Salute

Boom contagi in Israele, tra tamponi e quarta dose

03
Gennaio 2022
Di Marco Cossu

Lunghe code nei centri drive-throug e un incremento dei casi del 220% rispetto alla settimana precedente. Anche Israele inizia l’anno alle prese con le incognite legate alla variante Omicron. L’effetto corsa al tampone non risparmia nemmeno il paese avanguardia nella campagna vaccinale. Sono 226.000 i test effettuati, 144.000 molecolari e 82.000 antigenici, troppi per le capacità effettive di Tel Aviv. Lo stesso Primo Ministro Naftali Bennett, durante la conferenza stampa di domenica, ha chiesto scusa ai propri cittadini per le file interminabili: «Chiedo a tutti voi di mostrare pazienza e comprensione. Se ci sono problemi, e ci sono, come le lunghe file per i test, ce ne occuperemo». La situazione, prosegue Bennet, è «al di là delle ragionevoli capacità del sistema» che può sostenere il peso di 170.000 tamponi giornalieri. Le autorità israeliane vogliono ora raggiungere quota 200.000 test in vista di un aumento esponenziale dei contagi. Il Ministro della Sanità Nitzan Horowitz ha detto che le postazioni saranno aumentate ma viste le previsioni c’è il timore che anche questa misura non sarà sufficiente per far fronte alla richiesta. Si tratta di grande sforzo organizzativo, al quale si aggiungono difficoltà di approvvigionamento.    

Israele e il mito dell’immunità di gregge
Nonostante una campagna vaccinale serrata con il 46% degli israeliani che ha ricevuto la dose “booster”, domenica le autorità sanitarie hanno registrato i numeri più elevati dal periodo di settembre-ottobre. Con Omicron, era previsto, si gioca un’altra partita. Sono 6.562 i nuovi contagiati. Sette giorni prima erano 1806. 110 i casi gravi contro gli 83 di lunedì scorso. Naftali Bennett ipotizza duri scenari. Il governo immagina che si arriverà a 20 mila contagi e potrebbero in futuro raggiungere quota 50 mila. Previsioni fosche per un paese che conta poco più di 9 milioni di abitanti e rischia di vedere la sua economia paralizzata da una nuova ondata. Allo stesso tempo il Premier però rassicura: «Il tasso di mortalità per Covid in Israele è meno elevato che altrove» prosegue «in Gran Bretagna è 50 volte superiore, in Germania 100 volte e negli Stati Uniti 130 volte». L’obiettivo di Israele, è per ora quello di consentire il funzionamento dell’economia e proteggere i più deboli facendo tesoro, ha sottolineato Bennet, dell’esperienza maturata dai paesi amici. Intanto riemerge un vecchio mito, la mai riposta speranza dell’immunita di gregge. «I numeri dovrebbero essere molto alti per raggiungere l’immunità di gregge» confida alla radio il direttore generale del Ministero della Salute Nachman Ash. «E’ possibile ma non vogliamo arrivare a questo traguardo attraverso le infezioni, ma attraverso invece un gran numero di persone vaccinate». 

Verso la quarta dose

Il Ministero della sanità ha intanto dato il via alla campagna di somministrazione della quarta dose. Israele sarà nuovamente apripista, diventando ufficialmente il primo paese a inoculare per le quarta volta il vaccino Pfizer a quanti abbiamo superato i 60 anni di età e al personale sanitario. La dose verrà somministrata a quattro mesi di distanza dalla terza dalla terza. La via di uscita dalla pandemia sembra ancora lontana anche se dai primi studi effettuati sulla variante Omicron, meno letale delle precedenti, sembra aprirsi qualche speranza. Sintomi meno gravi ma toccherà conviverci. La chiamano nuova normalità.