Walking in the Bubble

Casaidea al via, Franco Angeli tra mostre e film, la Spagna per Sorolla e i fumetti, San Casciano dei Bagni

19
Marzo 2023
Di Gianfranco Ferroni

Al via la nuova edizione di Casaidea, la mostra dell’abitare organizzata da Moa Società Cooperativa, che da oggi e fino al 26 marzo porta alla Fiera di Roma le soluzioni delle migliori aziende nazionali del settore arredo e design. In mostra per nove giorni le migliori soluzioni del settore, proposte da mobilieri e artigiani provenienti da tutta Italia su due padiglioni dedicati a ristrutturazione, arredo & giardino e a design & lifestyle. Oltre 150 le aziende presenti per l’edizione 2023, dove i visitatori possono lasciarsi ispirare dai tanti allestimenti con idee per zona giorno, zona notte, cucina, bagno, infissi, arredo da esterni e prodotti artigianali, tutte soluzioni all’insegna dello stile e dell’alta qualità. Il format di Casaidea fa dialogare con intelligenza, al suo interno, industria e artigianato di alto livello, classico e design, promuovendo i marchi più significativi del Made in Italy, attraverso un concept espositivo che conduce il visitatore in un viaggio nel design, lungo un percorso libero tra gli stand, stimolando interesse, attenzione e gusto attraverso contaminazioni estetiche continue. Presente anche uno spazio dedicato alla maestria e alla tradizione del territorio con gli stand di Regione Lazio e Camera di Commercio di Roma. Per Massimo Prete, patron della manifestazione, “Casaidea è una mostra di rilevanza nazionale, un appuntamento del calendario fieristico molto atteso che raccoglie a ogni edizione interesse e attenzione per l’ampia offerta di soluzioni, per ogni gusto ed esigenza. Mobili, arredo e complementi accompagnano il visitatore in un percorso che unisce tradizione e innovazione. La missione di Moa Società Cooperativa è di favorire la tradizione italiana con manufatti artigianali di qualità prodotti dalle aziende nazionali e di anticipare le novità del settore, presentando in anteprima ai visitatori i trend di design e di mercato. Un impegno che ci prendiamo dal 1975, anno della fondazione della cooperativa”.

Sarà una speciale anteprima romana, in concomitanza con la grande mostra dedicata al suo protagonista presso il WeGil, il film documentario sull’opera e la vita di Franco Angeli intitolato “Lo spazio inquieto”. Angeli è stato uno dei più incisivi protagonisti della pittura e delle arti della seconda metà del novecento italiano. Un ricercatore visionario anche fuori dalla tela, nel cinema. “Lo spazio inquieto” arriva a Roma al cinema Nuovo Sacher, nella serata di lunedì 20 marzo, introdotto dal regista che ne parlerà poi con il pubblico insieme a testimoni del film e ospiti. Il film è diretto dal nipote, omonimo, dell’artista, prodotto da Luce Cinecittà, e viene presentato in anteprima dopo la presentazione in prima mondiale al Festival di Torino, in coincidenza con la mostra “Franco Angeli – Opere 1958-1988” allestita al WeGil e visibile fino al prossimo 2 aprile. Un’occasione straordinaria per unire al racconto della mostra una visione originale e rara del percorso unico di questo artista: il film si avvale infatti di materiali inediti, film, foto e opere figurative e audiovisive, e le testimonianze preziose di amici e familiari, che regalano una visuale intima, non didascalica ma rivelatoria di un artista che ha fatto un uso iconico, folgorante di simboli e luoghi dell’immaginario collettivo, e resta un rivoluzionario attualissimo dello sguardo. Ecco così l’arte, il cinema sperimentale, gli amici Mario Schifano e Tano Festa, la sua città Roma, il conflittuale rapporto con il Pci, dove protagonista era il fratello Otello.

