Politica
Edilizia tra frenata e rilancio: «Ora serve una visione di lungo periodo». Parla Federica Brancaccio
Di Andrea Ciaralli
(Articolo pubblicato su L’Economista, inserto de Il Riformista)
Dopo anni di crescita sostenuta, l’edilizia italiana sta affrontando una fase di rallentamento. Ma il settore resta centrale per il rilancio del Paese. Tra diagnosi e proposte, la presidente di Ance Federica Brancaccio traccia le priorità per costruire una nuova stagione di sviluppo urbano, con regole certe, investimenti mirati e collaborazione tra pubblico e privato.
Nel 2024, il settore edile ha registrato una prima flessione del 5,3% e anche sul 2025 le previsioni sono in calo. Qual è la sua valutazione sull’attuale stato di salute dell’edilizia italiana?
«Siamo in un momento ancora positivo, il settore è sempre trainante e viaggia su livelli produttivi elevati, ma indubbiamente ci sono alcuni segnali di flessione che bisogna leggere per tempo, inquadrandoli nel contesto di incertezza globale che stiamo vivendo. Questo deve darci la spinta per guardare oltre e disegnare adesso le politiche per il prossimo futuro. Le cose da fare sono tante: dall’emergenza casa alla cura del nostro fragile territorio, dalle azioni per l’adattamento climatico alla rigenerazione urbana».
Quali cambiamenti prevede per il settore delle costruzioni nei prossimi anni, in particolare sulla riqualificazione e la rigenerazione?
«Sulla rigenerazione delle nostre città siamo fermi da troppo tempo. Abbiamo regole nate negli anni ’40 e non siamo ancora riusciti ad approvare nuovi strumenti normativi che siano adatti alle esigenze di oggi. Ma speriamo finalmente di essere arrivati al traguardo di una nuova legge quadro nazionale, dotata delle risorse necessarie. La volontà c’è da parte di tutti gli attori coinvolti e i segnali di Governo e Parlamento sono incoraggianti. Per le imprese, che sul territorio pur tra mille difficoltà tanto stanno facendo, con l’aiuto e la passione di sindaci e amministratori, sarebbe importantissimo poter contare su un’agenda nazionale per le città, con responsabilità chiare e investimenti certi».
Di cosa ha più bisogno in questa fase l’edilizia in Italia? Cosa chiedete alle Istituzioni?
«Abbiamo soprattutto bisogno di visione, di politiche di lungo respiro. Dobbiamo liberarci dalla trappola dell’emergenza, dei provvedimenti temporanei appesi al filo della proroga, e impegnarci per agire con coraggio e lungimiranza. Quella lungimiranza che ha contraddistinto il Pnrr. Quel modello decisionale e di gestione con target chiari, obiettivi precisi, risorse certe e riforme potrebbe funzionare anche per imprimere una vera svolta alle politiche per la casa e la città».
Il partenariato pubblico-privato sta diventando sempre più strategico per la valorizzazione del patrimonio pubblico.
«Il ruolo giocato da Invimit è essenziale perché rappresenta un trait d’union tra patrimonio pubblico e operatori privati. In particolare la missione REgenera, che abbiamo avuto l’opportunità di conoscere, promuove la consultazione e il confronto diretto con i privati creando le condizioni per individuare insieme le migliori strategie e soluzioni di valorizzazione del patrimonio. È questa la strada giusta per far fare davvero un salto in avanti alla rigenerazione urbana nel Paese e per questo siamo particolarmente orgogliosi di avere Invimit al nostro fianco anche nella Conferenza Città nel futuro 2030–2050. Un appuntamento con tanti partner e stakeholder istituzionali, economici e di filiera, dove cercheremo di definire insieme politiche e azioni per affrontare al meglio i bisogni delle città».
I dati ci dicono che almeno il 50% degli edifici pubblici italiani risulta obsoleto in termini di efficienza energetica. Quali politiche ritiene necessarie per accelerare la riqualificazione e migliorare l’accesso ai finanziamenti per i progetti di ristrutturazione?
«Noi abbiamo messo a punto un pacchetto equilibrato di proposte che sono a disposizione di Governo e Parlamento. Un decalogo per dare vita a un grande piano di riqualificazione degli edifici, trasformando la transizione ecologica in una vera politica industriale. Con la definizione di obiettivi chiari, vincolanti, misurabili e strumenti per monitorarne l’attuazione. Crediamo che sia necessaria una cabina di regia forte e unitaria con una governance integrata e la responsabilità condivisa da parte di tutte le istituzioni coinvolte: ministero dell’Ambiente, dell’Economia e Fondo nazionale per l’efficienza energetica. Infine un mix sostenibile di leve fiscali e contributi diretti. Serve flessibilità perché sono tante e diverse le esigenze a cui rispondere: dal condominio al capannone industriale».





