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Usa 2024: – 5, Harris sul luogo del delitto di Trump, gaffe Biden, segreto Johnson

30
Ottobre 2024
Di Giampiero Gramaglia

Kamala Harris torna sul luogo del delitto del suo rivale, Donald Trump, e pronuncia da pubblico ministero dell’America democratica la sua requisitoria dalla Ellisse di Washington, lo spazio dietro la Casa Bianca, fronte Sud, dove, il 6 gennaio 2021, l’allora presidente Donald Trump, già ‘licenziato’ dal popolo con il voto di novembre, arringò una folla di facinorosi e la incitò a «battersi come dannati», “fight like hell“, per indurre il Congresso a rovesciare l’esito delle elezioni. E loro diedero l’assalto del Congresso, nella giornata più buia della democrazia statunitense.

L’impatto dell’evento di Washington non sposta, tuttavia gli equilibri della campagna, che resta testa a testa negli Stati in bilico. Dal punto di vista dell’esito del voto del 5 novembre, l’evento di Harris a Washington è irrilevante come quello di Trump domenica a New York. La Cbs pubblica un sondaggio in Pennsylvania che vede i due pari al 49%.

Il sondaggio di un’associazione afro-americana per i diritti civili, la Naacp, indica che, da agosto, il sostegno a Harris tra i giovani neri maschi è cresciuto, mentre quello a Trump è calato: tre neri maschi under 50 dicono che voteranno Harris, rispetto a poco più della metà, e solo uno su cinque che voterà Trump (erano uno su quattro). Si direbbe che l’invito di Barack Obama ai giovani neri a sottrarsi dalla misoginia, ad alzarsi dal divano e ad andare a votare Harris sia stato un po’ ascoltato, anche se la percentuale dei neri che nel 2020 sostenne Biden resta superiore.

Portorico, una gaffe di Biden attenua quella della campagna di Trump
Secondo la Cnn, che cita fonti della polizia, ci sono almeno 50 mila persone sulla spianata della Ellisse, molte più di quante ce n’erano quel 6 gennaio 2021. E molte, ma non certo altrettante, ce ne saranno stasera, a Las Vegas, dove Jennifer Lopez, star di origini portoricane dello showbiz Usa, sarà insieme a Harris dopo che, domenica, uno degli oratori dell’evento con Trump al Madison Square Garden ha definito l’isola «spazzatura».

Ma una gaffe del presidente Joe Biden toglie, in parte, alla sua vice Harris il vantaggio della gaffe trumpiana. Il presidente dice: “Trump non ha carattere. Non gli importa della comunità latina. Un oratore a un suo comizio ha definito Porto Rico un’isola di spazzatura. L’unica spazzatura che vedo galleggiare là fuori sono i suoi sostenitori”. Una frase del genere, dispregiativa nei confronti della metà dell’America pro – magnate, compromise, forse letalmente, nel 2016, la candidatura di Hillary Clinton, «a basket of deplorables», furono le parole dell’ex first lady, un insieme di mentecatti.

Infatti, il presidente si corregge su X:  “Ho parlato della retorica di un sostenitore di Trump su Portorico” definendola ‘spazzatura’… Questo è quello che volevo dire… Quei commenti non riflettono chi siamo come paese”. Spazzatura, dunque, il commento, non i sostenitori.

Ma è tardi. Ormai, sempre sui social e in dichiarazioni ai media, Trump e il suo vice JD Vance lo azzannano alla giugulare. “Una cosa terribile da dire”, osserva Trump, che evoca la frase di Clinton del 2016. E Vance incalza: “Parole disgustose… Kamala Harris e il suo capo stanno attaccando la metà del Paese…”.

Il ‘piccolo segreto’ tra Trump e Johnson che inquieta i democratici
Il New York Times si interroga, e nella sua scia lo fanno tutti i maggiori media Usa, sul ‘piccolo segreto‘ che Trump e lo speaker della Camera, ‘trumpiano’ Mike Johnson condividono. Lo spettro del segreto aleggia sulle elezioni da quando i due, ammiccando, l’hanno evocato, domenica sera, sul palco del Madison Square Garden. I democratici sospettano un complotto per ribaltare l’esito del voto e ne sono preoccupati.

“Penso che con il nostro piccolo segreto faremo davvero bene alla Camera, giusto? Il nostro piccolo segreto sta avendo un grande impatto. Lui e io abbiamo un piccolo segreto: vi diremo qual è quando la corsa sarà finita”, ha detto l’ex presidente.

