Politica

Referendum, e ora cosa ne vogliamo fare?

11
Giugno 2025
Di Giampiero Cinelli

Abolire il quorum? ridurlo? Revisionarlo? Interrogativi che tengono banco a poche ore dalla conclusione dei referendum abrogativi dell’8 e 9 giugno. Il mancato raggiungimento della soglia minima sta facendo riflettere tutti, con chi prende la palla al balzo per dire che lo strumento referendario ha ormai fatto il suo corso e non sia adatto ai tempi, e chi ribadisce che sia ancora un esempio di democrazia diretta da custodire. Senza per questo evitare di ragionarci sopra.

Il ricorso ai referendum negli ultimi anni (solo quello del 2011 ha raggiunto il quorum) è forse stato eccessivo, fatto da quesiti non adatti a tale consultazione diretta. Anderebbe piuttosto usato per temi più generali e chiari, considerando la possibilità della raccolta firme online anche se ciò potrebbe «inflazionare» i referendum. In sintesi il pensiero espresso da Stefano Candiani, Capogruppo Commissione Politiche UE alla Camera della Lega, a Largo Chigi, il format in onda su Urania Tv.

Sempre a Largo Chigi, Walter Verini, Senatore PD, Segretario della Commissione Giustizia, ha riconosciuto che ultimamente l’uso del referendum può essere stato inappropriato, allontanando gli elettori, ma secondo lui la crisi del rapporto tra democrazia e cittadini era ed è già in atto in senso più ampio. Verini ha ricordato che anche alle elezioni europee ha votato meno della maggioranza elettori. Il problema è all’attenzione del Partito Democratico, che su iniziativa del Senatore Dario Parrini ha presentato una proposta di legge che porta a 800mila le firme necessarie per chiedere il referendum, inoltre ancorando il quorum al totale degli elettori delle ultime elezioni politiche.

«Nell’epoca della iper-comunicazione, dominata in politica dai leader, i cittadini vedono i personaggi politici tutti i giorni. Però i referendum si prestano meno alla personalizzazione e alla polarizzazione. Va detto che il referendum non è andato benissimo nemmeno sui social, ma ha giovato agli influencer. Ad esempio il caso a Napoli di Rita De Crescenzo, che ha preso la tessera elettorale per la prima volta invitando i follower a votare. Il reel ha raggiunto 3 milioni di visualizzazioni in meno di 24 ore, una performance molto maggiore dei video dei capi partito, che hanno raccolto un audience minore del 50% rispetto a quella di De Crescenzo. E sono andato a controllare, scoprendo che nelle sezioni elettorali dove votava la tiktoker si è registrato il 40% di affluenza. Non voglio dire che i politici debbano lasciare spazio agli influencer, sarebbe semplicistico, tuttavia cominciare a interessarsi del loro impatto». La panoramica di Domenico Giordano, di Arcadia, a Largo Chigi.

La puntata integrale di Largo Chigi