Salute
Farmaceutica, tra investimenti e sostenibilità: la sfida della nuova legge di bilancio
Di Alessandro Caruso
(Articolo pubblicato su L’Economista, inserto de Il Riformista)
La legge di bilancio 2026 riserva un’attenzione inedita al comparto sanitario e farmaceutico, riconoscendone il ruolo strategico non solo per la tutela della salute pubblica ma anche come motore industriale e tecnologico del Paese. Dopo anni di rincorse tra vincoli di spesa, meccanismi di payback e negoziazioni sui tetti, l’esecutivo sembra voler delineare una cornice più stabile per il settore, pur mantenendo saldo l’obiettivo di tenere sotto controllo la dinamica della spesa pubblica.
Il governo, forte di una visione che punta a coniugare sostenibilità dei conti e crescita industriale, ha scelto di confermare gli investimenti in sanità come leva di sviluppo. L’aumento delle risorse per il Fondo sanitario nazionale e l’attenzione ai meccanismi di rimborso dei farmaci innovativi vanno in questa direzione. Tuttavia, restano aperti nodi rilevanti, in primis quello del payback, che continua a rappresentare un tema sensibile per le aziende e per gli investitori esteri.
Un segnale chiaro in tal senso è arrivato dalle audizioni in Commissioni riunite Bilancio di Camera e Senato, che hanno messo d’accordo entrambe le filiere industriali, farmaceutica e dei dispositivi medici: il superamento del payback è ormai considerato indispensabile per mantenere sostenibilità, competitività e capacità di attrarre investimenti nel sistema salute italiano. Nelle sedute del 3 novembre, Farmindustria e Confindustria Dispositivi Medici hanno riconosciuto gli sforzi del governo, ma hanno chiesto interventi più strutturali rispetto alle misure attuali, giudicate positive ma ancora insufficienti.
Il presidente di Farmindustria, Marcello Cattani, ha definito incoraggianti l’abolizione del payback sull’1,83% della spesa convenzionata e il lieve incremento dei tetti di spesa farmaceutica, insieme allo stanziamento di nuove risorse per la prevenzione. Ma, ha ammonito, «il risultato complessivo non è ancora sufficiente per mantenere l’Italia attrattiva per investimenti e innovazione». Per Cattani è “fondamentale” superare il payback ospedaliero a carico delle aziende e adeguare i tetti di spesa «almeno dello 0,5%, o dell’1% come richiesto dalle imprese, per rispondere al ritmo dell’innovazione terapeutica». Tra le proposte avanzate: l’esclusione dei plasmaderivati dai tetti di spesa, la sostituzione graduale del payback con un sistema value-based, e la riduzione dei tempi di accesso ai nuovi farmaci attraverso modelli di early access e percorsi regolatori più rapidi.
Sulla stessa linea si è espresso Fabio Faltoni, presidente di Confindustria Dispositivi Medici, secondo cui l’aumento del tetto di spesa dal 4,4% al 4,6% «è necessario, ma non sufficiente». Il settore accoglie il segnale come un passo avanti, ma sottolinea che «la distanza tra fabbisogno reale e risorse disponibili resta significativa». Faltoni ha indicato come priorità l’avvio di un sistema di monitoraggio aggiornato in tempo reale sul fabbisogno nazionale e la chiusura definitiva del ciclo 2015-2018, con l’eliminazione di un meccanismo di payback definito «folle perché si autoalimenta di anno in anno». Le imprese chiedono anche la stabilizzazione del tavolo tecnico al Ministero dell’Economia, avviato lo scorso marzo, per costruire una governance più trasparente e condivisa.
Le richieste del settore evidenziano quanto la prevedibilità delle regole sia oggi il primo fattore competitivo. Un sistema che cambia ogni anno, o che scarica retroattivamente i costi sugli operatori, rende difficile pianificare investimenti e riduce la fiducia degli investitori internazionali. In un contesto globale dove la concorrenza si gioca sull’innovazione e sui tempi di accesso, la certezza normativa è la vera leva di sviluppo.
Le difficoltà per chi investe in ricerca e innovazione in Italia non dipendono solo dai costi, ma anche da un contesto ancora troppo complesso: percorsi autorizzativi lunghi, negoziazioni articolate, regole che mutano in corso d’opera. Il sistema dei tetti di spesa e dei meccanismi di rimborso, se non ripensato, rischia di frenare la capacità competitiva di un comparto che vale oltre il 2% del PIL e impiega centinaia di migliaia di addetti qualificati.
La sfida, dunque, è trovare un equilibrio tra innovazione e sostenibilità, tra l’esigenza di contenere la spesa pubblica e quella di garantire ai cittadini un accesso rapido alle terapie più avanzate. Modelli di value-based pricing e partnership pubblico-private potrebbero rappresentare una via virtuosa, premiando i trattamenti realmente efficaci e riducendo sprechi.
La manovra, nel suo impianto generale, lancia segnali di apertura verso una sanità più orientata all’innovazione e meno ancorata alla logica emergenziale. Ma le audizioni parlamentari hanno chiarito che il settore chiede di più: una visione di lungo periodo, capace di trasformare la sanità in un asset industriale strategico, e di fare dell’Italia un hub europeo dell’innovazione farmaceutica e biomedicale.