I democratici, scrive il New York Times, temono il peggio: uno scenario in cui Johnson, che lavorò a minare i risultati delle elezioni del 2020, sarebbe di nuovo in combutta con il magnate per impedire la certificazione dei risultati il 6 gennaio 2025, qualora vincesse Harris. In una dichiarazione al New York Times, lo speaker non fa nulla per fugare i timori: conferma che c’è un “piccolo segreto” e dice che ha intenzione di mantenerlo tale.

La cronaca del comizio di Harris alla Ellisse
La cronaca del comizio alla Ellisse lo affidiamo a Benedetta Guerrera, che c’era e che lo racconta sull’Ansa: “Donald Trump è instabile e vuole il potere assoluto”; “È il momento di una nuova generazione di leader. E io sono pronta”, ha detto la vice presidente alla sua gente riunita nella capitale. Gli Stati Uniti non sono un luogo per “aspiranti dittatori… Non vogliamo essere sottomessi alla volontà di un altro meschino tiranno”.

Il “popolo di Kamala“, raccolto nello stesso luogo dei trumpiani quasi quattro anni or sono, non potrebbe essere più diverso dalla folla da cui uscirono gli insorti violenti che attaccarono il Congresso. Composto – anche troppo, secondo alcuni osservatori -, quasi rassegnato ad una vittoria che pare sempre più difficile, ha comunque deciso di scendere in massa a dare il suo sostegno alla candidata democratica.

Oltre 52 mila persone secondo la polizia della capitale: migliaia hanno atteso circa due ore e mezza, pazientemente in fila; altre migliaia, nonostante la lunga coda, non sono riuscite a entrare nel perimetro dell’Ellipse e si sono assiepate sul grande prato davanti, dove sorge l’obelisco dedicato a George Washington, un luogo iconico della capitale Usa. La folla è così numerosa su quel prato solo il 4 Luglio, la festa dell’Indipendenza.

Una massa allegra ma non folkloristica come i sostenitori di The Donald, che lo venerano senza se e senza ma. Forse più consapevole, più critica anche nei confronti di una candidata che non appoggia in tutto e per tutto, vedi ad esempio la guerra a Gaza, conscia dell’importanza di queste elezioni e spaventata dagli scenari che si prospettano in caso di vittoria del repubblicano.

“Questo voto è una scelta fra il caos e la divisione o la liberta”, ha avvertito la vice-presidente. “Trump, parlando da questo posto quattro anni fa, ha inviato una folla armata a ribaltare un’elezione libera e giusta. Un’elezione che aveva perso”, ha attaccato Harris. Che è poi passata a una nota dolente della sua campagna, la crisi al confine Sud degli Stati Uniti. “Perseguiremo i cartelli del narco-traffico e gli immigrati illegali, ma allo stesso tempo non dobbiamo dimenticare che siamo una nazione di migranti”, ha affermato.

Quindi ha affrontato un altro tema caldo, la continuità con Joe Biden. “La mia presidenza sarà diversa”, ha assicurato, promettendo di continuare a lottare per l’aborto e i diritti riproduttivi delle donne. Harris ha anche promesso che non abbandonerà gli alleati degli Stati Uniti in tutto il mondo, altro argomento controverso dopo le minacce del magnate di uscire dalla Nato e la sua vicinanza a figure autoritarie come Vladimir Putin e Kim Jong-un.

Harris ha anche promesso che “sarà la presidente di tutti gli americani, anche di chi non è d’accordo con me”. “We are not going back!”, hanno risposte donne nere e bianche, uomini, famiglie e migliaia di giovani, soprattutto studenti delle tante università di Washington. Qualcuno reggeva un cartello con la foto del magnate con i baffi alla Hitler, qualcuno reclamava il diritto all’aborto, altri difendevano la comunità Lgtbq+.

“Io entrerò nello Studio Ovale con una lista di priorità per gli americani, Trump con una lista di nemici da punire”, ha affermato la vice-presidente accolta dall’ovazione del pubblico. Se l’America fosse Washington, Harris avrebbe la vittoria in tasca. Ma la capitale è una bolla lontana da quella pancia del Paese che sembra preferire Trump.

La campagna del magnate replica: “Kamala mente, insulta e si aggrappa al passato per evitare di ammettere la verità: la crisi della immigrazione, l’inflazione che vola e le guerre sono il risultato delle sue terribili politiche”.