Un mese fa commentavamo, visto da fuori, il provincialismo che ci attanaglia nella gestione del dibattito pubblico. Ci sorbiamo pagine e pagine di analisi improvvisate sulla politica statunitense frutto di articoli scritti in milieu culturali tanto autorevoli fuori quanto ininfluenti dentro i confini americani. E’ di questi l’ennesimo esempio: dopo averlo descritto per mesi come l’anima nera della 2a Presidenza Trump, il “vero Presidente” messo a muovere come un burattino il redivivo Donald, Elon Musk ha lasciato senza scossoni e senza particolari risultati il suo ruolo pubblico.
Chissà se il DOGE andrà avanti, ma di sicuro Elon non ne farà parte perché determinato a ritornare in sella alle aziende che lo hanno reso l’uomo più ricco del pianeta, nonché probabilmente il più influente da un punto di vista industriale. Maggiore azionista della più grande azienda al mondo nella produzione di automobili elettriche e – soprattutto – dell’azienda leader incontrastata della space economy per chissà quanti anni ancora, nonché in via residuale di uno dei social network più diffuso, Elon Musk sceglie di tornare a gestire il business consapevole che questo farà bene a 3 cose: 1) le sue già capienti tasche 2) il suo demone interiore che gli impone di arrivare dove nessuno è mai arrivato, ovvero la colonizzazione dello spazio 3) la potenza geopolitica statunitense che in ambito spaziale cammina grazie alle gambe fatte dei razzi di SpaceX.
Potrebbe avere questo un valore in termini di analisi strutturata sulle conseguenze di questa scelta? Sì. E qual’è invece l’aspetto più rilevante per parte della nostra stampa, indotta da un approccio partigiano da East Coast? Approfondire se Musk durante la campagna elettorale avesse o meno assunto delle droghe. Anche qualora fosse, quale ne sarebbe il sillogismo conseguente? Che le altalenanti scelte di Trump sui dazi, giusto per fare un esempio, sarebbero la conseguenza delle idee di un imprenditore drogato che durante la campagna elettorale gli avrebbe fatto il lavaggio del cervello? Ma per cortesia. Senza cadere anche noi in preda alla smania di semplificazione, quello che ci interessa rimarcare è la costante banalizzazione di dinamiche che meriterebbero o di essere approfondite o di essere ignorate. Meglio il silenzio che la creazione di “meme giornalistici” disfunzionali alla comprensione. Del titanismo di Elon Musk si parlerà ancora per decenni ed è probabile che il suo nome entri nei libri di storia, considerata anche la sua ancora giovane età che lo ha portato a quasi 54 anni a realizzare cose per cui servirebbero centinaia di vite di una persona normale. Del DOGE o delle sue intemperanze psicotropamente orientate ci sarà spazio solo per poche righe.
In conclusione, possiamo condividere che l’idea di partenza di oggi era tutt’altra, volta a commentare i sondaggi mensili pubblicati oggi dal Corriere o il prossimo incontro Meloni-Macron previsto per il 3 giugno a Roma. Ma dopo aver aperto le prime pagine al mattino, perché privarsi del gusto di commentare nani e giganti a confronto?





