Politica

Riparte la campagna elettorale: le priorità dei partiti e del Paese

12
Gennaio 2018
Di Redazione

 

Con l'Italia tornata ufficialmente in clima di campagna elettorale, quel che colpisce è il distacco non solo simbolico fra i contenuti dell'ultimo rapporto Istat sul alavoro e quelli al centro dell'offerta politia dei partiti in vista del voto di marzo. In settimana l’istituto nazionale di statistica ha dipinto un quadro per nulla rassicurante circa lo stato di salute del mercato del lavoro italiano. Giacché l’incremento degli occupati (record dal 1977) e la contestuale flessione del tasso di disoccupazione (ivi compresa quella giovanile) non bastano più a nascondere una realtà segnata dall’arretramento apparentemente senza fine dell’impiego a tempo indeterminato. Negli ultimi 12 mesi, difatti, la creazione di nuovo lavoro in Italia è passata quasi interamente (90%) per l’apertura di contratti a termine, un fatto che allarma poiché alimenta una realtà di bassi salari, lavoro stagionale, scarsa specializzazione e reddito in calo. Rispetto al periodo precrisi, inoltre, gli occupati in valori assoluti sono aumentati solo tra gli over-50. È una trasformazione radicale che investe alla base il mercato del lavoro italiano e finisce per gettare più di un’ombra sul futuro della nostra società, già infragilita dagli anni di crisi e oggi alle prese con un’offerta politica di retroguardia che, specialmente nelle fasi preelettorali, antepone le ragioni del voto a quelle dello sviluppo del Paese.

Ed è sintomatico che le proposte messe in campo dai partiti per rispondere all’emergenza lavorativa prevedano soluzioni tutto sommato convergenti – si va dal reddito di inclusione del Pd a quello di dignità di FI o di cittadinanza del M5s – senza però fare alcunché di credibile per invertire il declino sociale, economico e culturale che avviluppa da tempo l’Italia. Piuttosto, messo da parte il dato di realtà, per i partiti il nuovo anno è partito all’insegna di una vera e propria gara di promesse a chi abolisce più leggi: se il leader Cinquestelle Di Maio garantisce di poter azzerare ben 400 leggi già nei primi 12 mesi dall’insediamento a Palazzo Chigi, il segretario leghista Salvini rilancia e assicura la cancellazione dell’obbligo dei vaccini e della legge Fornero, mentre il forzista Berlusconi annuncia dapprima l’abolizione del Jobs act renziano e poi vira sulla sua correzione.

Nel mentre le ultime proiezioni di voto sulle consultazioni nelle due più importanti regioni d’Italia – la Lombardia e il Lazio, dove si voterà contestualmente alle politiche – fotografano una realtà che al nord premia in maniera piuttosto netta il candidato di centrodestra Attilio Fontana (dato per vincente sia sullo sfidante Dem che su quello M5s), mentre al centro è ben più confusa: a insidiare la possibilità di rielezione dell’attuale governatore Pd Nicola Zingaretti c’è infatti la candidata Cinquestelle Roberta Lombardi. È un dato interessante poiché le difficoltà regionali di Zingaretti sono il riflesso di quelle patite a livello nazionale dal Pd renziano, stretto nella tenaglia Grillo-Berlusconi e tuttora incapace di scrollarsi di dosso il torpore in cui è precipitato dopo la sconfitta patita al referendum costituzionale di oltre un anno fa.

 

Alberto De Sanctis

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