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Il tesoretto fantasma del ricalcolo del Pil

24
Settembre 2024
Di Paolo Bozzacchi

A torto il ricalcolo del Pil del nostro Paese da parte dell’Istat ha fatto cantare vittoria a più di qualche collega. Tanto da far pensare a una manovra economica molto meno impegnativa. Ebbene, non sarà così. In apparenza tra il 2021 e il 2023 il Pil nominale dell’Italia ha recuperato ben 94,7 miliardi di euro, tanto che sono stati rivisti in meglio i rapporti deficit/Pil (sceso al 7,2% nel 2023) e debito/Pil (sceso a 134,6%). Che comunque restano a livelli preoccupanti. Pochi hanno però notato che il Pil nominale dell’Italia solo nel 2023 sia tornato ai livelli del 2007, prima della crisi dei mutui subprime e della conseguente grave e prolungata difficoltà sul debito. L’Italia ha impiegato 16 anni di sacrifici per far tornare la lancetta del nostro “fatturato” nazionale al 2008. Scontando una stagnazione molto più lunga dei nostri competitor diretti europei (Francia e Germania su tutti). Che ci ha portati dritti dritti alla simpatica pandemia da Covid-19. Molto più che semplici burrasche economiche.

Perché il tesoretto è fantasma
Il primo scettico sull’esistenza del tesoretto è stato il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. Ha confermato la sua prudenza, spiegando che se è vero che il ricalcolo Istat libera di fatto 2-3 miliardi di euro di risorse per restare nelle stime del Def sul promesso rapporto deficit/Pil alla luce dei nuovi vincoli UE di bilancio (4,3% quest’anno e 3,7% nel 2025), è altresì vero che il nuovo Patto di Stabilità prevede il taglio dello 0,5% della spesa primaria, che da solo vale oltre 12 miliardi di euro. Già solo questa promessa da mantenere ridimensiona talmente il tesoretto da farlo sembrare più un vecchio gioiello della nonna trovato casualmente nell’armadio. Che alla stima non è risultato essere un diamante da battere all’asta.

Resta corta la coperta della Legge di Bilancio
Money talks. Figures either. Nella manovra economica che sta iniziando ora il suo percorso parlamentare, il governo Meloni ha promesso il taglio strutturale del cuneo fiscale e contributivo, che costeranno 11 miliardi di euro l’anno. C’è poi la promessa della revisione delle aliquote Irpef: se verranno abbassate a seconda delle fasce di reddito al 23 e al 33% da sola costerà 6,5 miliardi di euro. Come ogni anno bisognerà inventarsi (stavolta per davvero) l’esistenza di fantasmi per reperire le risorse. Una buona notizia per le casse dello Stato arriva dalle entrate, che nei primi 7 mesi di quest’anno hanno fatto registrare 19,2 miliardi in più rispetto al 2023. Per i tagli strutturali sopracitati urgono tagli di spesa e maggiori entrate costanti, stimati attorno ai 15 miliardi di euro. Il vero fantasma da scovare in stile Ghostbusters sono le coperture. La caccia è aperta.    

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