USA2024

Usa 2024: – 281, sei campagne, frammenti di cronaca dal 2000 a oggi

28
Gennaio 2024
Di Giampiero Gramaglia

Il Secolo XXI delle campagne elettorali negli Stati Uniti, sei presidenziali, quattro presidenti: spunti e appunti di un viaggio personale, dai coriandoli della Florida 2000 ai caucuses dello Iowa 2020, cavalli sbagliati, attese deluse, almeno un momento di esaltante speranza, il 4 novembre 2008, e sempre il più grande spettacolo mondiale di politica e democrazia. Di seguito, qualche estratto dalle mie cronache per l’ANSA e altri media.

Tallahassee, 18 novembre 2000 – Domenica nella capitale della Florida, dove da due settimane si contano e ricontano i voti del ‘quasi pareggio’ tra George Bush e Al Gore – si andrà avanti fino all’11 dicembre, quando la Corte Suprema darà, per un voto, la vittoria a Bush -..
Un boato dalla Florida. Il nome del presidente? No, una meta di football americano (quello più violento del rugby: maschere e corazze per atleti guerrieri). Per una giornata, la tensione si allenta. E la passione sportiva prende il sopravvento sull’angoscia politica. A Tallahassee, si gioca il match dell’anno tra Florida State Seminoles e University of Florida Gators, che sarebbe come dire indiani contro alligatori: 80 mila allo stadio, tutte le tv sintonizzate sulla partita, pausa anche dove si contano a mano i voti della sfida per la Casa Bianca, specie nelle tre Contee chiave, Miami-Dade, Palm Beach e Broward.
Il sistema di voto in funzione in 27 delle 67 contee della Florida, con schede da punzonare, era stato giudicato ‘inaffidabile’ da una commissione federale fin dal 1988: ne era stata raccomandata l’eliminazione – nel frattempo avvenuta -. Le schede a punzonatura sono schede parzialmente ‘pre-bucate’: voti facendo cadere il coriandolo in corrispondenza del candidato scelto. Ma i coriandoli cadono anche quando non dovrebbero, rendono impossibili scrutini accurati e tendono a fornire risultati diversi a ogni verifica.

New York, 27 luglio 2004, convention democratica. Il discorso chiave è affidato a un candidato senatore nero di Chicago di prima nomina, Barack Obama, un quasi signor nessuno: mezzosangue di Chicago, un patrono dei diritti dei poveri, un consigliere eletto nel Parlamento statale dell’Illinois. Ma sul podio della Convention Obama è il volto e il cervello del rinnovamento dei democratici: John Kerry, il candidato designato, gli ha affidato il discorso-chiave. Con Obama sul podio si volta pagina, si apre il ‘dopo Clinton’ – ma poi, a un certo punto, i democratici torneranno indietro -.
Figlio del breve matrimonio tra uno studente di economia keniota emigrato per fare l’università negli Usa e una madre bianca del Kansas, Obama è cresciuto alle Hawaii e in Indonesia. In novembre, grazie alla sua tenacia e a un capriccio del destino, potrebbe diventare l’unico senatore nero del Congresso degli Stati Uniti (e il quinto in tutta la storia degli Usa) con la stoffa un giorno di ambire alla Casa Bianca. Il tutto a soli 42 anni.

Ohio, 2 settembre e 21 ottobre 2004: è lo Stato chiave delle elezioni 2004-
Columbus, la capitale – E’ venuto a Columbus nell’Ohio – uno Stato dove deve vincere per restare presidente – a fare un test, davanti al suo popolo dei ‘Four More Years’ (quattro anni ancora), repubblicani entusiasti. Nell’arena dello stadio dell’hockey della capitale dell’Ohio, il presidente degli Stati Uniti George W. Bush non riserva novità, fa discorso zibaldone: tanto, qui, andrebbe bene qualsiasi cosa, visto il clima e l’accoglienza. Bush, accompagnato dalla moglie Laura, applaudita più di lui, ribadisce l’impegno a vincere la guerra al terrorismo e insiste che l’invasione dell’Iraq era la cosa giusta da fare, perché ”l’11 Settembre ci ha insegnato che dobbiamo prendere sul serio le minacce”: ”Se devo fare una scelta, io scelgo di difendere l’America”. La gente risponde con un’ovazione e un entusiastico ‘Four More Years’
Youngstown, la campagna – Il senatore John Kerry va a caccia di oche nei pressi di Youngstown, nell’Ohio. La caccia alle oche, con cui Kerry vuole apparire alla gente dello Stato uno come loro, che va in chiesa la domenica – lui l’ha fatta domenica a Columbus, la capitale – e va a caccia quando può, con una regolare licenza e la doppietta di un amico. La battuta vuole servire anche ad evitare che gli elettori pensino che lui intenda limitare il diritto di portare un’arma. Ma la messa in scena è troppo artificiosa per essere credibile: a conti fatti, la caccia frutta più oche che voti.

