Salute

Congelamento ovuli, in Italia è per tutte le donne

01
Settembre 2023
Di Giuliana Mastri

La denatalità è un problema annoso in Italia. Così come il fatto che oggi si fanno figli in età sempre più avanzata per fattori involontari. Ma cattura attenzione anche un fenomeno che ultimamente è diventato più evidente, ossia il desiderio di posticipare la procreazione con delle precise garanzie. Nel concreto, significa il congelamento degli ovociti. Una pratica attraverso cui le donne possono conservare gli ovuli per fecondarli in futuro.

La crioconservazione dei gameti viene indicata in un’età tra i 25 e i 35 anni ed è intrapresa principalmente dalle donne che corrono seri rischi di compromissione della loro fertilità, come nel caso di patologie oncologiche o ginecologiche. In tal caso la conservazione degli ovuli è proposta dalla sanità pubblica in concomitanza con il percorso di cura. Qualora invece la scelta fosse da parte di una donna sana, la quale per ragioni personali e sociali ha difficoltà nel progettare una gravidanza, a farsi carico saranno unicamente strutture private, ad un costo complessivo che va dai 2mila ai 4mila euro. A cui vanno aggiunti ulteriori costi per la conservazione degli ovuli congelati all’interno della criobanca, che valgono una quota annuale tra i 250 e i 500 euro. Per accedere alla pratica bisognerà comunque superare una serie di test medici. Ad ogni modo, prelevare gli ovociti in età giovane aumenta la possibilità di fecondazione anche anni dopo e statisticamente l’ovulo giovane è più sano a livello genetico.

Nel nostro Paese sempre più donne stanno prendendo consapevolezza dell’opzione e negli ultimi tre anni il numero di richieste è stabile. Importante sottolineare che la crioconservazione è spesso contestuale alla fecondazione assistita per le coppie non fertili. In quel caso infatti i gameti in sovrannumero possono essere conservati in caso di insuccesso del trattamento. Non a caso, questa pratica ha bisogno in principio di una stimolazione ormonale per aumentare l’ovulazione, così come si fa nella fecondazione assistita.

Ci sono quindi possibili rischi per la donna, dovuti agli effetti collaterali della stimolazione ormonale, con formazione di cisti, complicanze renali o circolatorie. Per quanto riguarda invece la sicurezza della conservazione dei gameti al momento dello scongelamento (in genere se ne congelano 20-25) non si può purtroppo escludere la formazione di ghiaccio intracellulare, che riduce le possibilità di fertilizzazione. Non è comunque solo una questione di età della donna, ma conta parecchio anche l’età dell’ovocita, cioè da quanto tempo è conservato. Per tutte queste ragioni è in linea di massima più probabile un insuccesso in caso di scongelamento oltre i 35 anni e, soprattutto, prima si scongela il gamete, più viene salvaguardata la salute del bambino alla nascita. La salute dei bambini nati dalla crioconservazione è analoga a quella di bambini nati con altri metodi di procreazione assistita, ma sulla loro salute negli anni successivi servono ulteriori studi.

Rispetto invece alla questione delle aspettative più realistiche per le donne che scelgono tale pratica, come indica sul suo sito la Fondazione Veronesi, dai dati attuali con 24 ovociti si ha un indice di successo totale di procreazione, di oltre il 90%, mentre è dell’85.2% per 10-15 ovociti utilizzati se questi sono stati prelevati e conservati prima dei 35 anni di età. La conservazione di 10 ovociti offre una probabilità di una nascita per ogni ovocita del 60.5% per le donne sotto i 35 anni, ma di solo il 29.7% per quelle oltre i 35 anni.