Cronache USA

Europa / Trump: è l’ora di tracciare una linea nella sabbia, sull’Ucraina e non solo

08
Dicembre 2025
Di Giampiero Gramaglia

Per il Washington Post, è il momento di tracciare una linea nella sabbia fra Europa e Stati Uniti; o, meglio, tra l’Europa e Donald Trump: chi sta da una parte e chi dall’altra, col magnate presidente e il suo vice JD Vance, con Elon Musk e i suoi followers.

La nuova Stretegia per la sicurezza nazionaledell’Amministrazione Trump allarma leader europei, perché prende di mira l’integrazione europea ed esprime sostegno all’estrema destra nazionalista ed autoritaria.

Vance e Musk, cultori e diffusori di ‘fake news’ e teorie cospirative, denunciano l’Europa censore, perché chiede il rispetto della verità e smaschera le loro falsità. Musk, rilanciando un post, la bolla come Quarto Reich, sovrapponendo la svastica nazista alla bandiera europea.

La nuova Strategia di Trump, che il presidente non ha probabilmente letto per intero, refrattario com’è ai testi più lunghi di una paginetta, prospetta un cambio di rotta radicale degli Stati Uniti sulla scena internazionale: dal predominio globale, basato sulla forza economica e militare, ma anche sul ‘soft power’, alla salvaguardia degli interessi americani; e suscita, in particolare,preoccupazioni sul futuro della Nato.

Diversi leader europei temono che le politiche di Trump possano compromettere l’unità su temi come l’Ucraina, che, di fatto, non c’è più, anzi non c’è più stata da quando il presidente da poco insediato attribuì al Paese aggredito la ‘colpa’ della mancata pace perché non s’arrendeva.

Nel contempo, alcuni leader europei vi vedono un’occasione per ridurre la dipendenza dagli Usa. Un passo che, però, richiede il rafforzamento dell’integrazione, cioè il passaggio a vere e proprie politiche europee per gli esteri, la difesa e la sicurezza, rinunciando al vincolo dell’unanimità, cioè al diritto di veto, in tale ambiti e creando i presupposti per un rafforzamento dell’Unione, partendo dai Paesi che ci stanno (come avvenne per la moneta unica).

E’ probabilmente vero che l’America di Trump, passando – scrive Stefano Feltri nei suoi Appunti – da “stabilizzatore egemonico” a “boss mafioso che fa pagare il pizzo per la protezione”, si riduce all’Unione Sovietica del secondo dopoguerra e accelera la sua caduta. Ma è altrettanto vero che l’Europa non può stare sedutasulla riva del fiume ad aspettare che la piena nazionalista passi. Anche perché può ancora montare e, passando, fare più danni di quelli che sta già facendo.

Ad esempio, e nell’immediato, sul fronte dell’Ucraina. Oggi, a Londra, con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, ne parlano i leader di Gran Bretagna, Francia e Germania, i tre Paesi che animano il gruppo dei Volenterosi che puntano a una pace giusta nel conflitto russo-ucraino e sono pronti ad offrire garanzie di sicurezza a Kiev nel dopo guerra. La premier italiana Giorgia Meloni, che non prende le distanze da Trump, vedrà Zelenskydomani a Roma.

Il consulto di Londra segue i negoziati della scorsa settimana a Mosca tra americani e russi e quelli a Miami tra americani e ucraini, che, in capo a tre giorni d’incontri e discussioni, hanno concordato “i prossimi passi”, anche se la reazione di Mosca resta un’incognita.

Il Cremlino ha invece accolto positivamente la nuova Strategia per la sicurezza nazionale di Trump. Dmitry Peskov, il portavoce del presidente russo Vladimir Putin, afferma: “Gli aggiustamenti sono in gran parte coerenti con la nostra visione”, e ipotizza che “possa costituire una modesta garanzia che potremo continuare in modo costruttivo il lavoro congiunto per trovare una soluzione pacifica in Ucraina”.

Lo strappo tra Washington e Bruxelles è musica per i falchi della Russia nostalgici dell’Urss: “E’ – scrive l’ex presidente ed ex premier Dmitry Medvedev – un segnale abbastanza chiaro: gli Usa sono pronti a discutere l’architettura di sicurezza, piuttosto che imporre sanzioni infinite e inutili”.

Anche in Europa vi sono ‘quinte colonne’ trumpiano-putiniane: ad esempio, il premier ungherese Viktor Orban; o i leader dei movimenti politici nazionalisti e xenofobi. E c’è chi spinge la scelta dell’adulazione a Trump oltre i limiti del ridicolo: il presidente della Fifa Gianni Infantino s’inventa il premio per la pace del calcio mondiale per consolare il magnate presidente della mancata vittoria del Nobel per la Pace (e per essere sicuro che non gli mandi a monte i Mondiali 2026).