anno della sorpresa elettorale che portò il M5S in Parlamento con circa il 25%, con Beppe Grillo alla tolda di comando e Gianroberto Casaleggio ancora in vita. 

Giova ricordarlo per chi erroneamente ritenga nuove queste pulsioni giustizialiste in purezza. 

C’è stato un prima di Giuseppe Conte nel M5S, che gli ha consentito prima di essere indicato nella squadra dei ministri dell’ipotetico governo Di Maio prima delle elezioni del 2018; poi, di diventare il Presidente del Consiglio più fuori contesto, ma ben calato nella parte, che la storia politica italiana ricordi; infine, leader politico del partito e aspirante guida di tutta l’opposizione. 

Ne abbiamo scritto tanto in passato, anche nel momento in cui sembrava essere il PD di Elly Schlein a godere di migliore salute dopo le europee del 2024. 

Perché certi risultati sono frutto di “fiammate” improvvise che si accendono e spengono mentre quello che resta e resterà per sempre nella politica italiana è la dicotomia buoni vs. cattivi, giusti vs. sbagliati, puliti vs. sporchi. 

Dicotomia incarnata da quella politica che agisce cavalcando argomenti etico-morali e li unisce al ruolo della Magistratura e dell’impatto delle sue inchieste. 

Ed eccoci, quindi, all’oggi: Conte ha capito che questa frattura politica sta tornando d’attualità, perché il Governo Meloni sta andando avanti con la sua Riforma della Giustizia e che ci sarà un referendum a doverla confermare o smentire. 

Non tanto la separazione delle carriere, ma il sorteggio del CSM rappresenta una vera rivoluzione in grado di cambiare decenni di politica giudiziaria, a partire dalla fine della ragion d’essere delle correnti. 

Nel momento in cui fioccano inchieste da tutte le parti d’Italia, colpendo indiscriminatamente amministratori di centrodestra e centrosinistra e lasciando immune il Movimento che di amministratori locali non ne ha più, Conte può tornare in auge con i suoi criteri moralistico-giustizialisti e mettere in difficoltà il PD, ancora più di quanto il PD già non faccia da solo con la sua attuale leadership. 

Le Regionali saranno un banco di prova notevole per tutto questo, a partire dalle candidature per arrivare fino al voto. 

C’è da augurarsi che lo capisca in primis il PD, rimettendo al centro della scena il valore della competenza dei candidati piuttosto che quello della “pulizia”, anche se accompagnata a carenza di qualità politica. 

C’è da augurarsi però che lo capisca anche il Governo, riflettendo se non sia il caso di proporre un Election Day per tutte le Regioni in palio, così da politicizzare il voto a livello nazionale e non rischiare di perdere in più Regioni del previsto per motivi locali.