Politica

Casini al Quirinale? Le mosse dei principali leader si ingarbugliano

11
Dicembre 2021
Di Ettore Maria Colombo

E se arrivasse un presidente in puro stile diccì? 

E se il prossimo Presidente della Repubblica fosse bolognese doc, oltre che tifoso del Bologna? In fondo, non è mai successo, notava l’altro giorno, il quotidiano Il Resto del Carlino, che di Bologna e dintorni è il giornale principe. Le quotazioni di Pierferdinando Casini (classe 1955, una vita nella Dc, fondatore del CCD prima e dell’Udc poi, presidente della Camera dei Deputati dal 2001 al 2006), salgono in maniera discreta e silenziosa ma con ritmi e modalità costanti. 

Chi è per davvero Pierferdinando Casini… 

Casini è autorevole, esperto, capace, conosciuto, dalle solide relazioni in Italia come all’estero. Una prima vita passata nella Dc di destra, quella forlaniana e un po’ bigotta (ma lui, mai: anzi, abbastanza libertino, nella vita privata) e una seconda vita passata dentro il centrodestra, per poi essere eletto, alle ultime politiche, con i voti del centrosinistra, è sempre rimasto un uomo di centro moderato. Cattolico, ma non bigotto. Non di primo pelo (è stato, ininterrottamente, deputato dal 1983 e, poi, senatore dal 2013: 35 anni, il record tra gli attuali parlamentari italiani), il che vuol dire d’esperienza e di mestiere. Profondo conoscitore dei meccanismi parlamentari, e non solo perché ex numero tre della Repubblica, a Montecitorio, ma anche perché presidente di varie commissioni (Banche, ora Esteri, dell’Unione interparlamentare, etc.). 

Dalle solide relazioni dentro la Ue e il PPE (è stato presidente dell’Internazionale democristana) come dentro le alleanze internazionali dell’Italia (Usa e Nato), amico di tutti e nemico di nessuno (papi e massoni, cardinali e banchieri, cinesi e Nato), Casini ha le carte in regola, per il Colle. Certo, Dagospia lo chiama ‘Pierfurby’ a causa delle sue eccessive, spregiudicata, abilità manovriere, che ha sempre saputo dimostrare. Senza dire del fatto che, su Casini, non grava l’ombra di una condanna e neppure un’inchiesta di nessun tipo (penale, contabile, amministrativo). 

Chi meglio di Casini sarebbe una ‘garanzia’ di stabilità per la legislatura e pure per i peones? Se gli altri candidati cadessero come birilli…

Per dire, chi meglio di Casini potrebbe, con abilità, doti di persuasione, l’esperienza di politico navigato che ha conosciuto tante, e molto e complicate, fasi della storia repubblicana, convincere partiti e Parlamento a ‘dare i numeri’ per ricompattarsi, al governo, con Draghi o altri? Nessuno. Tranne, forse, il ‘dottor sottile’ della storia italiana, Giuliano Amato, e così, proprio di Casini e di Amato, si parla, in questi giorni e settimane di frenetico ‘toto Colle’. 

Ma cosa pensano destra e sinistra di Casini? La nuova coppia Letta&Meloni non lo ama…

Ma se un presidente ‘di livello’ e di statura (tranne Casini e Amato) francamente non si vede – almeno ai nastri di partenza, tolto Draghi, ovviamente sono tante anche le controindicazioni. 

A Roma, in piazza Risorgimento, è in corso “Atreju”, la festa nazionale di Fratelli d’Italia: i candidati presidenti sono altri. La leader di FdI, Giorgia Meloni, freme dalla voglia di andare a votare e pensa che solo spostando Mario Draghi da palazzo Chigi al Quirinale possa ottenere lo scalpo delle elezioni anticipate perché – ragiona – “nessun altro governo, dopo Draghi, è possibile”. 

Pure il segretario del Pd, Enrico Letta, non punta, per ora, su Casini, anzi: proprio per nulla (è troppo amico di Renzi, oltre che di Salvini…), ma – ospite proprio ad Atreju – si limita, per ora, solo a escludere la candidatura di Berlusconi e a ribadire che “per il Quirinale è un vantaggio per tutti avere la più larga condivisione e, se così non fosse, sarebbe un grave danno per il Paese”. 

Ma la ‘tentazione’ di correre a urne anticipate anche per Letta, pur se la tiene ancora assai coperta, è molto forte: il nuovo segretario dem si eleggerebbe gruppi parlamentari a sua immagine e somiglianza, cosa che oggi non è, e, soprattutto, mantenendo una legge elettorale di impianto maggioritario (il Rosatellum o una nuova), potrebbe correre lui da candidato premier. Non foss’altro perché la lingua batte dove il dente duole: Letta è lì, a Chigi, che vuol tornare. 

Ed è lì che vuole andare anche Giorgia Meloni che, invece, non vede bene l’ascesa di Casini perché – dicono i suoi – “pur di non dare l’incarico a Giorgia si potrebbe inventare qualsiasi formula di governo di salvezza nazionale o di tutti tranne lei”. Insomma, la Meloni continua a puntare su Draghi anche perché da nessun altro presidente – Casini in testa – potrebbe ottenere lo scioglimento anticipato delle Camere, il suo vero obiettivo. 

A Luigi Di Maio (ma non a Giuseppe Conte, assai tentato, invece, dall’ipotesi voto anticipato) un Casini presidente andrebbe benissimo: Draghi resterebbe a palazzo Chigi e lui alla Farnesina, senza dire che il polo ‘liberal-moderato-centrista’ che Di Maio sogna come ‘evoluzione’ futura dei 5Stelle (scalzandone dalla guida Conte, ovviamente, e prendendola lui) è come un invito a nozze, per uno come Casini, un antico sogno… Per altrettante ed evidenti ragioni, Conte – che punta al ‘voto subito’ e a ‘congelare’ Draghi al Colle, non a Chigi – non ama uno come Casini, che chissà quante se ne inventerebbe prima di arrendersi all’idea di dover sciogliere le Camere. 

Ma è Renzi, ovviamente (e non Carlo Calenda, assai più fumantino e avulso dai ‘veri’ giochi di Palazzo), il vero king maker dell’operazione “mettiamo nei Casini il Quirinale”… Renzi, eleggendo Casini, con i suoi voti determinanti (tra gli 80 e i 100 Grandi elettori sui 1009 totali) – potrebbe condizionare il centrodestra del futuro e costruirne uno ‘moderato’ e ‘centrista’ che, ovviamente a Renzi e ai centristi, ma anche a Salvini, sempre più lontano dalla Meloni, potrebbe convenire, desiderare e accarezzare.

Sempre che, ovviamente, Silvio Berlusconi non riesca nella sua folle impresa di farsi eleggere ‘per davvero’ al Quirinale o che tutti quanti non si mettano d’accordo per mandare davvero Draghi al Quirinale, ma solo già alla prima votazione. Dopo, sarebbe troppo tardi. A quel punto, o spunta davvero un nome mediano e salvifico come quello di Casini o sono ‘casini’ per tutti e si rischia di consumarsi, scrutinio dopo scrutinio, uno scenario patetico e sconsiderato, con la pandemia che bussa alle porte di nuovo, i venti di guerra a Est e a Sud pure e la ripresa economica che stenta. Al decimo e più scrutinio, non resterebbe altro che richiamare Mattarella che, volente o nolente, sarebbe ‘costretto’ al bis.