Politica

Governo Meloni, non si ferma il consenso al centrodestra

04
Aprile 2023
Di Piero Tatafiore

Sono oramai 6 mesi che Giorgia Meloni e la sua coalizione hanno vinto le elezioni. Un tempo che comincia ad essere congruo per trarre un primo bilancio, sebbene il governo sia in carica da un mese in meno.

A delineare un bilancio non sono tanto i sondaggi di gradimento che registrano un calo, ma, quel che conta, le competizioni amministrative, e qui il giudizio si fa più complesso.

Da febbraio a oggi, in poco più di un mese si è votato in 3 regioni (Lombardia, Lazio e, lo scorso fine settimana, Friuli), per complessivi oltre 17 milioni di abitanti, quasi un terzo dell’intera popolazione italiana. Il centrodestra tiene, senza alcuna difficoltà, la Lombardia e il Friuli e strappa al centro sinistra il Lazio.

Non sarà più “luna di miele” con l’elettorato, come più di qualche osservatore ha notato, dopo il disastro comunicativo della tragedia di Cutro, ma il consenso del centrodestra è ancora forte, lo dicono i voti. Nel mezzo, le primarie del Partito Democratico che hanno dato nuova linfa alla sinistra, ma solamente nei sondaggi.

Il PD non incassa l’effetto Schlein e chiude in calo di 2 punti rispetto a 5 anni fa, lo sfidante di Fedriga, Moretuzzo, chiude a oltre 35 punti percentuali di distanza, nonostante la presenza del Movimento 5 Stelle: un flop per la coalizione.

Ma se Atene piange, Sparta non ride. E così in Friuli il Terzo Polo va sotto il 3% dei consensi, non riuscendo ad entrare in consiglio regionale. Un altro magro risultato, dopo il 5% scarso nel Lazio, in coalizione col centro sinistra, e il 4% in Lombardia, in autonomia con Letizia Moratti candidata presidente.

Quindi, se le elezioni regionali raccontano di un governo forte che, al momento, non deve guardarsi dall’opposizione, le polemiche di questi giorni rischiano di fare più male delle Regionali. È il caso, come ben ricordato da Daniele Capezzone da queste colonne, delle polemiche recenti sulle dichiarazioni di Ignazio La Russa in merito a via Rasella, oppure di quelle sulla maternità surrogata paragonata alla pedofilia, o, ancora, degli strambi progetti di legge sulla terminologia italiana, con multe stellari per i trasgressori.

Insomma, se da un lato il governo sembra tenere e non temere l’opposizione, dall’altro abbiamo una gestione interna non semplicissima che rischia di minacciare il consenso. Eppure le cose per il nostro Paese non stanno andando male.

Tra i vizi italici c’è quello di dipingerci peggio di come in realtà siamo, è noto, ma il governo Meloni ha finora visto uno spread migliore di quello dei governi precedenti (ad eccezione del governo Draghi), l’indice di borsa che è cresciuto del 30% da quando si è dimesso il governo precedente e oggi Meloni può vantare un Pil che nei giorni scorsi è stato rivisto al rialzo per il 2023, anno in cui si paventava una recessione. Insomma, le cose non vanno male, soprattutto se paragonate ad altri Paesi come Francia e Germania, i cui leader devono fronteggiare proteste selvagge o recessioni economiche. Basta che dalla sindrome dell’”underdog” (verrò multato?) non si passi a quella di Tafazzi.