In occasione dei 150 anni della Real Academia de España en Roma, le celebrazioni del centenario dalla morte di Joaquín Sorolla (Valencia, 1863 – Cercedilla, 1923), uno dei pittori più famosi della sua epoca, approdano nella Capitale con la mostra “Joaquín Sorolla. Sprazzi di luce e colore”, che apre il 21 marzo. Organizzata da Academia de España en Roma, Museo Sorolla e Fundación Museo Sorolla, Acción Cultural Española (AC/E), è l’unica tappa italiana dell’esposizione (già presentata al Museo Sorolla a Madrid, alla Fundación Bancaja a Valencia, al Museo de Bellas Artes di Bilbao e al Palau Martorell a Barcelona) con una sezione appositamente ideata per l’Accademia. E’ uno degli eventi del programma delle celebrazioni del centenario, che si estende a livello internazionale con molte iniziative. Nel 2023 inoltre ricorrono anche i 150 anni dell’Accademia e questa mostra, a cura di Blanca Pons-Sorolla e María López Fernández, rappresenta l’opportunità per approfondire i rapporti tra Sorolla, i circoli artistici di Roma e l’Academia de España: l’artista infatti si recò in Italia in molte occasioni e in particolare modo a Roma tra il 1885 e il 1889, sovvenzionato dalla Diputación de Valencia. L’esposizione presenta oltre 240 opere originali dell’artista, di cui 205 dipinti a olio che l’artista chiamava “macchie” o “note di colore”, conservate nel Museo Sorolla di Madrid. Questo importante aspetto della produzione del pittore valenciano potrà essere osservato per la prima volta in Italia in questa esposizione, che è la prima in assoluto dell’artista a Roma. Il percorso è avviato dalle tre sale del piano terra con le opere che documentano lo sviluppo della carriera di Sorolla: la mostra alla Galleria Georges Petit a Parigi nel 1906, la sua maturità artistica tra il 1904 e il 1911, le mostre americane tra il 1909 e il 1911, il culmine della sua produzione tra il 1912 e il 1919. Nel Salone dei Ritratti, al primo piano, la sezione ideata per questa occasione romana dal titolo “Sorolla, la Real Academia de España en Roma e le origini del piccolo formato”. La serie di “note” dipinte in diversi luoghi d’Italia mettono in evidenza i legami del pittore con la penisola attraverso cinque i soggetti rappresentati: le vedute delle movimentate città italiane, gli studi degli artisti, i viaggi e l’atmosfera dei caffè tra Roma e Parigi, la rappresentazione dei monumenti, la composizione del paesaggio. Nel corso della sua vita, Sorolla arrivò a dipingere circa duemila quadri a olio su cartoni o tavolette di piccolissime dimensioni, che definiva generalmente “appunti” ma, a volte, vi si riferiva come “macchie” o “note di colore”. Queste tavolette venivano trasportate insieme ai pennelli e ai tubi di colore in scatole costruite ad hoc, e facilitavano la pittura all’aria aperta. Se in un primo momento si considerarono opere intime, prodotti non finiti dell’attività pittorica, presto vennero apprezzate sia per la libertà creativa che per il germe di possibili nuove opere, e cominciarono a essere esposte e ammirate come campioni della sfera più personale e originale dell’artista. Sorolla le utilizzò a volte in correlazione alle idee che gli sovvenivano per le sue composizioni, ma spesso come mero esercizio. Ne ricopriva pareti intere dello studio, appese con degli spilli, ma ben presto cominciò a incorniciarle, e in tutte le sue mostre questi quadretti ebbero una presenza abbondante e notevole. Piccoli per dimensione, ma grandi per audacia, esprimono lo spirito della sua pittura. In occasione della serata inaugurale la curatrice María López Fernández terrà una conferenza sulla dimensione artistica di Sorolla e le opere esposte.

