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Dalle navi col suo nome allo stop all’eolico: l’offensiva di Trump

23
Dicembre 2025
Di Giampiero Gramaglia


Una serie di decisioni controverse dell’Amministrazione Trump suscitano oggi polemiche e critiche negli Stati Uniti, dove il clima natalizio non pare ancora contagiare i media e la politica.

Una prima è l’annuncio che la Marina militare costruirà due navi da guerra di una inedita ‘classe Trump’: l’obiettivo finale è di acquisire 25 unità della nuova classe. Dando la notizia, il magnate presidente parla di un “regalo di Natale” per l’America e sottolinea che – inevitabilmente! – le nuove navi saranno le più potenti e le più tecnologiche mai viste, anche grazie all’intelligenza artificiale. ”È l’ultimo esempio – titola e commenta il New York Times – della tendenza del presidente d’imporre il suo nome a vari aspetti dell’attività federale”: Trump parla letteralmente “di una flotta d’oro”.
E restano vivaci gli echi della contestatissima decisione di cambiare il nome del ‘Kennedy Center’ di Washington, cuore dell’attività artistica e culturale della capitale federale, in ‘Trump Kennedy Center’: in Congresso, c’è chi cerca di bloccare il provvedimento.

Una seconda è la decisione del Dipartimento di Stato di richiamare senza preavviso “due dozzine” di ambasciatori di carriera per rafforzare l’agenda ‘America First’, creando disagio fra i diplomatici, che segnalano come il provvedimento lasci sguarnite importanti ambasciate. L’American Foreign Service Association contesta la mossa, che fonti del Dipartimento di Stato considerano, invece, essere “di routine”. Secondo Politico, il primo a dare la notizia, ed altri media, le decine di richiami sono una concausa delle tensioni in atto nel Dipartimento.

Una terza è la decisione di bloccare la realizzazione di cinque pachi eolici al largo della East Coast degli Stati Uniti, che, secondo il Dipartimento dell’Interno, comportano non meglio precisati rischi per la sicurezza nazionale. Lo stop alle opere, in alcuni casi già avviate, compromette investimenti per miliardi di dollari. Nel titolo di apertura, Politico definisce la decisione “incredibilmente sconsiderata” e stupefacente anche per alleati del presidente: “Le preoccupazioni dei repubblicani per la sostenibilità dell’energia non sono state un freno” per Trump.

Nelle cronache della settimana di Natale, c’è pure spazio per gli sviluppi di due saghe mediatiche ben note: quella delle tensioni con il Venezuela e quella del ‘caso Epstein’. Sul Venezuela, mentre nei Caraibi si registra l’ennesimo attacco letale contro un’imbarcazione di presunti narco-trafficanti – una vittima accertata -, Trump avverte il presidente Nicolas Maduro che, “se vuole fare il duro, sarà l’ultima volta che lo fa” e gli consiglia di lasciare il potere: “Sarebbe furbo andarsene”.

Sul ‘caso Epstein’, il Dipartimento della Giustizia ha reso pubblici molti altri documenti, tra cui foto con Trump. I media li stanno ancora spulciando, alla ricerca di eventuali notizie. Il presidente, ieri, è parso critico sulla decisione di diffondere i ‘files Epstein’, attribuita “ai democratici e a pochi repubblicani cattivi”. La pubblicazione del dossier era stata una sua richiesta in campagna elettorale e la relativa legge è stata approvata quasi all’unanimità da Camera e Senato – un solo voto contrario – ee è stata da lui firmata.

Infine, il magnate presidente è ieri tornato, dopo molto tempo, sulla questione della Groenlandia, ripetendo che il territorio, posto sotto sovranità danese, è “necessario alla sicurezza nazionale” Usa. La Danimarca ha criticato la decisione di Trump di nominare un inviato speciale per la Groenlandia, un’isola semi-autonoma, enorme per estensione – è grande sette volte l’Italia -, scarsamente abitata – meno di 60 mila abitanti – e potenzialmente ricchissima di materie prime.