USA2024

Usa 2024: – 314, Taylor Swift asso nella manica di Joe Biden

27
Dicembre 2023
Di Giampiero Gramaglia

Taylor Swift, persona dell’anno del 2023 per Time, potrebbe essere l’asso nella manica di Joe Biden per Usa 2024. Se la star lo sostenesse – come fece nel 2020 –, il presidente potrebbe trarne vantaggio in termini di voti: un po’ l’effetto che ebbe Oprah Winfrey per Barack Obama nel 2008. Secondo diversi osservatori, il sostegno di Winfrey valse oltre un milione di voti a colui che doveva divenire il primo nero alla Casa Bianca.

Quanto conta l’influenza di Swift

Swift potrebbe avere un effetto anche più ampio per Biden: oltre la metà degli americani si ritiene suo fan e, fra questi, molti repubblicani, secondo MsNbc. Il presidente è in difficoltà nei sondaggi rispetto a Donald Trump, che lo batte nettamente.

Se l’endorsement di Swift spingesse al voto anche solo una frazione dei suoi 272 milioni di follower su Instagram, la star potrebbe fare la differenza, a favore dei democratici. I repubblicani, inoltre, sarebbero in difficoltà nel criticare Swift, che piace a molti loro elettori.

Biden in difficoltà

L’ipotesi Swift non solleva, tuttavia, il morale della Casa Bianca, sempre più frustrata dai sondaggi e dall’attenzione che i media vi dedicano. Il presidente ha di recente riunito il suo staff per discutere come cambiare il messaggio e l’inerzia della campagna elettorale. Biden fa fatica a convincere parte della sua base di elettori democratici che si sentono traditi dalla sua leadership. La guerra fra Israele e Hamas è uno dei fattori che gli toglie voti, per l’incapacità di incidere.

Né giovano all’immagine dell’Amministrazione democratica le rivelazioni dell’Nbc, secondo cui si cercò di tenere nascosti al pubblico e al Congresso i palloni spia cinesi che sorvolarono gli Usa all’inizio dell’anno. Il cambio di rotta fu deciso dopo che i palloni vennero pubblicamente avvistati.

Un funzionario della Casa Bianca però smentisce: «Mai pensato di tenerli celati».

I malumori dei Repubblicani

Anche in campo repubblicano è tempo di delusioni e recriminazioni. La campagna di Ron DeSantis è nel caos: il governatore della Florida è terzo nei sondaggi per la nomination repubblicana, dietro non solo Trump, ma anche Nikki Haley, e le sue casse sono mezze vuote. A descrivere le difficoltà della campagna di DeSantis, entrato in lizza con grandi speranze, è il New York Times, secondo cui il candidato spende più soldi in jet privati, suo mezzo di trasporto preferito, che in spot televisivi.

Andrew Romeo, il direttore della comunicazione della campagna del governatore, nega: «I media hanno cercato di dichiarare la corsa morta in agosto ma DeSantis s’è battuto e si presenta in Iowa come il candidato che ha lavorato più duramente. È stato sottovalutato. Ma ha sempre dimostrato che critici e dubbiosi si sbagliavano», dice.

Lindsey Graham, senatore repubblicano molto vicino a Trump, mette in guardia l’ex presidente: se continuerà a guardare al 2020 rischia di perdere il 2024. «Accetto il risultato del 2020, sono preoccupato per il 2024», dice Graham. «Se Trump propone una visione di sicurezza e prosperità, vincerà le elezioni. Se guarda al passato, perderà. Per me le elezioni del 2020 sono chiuse. Dobbiamo garantirci di conquistare quelle del 2024».

L’Fbi sta intanto indagando sulle minacce ai giudici della Corte suprema del Colorado, che hanno recentemente eliminato Trump dalle primarie repubblicane di Usa 2024. «L’Fbi è al corrente e sta lavorando con le autorità locali. Indagheremo ogni minaccia o violenza da parte di chiunque usi posizioni estremiste per giustificare le sue azioni», riferisce la Cnn.

La strategia difensiva di Trump

I legali di Trump hanno formalmente chiesto a una corte d’appello di Washington di dichiarare illegittime le accuse federali mosse contro l’ex presidente per avere tramato per capovolgere l’esito delle elezioni del 2020. La tesi è che il magnate non possa essere accusato perché coperto dall’immunità. Nelle 55 pagine di motivazioni presentate alla corte d’appello, il legale di Trump John Sauer sostiene che, in base alla Costituzione, l’ex presidente non può rispondere di atti fatti durante la sua presidenza.

Il nodo dell’immunità è cruciale per molti dei procedimenti che attendono il magnate nel 2024. Prima di Natale, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha respinto la richiesta di un esame accelerato della questione, lasciando alle corti ordinarie e d’appello le iniziali valutazioni.