Pochi giorni fa, il 14 marzo, la Real Academia de España en Roma ha presentato la mostra “Raccontare un monte d’oro. 10 anni di fumetti in Accademia” dedicata al fumetto attraverso le opere di 17 artisti, che sono entrati nell’istituzione culturale grazie alla borsa di fumetto e illustrazione. Con i 150 anni di vita dell’Academia de España en Roma, si celebrano anche i primi 10 anni dell’ingresso del ‘tebeo’ (il fumetto in spagnolo) tra le discipline ospitate. Un medium visivo con una capacità unica di portata popolare e allo stesso tempo un campo difficile da definire: è infatti un sofisticato dispositivo spazio-temporale, che in sole due dimensioni, registra tempo, spazio, storie e desideri. In questo decennio, 6 autrici e 11 autori spagnoli e latinoamericani, ovvero Tyto Alba, Carla Berrocal, Ana Bustelo, Joan Casaramona, Miguel Cuba, Yeyei Gomez, Julia Huete, Martin Lopez Lam, Los Bravu (Dea Gomez E Diego Omil), Alvaro Ortiz, Federico Pazos, Brais Rodriguez, Javier Saez Castan, Antonia Santolaya e Joaquín Secall, hanno lavorato con questa borsa, intrecciando la loro carriera artistica con il soggiorno a Roma e con l’accademia stessa. Convivendo con altre discipline, in un contesto unico, hanno messo alla prova i loro limiti espressivi attraverso un progetto personale. Questi 17 sguardi tornano negli spazi del Gianicolo, dai loro rispettivi mondi, per ricordare, raccontare, riflettere su cosa comporta vivere e creare su questo colle romano: un antico convento su un monte de oro diventa un centro di residenze artistiche che avvolge un Tempietto. L’Academia de España en Roma è anche un generatore di storie: ogni anno un nuovo gruppo la abita, creando, vivendo e amando i suoi spazi. La mostra è allestita nel chiostro, in un salone e in una terrazza. Nel chiostro, luogo centrale dell’esposizione, un libro steso su tavole da disegno raccoglie il ritorno all’accademia con uno sguardo sul presente. Il salone, una gabinetto espositivo, è uno spazio per ricordare le opere concepite durante il soggiorno a Roma. La terrazza, che si affaccia sulla città, è una celebrazione della Capitale osservata costantemente, dal Gianicolo a luoghi come il Forte Prenestino, e diventa un invito alle storie future che non smetteranno mai di arrivare. Una storia interessante, quella dell’istituzione iberica: l’8 agosto del 1873 si pubblica il decreto di creazione e il primo regolamento della Escuela Española de Bellas Artes en Roma, che poco più tardi avrebbe preso il nome di Academia Española de Bellas Artes en Roma. Quel decreto, incoraggiato politicamente e intellettualmente da Emilio Castelar con l’obiettivo di dare permanenza ufficiale alla presenza di artisti spagnoli nella città, plasmava l’impegno dello Stato spagnolo nella promozione delle arti e dello scambio culturale nell’ambito europeo, anche in momenti di grandi difficoltà davanti ai quali la nuova istituzione presupponeva un barlume di speranza nel futuro. Da allora, tra le mura di San Pietro in Montorio, sul Gianicolo a Roma, si è insediata una comunità creativa per la quale sono passati 1050 donne e uomini come borsisti. Non era un luogo qualunque: legato alla storia spagnola da molti secoli, lì si trova uno degli emblemi più puri dell’architettura del Rinascimento: il Tempietto di Bramante. All’ombra di questa vera e propria icona della cultura europea, numerose generazioni di artisti hanno realizzato opere che hanno poi arricchito la cultura spagnola nelle sue sfaccettature.

Dopo l’annuncio del clamoroso ritrovamento delle venti statue in bronzo nel Bagno Grande di San Casciano dei Bagni, in provincia di Siena, il 23 marzo a Roma alla Fondazione Marco Besso si parlerà dei tesori scoperti dagli archeologi negli scavi condotti e finanziati dal comune di San Casciano dei Bagni su concessione della Direzione Archeologia, Belle Arti e Paesaggio del Ministero della Cultura. Ne parlerà Jacopo Tabolli dell’Università degli Studi di Siena, coordinatore e direttore scientifico della campagna di scavi.  La gran parte dei capolavori ritrovati si data tra il II e il I secolo a.C., ma gli atti votivi proseguirono poi fino al IV secolo d.C. con la deposizione di quasi seimila monete in argento, bronzo e oro. Solo alla fine del IV e gli inizi del V secolo d.C. l’intero complesso termale con la vasca sacra venne ricoperta e obliterata. Per Tabolli “quanto riemerso dal fango a San Casciano dei Bagni è un’occasione unica di riscrivere la storia dell’arte antica e con essa la storia del passaggio tra Etruschi e Romani in Toscana. La circostanza che delle statue non conosciamo solo la generica provenienza, ma tutto il contesto ci permette di comprendere il valore rituale delle offerte, ma anche l’interazione con il resto del deposito. La geochimica dell’acqua che ha conservato in modo così eccezionale i capolavori toreutici è essa stessa oggetto della nostra ricerca, perché è proprio la centralità dell’acqua ad aver condizionato l’antica scelta di questo luogo sacro. La sorgente di cui ora conosciamo anche il nome in etrusco grazie alle iscrizioni è la vera protagonista del rito e del culto”. Dopo la presentazione dei ritrovamenti dell’8 novembre scorso, il team di oltre sessanta studiose e studiosi coordinati da Tabolli ha continuato a lavorare per comprendere la natura dell’antico luogo sacro, i tempi e lo spazio della formazione del deposito.

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