Politica

Quali tensioni agitano gli alleati di governo

30
Luglio 2018
Di Redazione

Il governo del cambiamento sta per archiviare una settimana complessa, segnata dal riemergere di tensioni evidenti nell’alleanza gialloverde. Si tratta di un fatto forse inevitabile tenuto conto delle forti specificità che definiscono due forze politiche protagoniste di uno storico quanto recente matrimonio d’interessi per accedere a Palazzo Chigi e che troppo frettolosamente vengono appiattite dai loro avversari sulla comune etichetta di “forze populiste” o “antisistema”. E con la luna di miele fra il governo Conte e gli italiani ancora in pieno corso di svolgimento (giusto una settimana fa, i dati Ipsos segnavano indici di gradimento molto alti e valutazioni positive diffuse, paragonabili soltanto a quelli registrati all’inizio del governo Renzi), c’è da credere che per il momento gli alleati non faticheranno a ricomporre le divergenze in nome del comune interesse. Discorso diverso per il futuro, soprattutto quando in ballo ci sarà da affrontare questioni cruciali come la legge di bilancio oppure gestire l’avvicinamento alla tappa elettorale europea della primavera 2019. Non è un mistero, ad esempio, che se uno dei due partiti di governo dovesse ottenere, a differenza dell’altro, un pessimo risultato, ciò non mancherà di destabilizzare l’intera alleanza e in quel caso riuscire a calmierare gli animi interni diverrà impresa di ben altro spessore. In settimana lo scontro ha riguardato terreni scivolosi come il diritto di famiglia e le grandi opere.

Da un lato c’è stato l’intervento del ministro della Famiglia Lorenzo Fontana davanti alla Commissione Affari sociali per illustrare le linee del suo dicastero, con annessa dura presa di posizione contro il riconoscimento dei figli delle coppie gay. Dall’altra invece l’attacco frontale all’alta velocità Torino-Lione sferrato dal ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli in ossequio a un antico mantra del Movimento e in nome del contratto di governo. In entrambe le circostanze, alle parole dei ministri leghista e 5Stelle facevano eco i pronti interventi di segno opposto da parte dei leader di partito, con Di Maio a chiedere il rispetto della legge come pure la tutela di bambini e minori, e Salvini sicuro che sulla Tav occorra andare avanti e non indietro. In prospettiva non va sottovalutato nemmeno il c.d. “fronte Veneto”, lo storico bastione del consenso leghista che è oggi in rivolta contro il decreto dignità, ovvero il cavallo di battaglia dell’alleato Di Maio. Per i critici che si sentono traditi dal segretario leghista, la questione è squisitamente politica e interessa alla radice le logiche su cui si fonda l’alleanza con il M5s. Sotto attacco c’è infatti il presunto braccio di ferro fra gli alleati su ogni provvedimento e persino la fiducia nei confronti della Lega, il cui leader avrebbe cavalcato l’onda dei migranti perdendo però di vista le questioni che interessano più da vicino il mondo della vitale imprenditoria di Veneto e Lombardia come imposte, burocrazia e modalità operative delle aziende. È un malessere che non va sottovalutato e che dimostra come per fette influenti dell’elettorato leghista l’azione politica del loro partito di riferimento debba andare oltre la mera questione migratoria.

 

Alberto de Sanctis