Economia

Confindustria: l’economia del mare vale l’11% del Pil, ora una governance più forte

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Luglio 2025
Di Ilaria Donatio

Con 216,7 miliardi di euro di valore complessivo, pari all’11,3% del Pil, l’economia del mare si conferma un pilastro della competitività italiana. A fotografarne lo stato di salute e delinearne il futuro è stato oggi il convegno “Economia del Mare. Il motore blu della competitività italiana”, promosso da Confindustria a Roma, con la partecipazione di esponenti di governo, rappresentanti istituzionali e del mondo imprenditoriale.

«Abbiamo riportato il mare al centro dell’agenda di governo, da cui mancava da decenni», ha dichiarato Nello Musumeci, ministro per la Protezione Civile e le Politiche del Mare. «L’Italia è il primo Paese del Mediterraneo per movimentazione delle merci a corto raggio. Un piccolo miracolo, nonostante le tensioni geopolitiche. Ma undici dicasteri che se ne occupano sono troppi: servono strumenti più snelli per rispondere con efficienza alle sfide della marittimità».

Proprio per questo è stato istituito il CIFOM, Comitato interministeriale per le politiche del mare, che Musumeci presiede: «Un luogo di coordinamento dove affrontare e, quando possibile, risolvere le questioni che provengono dal mondo della blue economy». E rivolgendosi direttamente agli imprenditori ha lanciato un appello: «Non lasciatemi solo. Incontriamoci, individuiamo insieme due o tre priorità concrete. Sono convinto che, con il dialogo e la volontà, le soluzioni si trovano».

A dare voce alla visione industriale è stato Mario Zanetti, delegato del presidente di Confindustria per l’economia del mare, che ha presentato il nuovo documento strategico “Azioni per la competitività del Paese”. Il comparto conta oltre un milione di occupati, 230mila imprese attive e ha registrato un balzo del +21,5% rispetto al 2024, con un impatto diretto pari a 76,6 miliardi di euro.

Secondo Zanetti, servono «azioni concrete e coordinate per modernizzare porti e flotte, puntare sulla digitalizzazione logistica, l’elettrificazione delle banchine e lo sviluppo di carburanti alternativi come LNG, idrogeno e biofuel». Per ogni euro investito, ha ricordato, «se ne attivano quasi due. In settori come la cantieristica navale, il moltiplicatore è ancora più alto».

Tra i pilastri della strategia: semplificazione normativa, risorse mirate alla transizione energetica e digitale, governance partecipata. Zanetti ha anche proposto un piano nazionale per i dragaggi e un quadro chiaro per la gestione delle comunità energetiche portuali. Sul piano normativo, ha chiesto di «tutelare strumenti come Ferrobonus e incentivi infrastrutturali anche nella Zes unica e nella Zls».

Non è mancata una riflessione critica sul quadro normativo europeo. Il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli ha definito l’attuale sistema ETS marittimo «una misura distorsiva e miope», che rischia di «spingere traffici e scali fuori dall’Unione e penalizzare un’eccellenza europea». Da qui l’appello a una moratoria europea sull’ETS e a una revisione della tassonomia ambientale per sbloccare gli investimenti in tecnologie a basse emissioni.

In chiusura, Confindustria ha annunciato un percorso strutturato che accompagnerà lo sviluppo della strategia nei prossimi anni: dal Salone Nautico di Genova 2025, a Genova Capitale dell’economia del mare nel 2026, fino a Napoli e la Campania nel 2027, a conferma del ruolo chiave del Mezzogiorno nel Mediterraneo e nella proiezione globale del sistema mare italiano.