Salute

Intervista alla Presidente Carrozza: “CNR strumento strategico per sviluppare ricerca e competenza”

25
Giugno 2021
Di Alessandro Cozza

Professoressa e ricercatrice alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, direttore scientifico della Fondazione Don Gnocchi e ministro dell’Istruzione del governo Letta. E’ Maria Chiara Carrozza, neo presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), prima presidente nella storia del CNR. The Watcher Post le ha chiesto la visione sul futuro della ricerca italiana. Ecco cosa ha risposto:

Presidente Carrozza, la pandemia che stiamo vivendo ha messo a nudo quanto siano importanti e strategici gli investimenti in Ricerca e Sviluppo. Quale strada prendere per migliorare la posizione dell’Italia nella classifica UE dei Paesi che più investono nella ricerca pubblica?

Con il PNRR e gli investimenti previsti in istruzione e ricerca abbiamo un’opportunità importante, la possibilità di cogliere sfide importanti nel campo dell’istruzione e della ricerca e in settori come transizione ecologica, digitalizzazione, salute. Temi su cui il CNR dirà la sua. La ricerca è il nostro futuro, lo abbiamo capito anche durante la pandemia: i dispositivi di protezione individuale, le terapie, i vaccini, sono frutti della ricerca compiuta anche anni prima. 

Quanto c’è da lavorare per far dialogare al meglio in Italia ricerca pubblica e privata per generare sviluppo e innovazione? Le imprese saranno uno dei principali stakeholder per il CNR post pandemia? 

Bisogna creare le condizioni che consentano al ricercatore e al mercato di avvicinarsi, così da creare un rapporto di fiducia e collaborazione tra i diversi ruoli accademici, scientifici e industriali. Questo vuol dire dotarsi di regole e procedure veloci ed efficaci, che abilitino soluzioni invece di creare ostacoli. Vuol dire presidiare un contesto di qualità della ricerca diffusa, in grado di incubare e fare sviluppare le eccellenze. In questo contesto il CNR va considerato come il più grande ente di ricerca pubblico italiano, con una articolazione disciplinare e una diffusione territoriale che non hanno pari.

Lei è una scienziata di livello internazionale, oggi prima Presidente donna del CNR. Sente tra le sue responsabilità anche quella di incentivare meglio le ragazze italiane a scegliere la scienza come professione? Cosa c’è da migliorare? 

Una ricerca Microsoft / London School of Economics ha fatto notare come solamente il 12,6% delle studentesse in Italia scelga le materie scientifiche e appena il 6,4% lavori poi nel settore Ict. Uno degli elementi più rilevanti per realizzare le pari opportunità per ragazze e ragazzi è incentivare l’iscrizione alle facoltà scientifiche e tecnologiche delle prime, la cui percentuale cresce in modo nettamente inferiore a quella dei maschi. Questo ha un riflesso negativo importante sui laureati e sulle professioni. Dobbiamo impegnarci al massimo per trasmettere la consapevolezza che ogni percorso di studio è accessibile a entrambi i generi, anche se chiaramente non devono esserci scorciatoie per le ragazze. Da questo punto di vista un ruolo importante lo svolgono la scuola, la cultura e tutte le istituzioni come il CNR stesso, che devono impegnarsi a sconfiggere ogni pregiudizio. Sicuramente il simbolo di una Presidenza al femminile può dare un senso di novità, per me però questo è solo il passo iniziale.

Lei ha definito la sua nomina “una sfida e una responsabilità senza precedenti”. Quali saranno le linee guida della sua presidenza per i prossimi quattro anni?

II CNR ha bisogno di attenzione, di riforme sostenibili e di risorse, non ci sono ricette pronte e facili. Dobbiamo capirne il contesto e il posizionamento, analizzare le sue potenzialità e provare ad immaginare un piano strategico. Di certo il nostro ente può essere lo strumento strategico del Paese per sviluppare la ricerca e la competenza di cui il paese ha tanto bisogno in questo momento, dobbiamo rispondere a questa chiamata. C’è tantissimo ancora da fare, anche perché in Italia non abbiamo ancora un ambiente favorevole all’innovazione, occorre facilitare i brevetti, sostenere le certificazioni, i trial sperimentali, fornire assicurazioni, strumenti legali per garantire il passaggio dalla scienza alla tecnologia. Guardiamo con sospetto chi vuole fare impresa, non abbiamo contratti dei ricercatori flessibili con cui garantire la mobilità fra ricerca fondamentale e sviluppo dell’innovazione. 

Come tirar fuori il meglio dalla ricerca?

Mettendo in campo un laboratorio di soluzioni tecnologiche e organizzative, un nuovo umanesimo scientifico, che poggi sull’evidenza scientifica come metodo e sul bene delle persone come obiettivo. Per dare fiducia alla scienza, lavoro e trovare opportunità ai nostri giovani ricercatori occorre anche impegnarsi per trovare una soluzione alle fragilità, costruire la città del domani con i servizi del futuro, stare vicino a chi è solo, agli ultimi.

Cosa si può fare affinché la ricerca pubblica italiana valorizzi il merito e trattenga nel nostro Paese i migliori talenti? 

Con un “reinvestimento”, la reputazione sociale della ricerca da noi non è sufficiente. In Italia per esempio i salari dei ricercatori sono troppo bassi rispetto agli altri paesi avanzati, anni e anni di formazione non devono risultare vani, e non esiste come altrove la “portabilità” delle retribuzioni. Il sistema di reclutamento e di carriera potrebbe essere concepito a livello europeo. 

Trasformazione digitale, intelligenza artificiale e robotica per migliorare le nostre vite. Quanto la ricerca italiana è avanzata in questi campi e su quale di questi invece c’è bisogno di uno scatto in avanti

Sono settori di fondamentale importanza per l’avanzamento della società in diversi ambiti: medicina, formazione, pubblica amministrazione. Per la robotica occorre attuare importanti investimenti, anche tendendo conto dei rilevanti programmi di ricerca che sono in corso in Cina, per applicazioni industriali, e negli Stati Uniti, per applicazioni militari. Tutto dipende da quanto si investe nella ricerca. Quella della transizione digitale è una grande sfida, la pandemia ha prodotto un’accelerazione di processi innovativi in questo settore ma ora bisogna continuare in modo strutturale.

Se dovesse scegliere una parola chiave per il futuro quale sarebbe?

Coraggio

Photo Credits: La Repubblica