Chicago, tra il 4 e 5 novembre 2008, la notte in cui il Mondo sembrò migliore – I voti non erano ancora contati, i Grandi Elettori non erano ancora stati assegnati e già la gente premeva ai cancelli del parco della festa della vittoria. E poi la gioia esplode all’annuncio del risultato: la ‘città del vento’ diventa il cuore dell’Unione, un ‘sogno americano’ si realizza e diventa speranza per l’umanità.
Sul palco, con il neo-presidente eletto, il primo nero, Barack Obama, la moglie Michelle, le figlie ancora bambine Malia e Sasha, tutti emozionati e felici: “Il nuovo patriottismo è servizio e sacrificio… Questa è la prova che nulla in America è impossibile, ‘Yes, we can’”.

Washington, 11 agosto 2012, l’ingenuità di Romney agli albori dei social – Se v’è capitato talvolta di sbavare dietro i 18 milioni di seguaci su twitter del presidente Usa Barack Obama, e se pure i solo 800 mila followers del suo sfidante Mitt Romney vi sembrano un miraggio, consolatevi con i risultati di una ricerca della società di Londra, secondo cui quei due barano di brutto: i loro seguaci veri, ‘umani’, sarebbero la metà o poco più, gli altri sarebbero fasulli.
Per di più, Romney si sarebbe fatto buggerare al mercato nero dei finti followers: il candidato conservatore alla Casa Bianca avrebbe comprato un sesto dei suoi contatti: 18 $ ogni mille followers. La pratica è proibita, ma questo non ha dissuaso Romney. Una prova in più dell’attenzione, in questa campagna Usa 2012, per i social media, del cui uso Obama e il suo staff sono stati pionieri nel 2008.

New York, 18 giugno 2015, Trump, vestito (e promesse) da giullare – Sul magnate e showman, non ci ho mai preso, fin dal primo giorno. Scrivevo: E’ più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un povero vada alla Casa Bianca: se l’adattamento alla politica americana dell’aforisma evangelico funziona, Donald Trump, eccentrico miliardario, ex marito di Ivana, conduttore di The Apprentice e molto altro, ha buone chances di farcela: nove miliardi (di dollari), per l’esattezza….
Per annunciare la sua candidatura alla nomination repubblicana a Usa 2016, Trump fa un evento alla Trump Tower. Introdotto dalla figlia Ivanka, ha detto che “all’America serve un grande leader”, mentre l’attuale presidente Barack Obama non va bene “neanche come cheerleader”… Trump si presenta come “un vincitore” in un’America “che non vince più”… Vestito coi colori della bandiera, l’abito blu, la camicia bianca e la cravatta rossa, l’aspirante presidente, un buffone in servizio effettivo permanente, ha fatto un discorso surreale… Lui, a 69 anni, è l’unico in grado di restaurare “il sogno” – pare quasi di sentire l’eco del Briatore di Crozza -.

Florence (South Carolina), 27 ottobre 2019, Biden e l’eucaristia negata – La chiesa è la Saint Anthony Catholic Church di Florence, una cittadina della South Carolina, meno di 40 mila abitanti: linee architettoniche moderne, una scuola annessa, un grande parcheggio davanti – negli Stati Uniti, l’influenza delle chiese si misura da quanti sono i posti auto -. Lì, un sacerdote paffuto e sorridente, padre Robert. E. Morey, occhiali e riporto, ha impedito a Joe Biden di fare la comunione. L’attuale battistrada per la nomination democratica per Usa 2020 è stato così ‘punito’ per la sua posizione sull’aborto.
Come e perché Biden sia capitato in quella chiesa di quella cittadina, il cui unico vanto è di essere all’intersezione tra Interstate 95 e Interstate 20, solo i percorsi tortuosi di una campagna elettorale possono spiegarlo. Fatto sta che l’ex vice-presidente di Barack Obama, da sempre cattolico, s’era fermato lì per prendere la messa, ma il reverendo s’è rifiutato di somministrargli l’eucarestia perché Biden, in passato anti-abortista, ha di recente cambiato posizione…
“Purtroppo – ha detto padre Robert – ho dovuto rifiutare la santa comunione all’ex vice presidente. Qualsiasi personaggio pubblico pro aborto si colloca fuori dall’insegnamento della Chiesa”. Una bocciatura che Biden non s’aspettava e che non pare cercasse… L’episodio di Florence è indicativo del peso che, nella campagna elettorale per Usa 2020, potrà avere l’elettorato cristiano più retrivo, tendenzialmente bianco e conservatore, in maggioranza evangelico, ma anche cattolico.