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Usa 2024: – 250, Michigan, vincono Biden e Trump, ma entrambi avvertono scricchiolii

28
Febbraio 2024
Di Giampiero Gramaglia

Joe Biden e Donald Trump vincono a mani levate le rispettive primarie nel Michigan, ma
entrambi individuano, nei risultati, segnali di allarme. Il presidente, candidato alla nomination
per un secondo mandato, supera l’80% dei suffragi, ma una frangia di oltre il 13% dei votanti
preferisce barrare la casella ‘uncommitted’, piuttosto che quella di Biden. Il resto dei suffragi va
ai candidati marginali Marianne Williamson e Dean Phillips, entrambi intorno al 3%.
L’ex presidente repubblicano, candidato alla terza nomination consecutiva per il suo partito, va,
invece, oltre il 68% delle preferenze, contro il 26% alla sua unica rivale Nikki Haley. C’è, qui,
un piccolo nucleo di ‘uncommitted’ e di voti dispersi.
Gli ‘uncommitted’ democratici aderiscono al boicottaggio anti-Biden organizzato dalla comunità
degli arabo-americani del Michigan, percentualmente la più numerosa dell’Unione, che
contestano la posizione filo-israeliana dell’Amministrazione democratica nella guerra tra Israele
e Hamas, nonostante le prese di distanza di Biden dal premier israeliano Benjamin Netanyahu e
le pressioni – per altro, senza effetto – esercitate su di lui perché moderi l’impiego della forza
contro i civili nella Striscia di Gaza.
Il boicottaggio arabo-americano trova consensi pure fra i progressisti e i giovani. Abbas Alaeih,
portavoce di Listen to Michigan, dice: “E’ un grande successo per i pro-palestinesi dell’Unione e
per il movimento anti-guerra”.
In campo repubblicano, il voto di ieri testimonia che c’è sempre e comunque almeno un terzo
degli elettori repubblicani che non accetta il magnate come candidato. Su questo punto insistono
quanti sostengono che Trump può ottenere la nomination, ma non può vincere le elezioni, come
avvenuto nel 2022, al voto di midterm, ai suoi candidati negli Stati cruciali.
Se i segnali del Michigan trovassero conferma nelle presidenziali del 5 novembre, ammesso che
Biden e Trump vi giungano come candidati dei rispettivi partiti, ciò significherebbe che Biden
perderebbe il Michigan, uno Stato in bilico chiave sia nel 2016, quando lo vinse Trump per soli
11.000 voti, che nel 2020, quando lo vinse Biden con un margine di quasi il 3%, e probabilmente
determinante anche quest’anno; e che Trump perderebbe le elezioni, perché non ce la può fare
con un terzo di repubblicani in meno e senza gli indipendenti moderati (a meno che i democratici
non disertino le urne).
Intanto, Haley conferma di volere restare in lizza almeno fino al Super-Martedì del 5 marzo,
quando si voterà in una quindicina di Stati. “Siamo su una barca e possiamo affondare con lei e
guardare il Paese andare verso la sinistra socialista. Oppure, possiamo prendere il gommone di
salvataggio e andare in un’altra direzione”, dice Haley usando una metafora in un’intervista alla
Cnn.
La campagna dell’ex governatrice della South Carolina continua a ostentare ottimismo, convinta
che i voti ad Haley sono la dimostrazione che i repubblicani, con Trump candidato, possono
perdere a novembre anche di fronte a un candidato democratico debole come Biden.
Usa 2024: Biden lavora con Congresso per ottenere aiuti ad Ucraina e sventare shutdown
L’ombra dello shutdown, cioè di una parziale serrata dei servizi federali, torna ad allungarsi,
com’è già successo, sulla campagna elettorale, mentre il presidente Biden si sforza di convincere
il Congresso a sbloccare gli aiuti militari all’Ucraina – circa 60 miliardi di dollari – e a Israele,
che i repubblicani teoricamente subordinano a interventi contro l’immigrazione clandestina, ma che in realtà non vogliono avallare per non darla vinta ai democratici.
Ieri, un incontro del presidente coi leader del Congresso ha toccato tutti questi temi. Il pacchetto
di interventi in questione (Ucraina, Israele, migranti) è di 95 miliardi di dollari: c’è già stato l’ok
del Senato, 70 a 29, quindi con molte adesioni repubblicane, ma la misura è ferma alla Camera,
dove i repubblicani hanno una risicata maggioranza.
Lo speaker della Camera, il repubblicano ‘trumpiano’ Mike Johnson, non intende mettere ai voti
il pacchetto, con la motivazione che le misure anti-migranti non sono sufficienti, ma in realtà
perché teme che vi siano defezioni nel suo gruppo – ne bastano tre a rovesciare l’esito -.
I fondi a disposizione dell’Amministrazione per la spesa corrente si esauriranno venerdì 1 marzo
e i preparativi per un progressivo shutdown sono già iniziati: circa il 20% della spesa federale
potrebbe non essere più coperto, con i riflessi negativi maggiori sui dipartimenti dell’agricoltura,
dell’energia, dei trasporti, della casa e dei veterani.
L’eventualità di uno shutdown, che negli ultimi mesi s’è presentata più volte, ma è sempre stata
sventata con provvedimenti tampone, preoccupa pure molti deputati repubblicani, perché devono
affrontare a novembre, quando sarà rinnovata tutta la Camera, il giudizio degli elettori, che
potrebbero loro attribuire la responsabilità dei disagi subiti.

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