Politica

SPECIALE LEGGE DI BILANCIO #4. Agricoltura, Gallinella: «Ecco come spenderemo i 2 mld per il settore»

17
Dicembre 2021
Di Alessandro Caruso

Il presidente della commissione Agricoltura della Camera, Filippo Gallinella, è ottimista: «Mai accontentarsi, ma abbiamo raggiunto 2 mld di euro per l’agricoltura in legge di bilancio, non era mai successo». Nell’intervista al The Watcher Post spiega come saranno impiegati questi soldi per giovani, lavoro e agevolazioni fiscali. E a proposito del credito di imposta per gli investimenti strumentali al Sud annuncia: «Stiamo portando avanti un braccio di ferro con la Ragioneria dello Stato per la cessione del credito in fattura».  
 
Il credito d’imposta per gli investimenti strumentali al Sud, previsto fino al 2022, attualmente vede escluse le imprese agricole. Ritiene che sia opportuno un intervento su questa misura? Non sarebbe utile anche per favorire la transizione digitale?
«Sulla discussa esclusione delle imprese agricole che non presentano bilancio analitico, praticamente la quasi totalità, abbiamo presentato una interrogazione parlamentare al ministro dell’Economia Daniele Franco per aprire una interlocuzione istituzionale su una lettura dell’Agenzia delle Entrate della norma primaria che non ci vede in linea. Nel caso la nostra battaglia riesca ad avere un esito positivo, sarà sicuramente uno strumento in più per gli agricoltori del Sud Italia ma ritengo che per favorire la transizione digitale ci siano già molte opportunità. Penso, ad esempio, alla Nuova Sabatini che abbiamo rifinanziato con oltre 600 milioni di euro vista l’elevata richiesta da parte delle imprese nonché il credito d’Imposta 4.0 su cui ci siamo fortemente battuti, durante la legge di bilancio 2020, per estenderla al mondo agricolo. Su quest’ultimo strumento, è in corso un braccio di ferro con la Ragioneria dello Stato per la cessione del credito in fattura».
 
È soddisfatto delle risorse destinate al settore in legge di bilancio? Si poteva fare di più?
«Si può e si deve sempre fare di più, mai accontentarsi. Ma se vogliamo essere oggettivi e onesti intellettualmente, dovremmo fare un confronto con le precedenti manovre: rispetto alla scorsa legge di bilancio le risorse messe a disposizione del comparto primario italiano sono praticamente raddoppiate, raggiungendo i 2 miliardi di euro. Un risultato del genere non si era mai raggiunto e di ciò va dato atto al nostro ministro delle Politiche agricole, Stefano Patuanelli (M5S)».
 
Si trova d’accordo con la proposta di riduzione del 50% delle aliquote contributive avanzata dalle imprese agricole?
«Non mi risulta siano stati presentati emendamenti in tal senso alla manovra 2022. Chiunque sarebbe contento di pagare la metà delle tasse e delle imposte ma se dobbiamo dare risorse e servizi pubblici alla comunità, qualcuno deve pur pagarli. Sul versante contributivo siamo intervenuti nel corso della pandemia con un esonero dapprima per taluni settori per i primi sei mesi del 2020, esteso poi a tutte le filiere agroalimentari per ulteriori quattro mensilità sino a febbraio 2021. Un aiuto ingente e immediato per dare liquidità alle imprese. In legge di bilancio, infine, rinnoviamo l’esonero per i giovani imprenditori agricoli e coltivatori diretti per il primo biennio di attività. Senza dimenticare che con 273 milioni di euro abbiamo prorogato anche l’esenzione Irpef dei redditi dominicali e agrari».
 
In una recente intervista pubblicata sul The Watcher Post, il presidente di Confartigianato, parlando delle pmi, si è detto favorevole a incentivare i contratti di apprendistato per l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro. Sarebbe utile una proposta simile per favorire l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro agricolo?
«Ritengo cruciale migliorare il rapporto con le imprese: è solo con un dialogo e un confronto continuo con il mondo imprenditoriale che lo Stato può comprendere come meglio attivarsi per risolvere i problemi del Paese e permettere il rilancio produttivo. Dall’altro lato, ritengo che deve essere chiaro l’uso che del contratto di apprendistato si fa. A mio modo di vedere, questa tipologia contrattuale deve essere limitata nel tempo e destinata solamente ai più giovani affinché non si generino storture o furberie nel suo utilizzo».
 
