Politica

La maggioranza blinda Salvini e Santanchè: Aula respinge sfiducia

04
Aprile 2024
Di Ilaria Donatio

L’Aula della Camera respinge con 213 no, 121 sì e 3 astenuti la mozione di sfiducia presentata dal M5S e sottoscritta da tutte le opposizioni ad eccezione di Italia Viva, contro Daniela Santanchè. La ministra del Turismo non era presente nell’Aula di Montecitorio per impegni legati al suo ruolo di ministro. 

Non hanno risposto alla chiama per la mozione diversi esponenti del centrodestra tra cui Marta Fascina, che invece ieri era presente per la mozione di sfiducia a Matteo Salvini, Antonio Angelucci, anche lui presente per il vicepremier e Giulio Tremonti, che invece è risultato assente in entrambe le votazioni. Gli esponenti di +Europa non hanno preso parte al voto mentre i parlamentari di Italia Viva, come Maria Elena Boschi, hanno invece votato contro la mozione di sfiducia presentata dal M5S. Enrico Costa di Azione è risultato assente in entrambe i voti. 

I due ministri blindati dalla maggioranza
Blindare i due ministri senza dare altro spazio alle “tesi abbastanza infondate” delle opposizioni: ecco la mossa con cui la maggioranza ha deciso di invertire l’ordine dei lavori della Camera per arrivare, ieri sera, alla votazione sulla mozione di sfiducia a Matteo Salvini e poi oggi a quella su Daniela Santanchè. Lo ha spiegato il capogruppo di FdI Tommaso Foti.

La prima è stata respinta con 211 no e 129 sì, ed era scontata la bocciatura anche della seconda, anche se le due vicende hanno risvolti politici diversi. Pure all’interno dello stesso centrodestra. 

Risvolti politici diversi
La situazione più spinosa, anche per Giorgia Meloni, riguarda la ministra del Turismo. Fra i deputati della maggioranza, alla vigilia della votazione, nessuno aveva dubbi che per la seconda volta sarebbe stata respinta la sfiducia, come il 26 luglio al Senato, quando votarono a favore solo M5s, Pd e Avs.

“Santanchè ministra ha fallito e noi la contestiamo sul piano politico. Ma noi – ha spiegato Matteo Renzi – non usiamo le indagini per attaccarla“. L’atmosfera di gelo intorno alla ministra di FdI è resa dalla discussione generale sulla mozione: Aula semideserta, ai banchi del governo a tratti solo la ministra dell’Università Anna Maria Bernini. La sottosegretaria per i Rapporti con il Parlamento, Matilde Siracusano, esorta a non “usare a intermittenza” la separazione dei poteri, perché si “rischia di attribuire alla magistratura la funzione di comporre e scomporre i governi”. 

Per giorni il centrodestra ha valutato l’ipotesi di far slittare il voto, sfruttando la congestione di provvedimenti alla Camera. A metà giornata si decide l’accelerazione. “Siamo in attesa di sviluppi”, si lascia sfuggire un esponente di peso di FdI. 

Filtra timore per le notizie che potrebbero arrivare dal Palazzo di giustizia di Milano. Se dovrà affrontare un processo, “la ministra farà le sue riflessioni”, il refrain nel centrodestra. “Siamo garantisti, dopodiché – chiarisce il vicesegretario leghista Andrea Crippa – Meloni, che è premier e leader di FdI deciderà di fronte a un rinvio a giudizio”. 

Accordo Lega-Russia
Diverso è il caso di Salvini, sotto accusa da parte delle opposizioni per l’accordo fra Lega e Russia Unita. In vista della votazione conclusa in serata, la maggioranza ha precettato i deputati: nessuna assenza consentita per missione, qualche banco comunque resta vuoto, in Aula si rivedono l’azzurra Marta Fascina e Antonio Angelucci della Lega. Diversi ministri (Roberto Calderoli, Giancarlo Giorgetti, Luca Ciriani, Gilberto Pichetto e Eugenia Roccella), seguono le dichiarazioni di voto. Non il diretto interessato, che dopo aver risposto al question time nel pomeriggio lascia Montecitorio per “una riunione sulle concessioni autostradali”. 

Un’assenza stigmatizzata dalle opposizioni mentre la Lega rivendica le parole con cui, alla vigilia di questo voto, Salvini ha “fatto chiarezza”. Riccardo Molinari rimarca due aspetti del patto stretto nel 2017 con il partito di Vladimir Putin: “Si svolgeva nel partenariato fra Stati e non era legalmente vincolante: se non c’è più cooperazione e interazione fra i Paesi, viene meno anche l’accordo”. Per gli alleati va bene così: FdI, Lega e Nm puntano invece sul “disallineamento” nel centrosinistra. Il Pd prende atto che alla vigilia “la Lega ha sconfessato l’accordo, ma manca un atto formale e senza quello il rapporto non ha avuto fine”, sottolinea Lia Quartapelle, sostenendo che “Meloni è stata la prima a sollevare problemi sui rapporti fra Russia e Lega, tanto che non ci sono leghisti nei ministeri di Esteri, Difesa e Affari europei”.

Cosa ha detto Salvini a Libero
Dopo il no della Camera alla mozione di sfiducia nei suoi confronti presentata dalle opposizioni, Matteo Salvini, leader della Lega, dice in un’intervista a Libero: “Stanno cercando quello che non c’è, un processo su un accordo – peraltro negli organismi internazionali da cui i russi erano stati espulsi, dunque avrei collaborato solo con me stesso – che fin dall’inizio della guerra in Ucraina abbiamo detto che era stato annullato. Avevo stima di Putin come uomo di governo fino all’invasione dell’Ucraina? Sì, come ce l’avevano Berlusconi, Renzi, Prodi, come tutti i capi di governo che si sono succeduti. Io Putin l’ho visto una volta nella vita, mentre altri ci hanno fatto accordi commerciali, economici, ripeto, giustamente. Il problema non è il popolo russo, il problema è aver scatenato una guerra senza senso di cui il mondo avrebbe fatto volentieri a meno”.

“Quindi è chiaro – riprende – che se fino al giorno prima tutti avevano una certa opinione di Putin – e ripeto, altri ci hanno fatto accordi commerciali da miliardi, io ci avevo fatto un accordo culturale – nel momento in cui scateni una guerra passi dalla parte del torto. Non c’è niente da disdire – ribadisce -, perché non c’è niente in essere”.