Reddito di cittadinanza. Ci sono dei possibili ulteriori migliorativi di questo dispositivo soprattutto per quanto riguarda il lavoro agricolo?
«Tutto si può migliorare, ancor di più se pensiamo che tutti stanno analizzando e giudicando uno strumento innovativo, se non rivoluzionario per il nostro Paese, entrato in vigore praticamente a ridosso di una pandemia globale e devastante. Affermare, però, che chiunque possa fare il bracciante agricolo è alquanto bizzarro e si sminuisce un lavoro che ha la sua professionalità: oltre al fisico idoneo, ci vogliono formazione e attrezzature. Per permettere l’incrocio tra domanda e offerta, la proposta che rinnoviamo da tempo al ministero del Lavoro è quella di realizzare una piattaforma centralizzata che unisca i dati di Agea, l’ente per le erogazioni in agricoltura del Mipaaf che possiede i dati delle imprese, con quella dell’Inps, dove ci sono tutti i lavoratori agricoli e si possono selezionare quelli non occupati al momento. Un primo tentativo si è fatto con la ministra Catalfo e la app “Resto in campo” ma se non viene implementata con i due database, non riuscirà mai a spiccare il volo e a divenire uno strumento imprescindibile per le imprese agricole alla ricerca di manodopera. A ciò si deve aggiunge una maggiore flessibilità e celerità sul decreto flussi perché molte professionalità agricole provengono necessariamente dall’estero, come è noto».
 
Moratorie fiscali, molte imprese agricole sperano nella possibilità di poter rinegoziare il debito, con la garanzia di Ismea e Mediocredito centrale. Verso quale direzione si sta andando in legge di bilancio?
«Grazie agli strumenti messi in campo da Ismea ma soprattutto alla novità dell’accesso diretto al Fondo di Garanzia di Mediocredito centrale, le imprese agricole sono riuscite finalmente ad avere un accesso al credito più semplice e concreto. Abbiamo, infatti, superato i 5 miliardi di euro di impieghi: le porte delle banche non sono più ‘girevoli’ per i nostri agricoltori. Il nostro impegno continua verso l’elaborazione di misure ad hoc, calzate sui diversi settori agricoli, ognuno con le sue peculiarità. La questione moratoria ha una matrice più ampia che parte da nuove imposizioni dell’EBA, l’Autorità Bancaria Europea, che ha imposto a tutti gli istituti bancari che un ulteriore accesso delle imprese alla moratoria avrebbe potuto peggiorare il rating della posizione aziendale presso la stessa banca. Gli istituti finanziari, infatti, dovrebbero classificare chi rinnova la moratoria come “forborne”: una posizione è classificata tale se la misura di tolleranza di cui beneficia è accordata ad un debitore che si trova o è in procinto di trovarsi in difficoltà a rispettare i propri impegni finanziari. Pregiudicando così il resto dei finanziamenti dell’impresa. Dopo la nostra denuncia, abbiamo visto però che il presidente ABI Patuelli ha annunciato presto un intervento risolutivo che ci auguriamo giunga presto».
 
Costo delle materie prime e dei trasporti, quali strumenti sono stati previsti in legge di bilancio a sostegno delle imprese agricole su questo fronte?
«L’aumento dei costi è generalizzato ed è una conseguenza inevitabile della ripresa post-pandemia. Il comparto agricolo produce materie prime e, pertanto, alcuni settori hanno persino beneficiato di questo aumento dei prezzi, come ad esempio il cerealicolo. Altri, come la zootecnia, hanno visto schizzare i costi alle stelle. Per queste imprese stiamo cercando di elaborare strumenti di credito che possano dare loro ossigeno in un periodo particolare che dovrebbe assestarsi solo nella seconda metà del 2022, secondo le previsioni. L’unica arma per affrontare le tempeste sui mari dei mercati globali è quello di aggregarsi e fare sistema: ci sono strumenti e risorse. Abbiamo 1,2 miliardi di euro per i contratti di filiera e di distretto, a cui si aggiungono altri 120 milioni in Legge di Bilancio, che servono per fare rete tra le imprese di un territorio o di una filiera agroalimentare. Vi è poi lo strumento della CUN, la Commissione Unica Nazionale che mette attorno ad un tavolo produttori e trasformatori affinché si possa giungere ad una rilevazione trasparente e veritiera dei prezzi dei beni agricoli, a tutela della parte debole del singolo comparto. Sulla logistica interveniamo con 800 milioni di euro nel PNRR: senza infrastrutture che permettano ai prodotti freschi di arrivare sulle tavole dei consumatori in tempo utile si perdono grosse fette di marginalità e di competitività nei confronti dei competitor stranieri».
 
Il settore vinicolo per far fronte all’aumento dei costi di produzione e distribuzione ha chiesto misure straordinarie di alleviamento della tassazione sul lavoro e di contenimento dei costi dell’energia. Siete riusciti a trovare una sintesi?
«Le imprese agricole possono, e anzi devono, diversificare e divenire produttrici di energia. Nel Pnrr stanziamo ben 1,5 miliardi di euro per il Parco Agrisolare finalizzato all’ammodernamento e alla produzione di energia rinnovabile dalle coperture produttive delle strutture aziendali nonché 1,92 miliardi di euro per lo sviluppo del biometano e del biogas. Per ridurre la bolletta energetica delle imprese, intanto, stiamo spingendo per una revisione della struttura dei costi che estragga gli oneri generali di sistema, trasferendoli alla fiscalità generale, così da fermare i costi al reale consumo di energia».