Politica

Pnrr: lo stato dell’arte dei progetti messi in campo con i fondi Ue

28
Febbraio 2023
Di Simone Zivillica

“Pnnr un anno dopo: le riforme attuate, i progetti in corso e il punto di vista del mercato”. Questo il titolo del webinar organizzato oggi da PWC Italia e gruppo Gedi con la conduzione del vicedirettore dell’Huffington Post Alessandro De Angelis. Alla tavola rotonda hanno partecipato addetti ai lavori e giornalisti, nonché il Presidente e Amministratore delegato di PWC Italia Giovanni Andrea Toselli e Marco Fortis, direttore e vicepresidente della Fondazione Edison. Tra le presenze con più peso specifico, perché hanno potuto rispondere a quesiti fattuali sull’avanzamento dei lavori in tema di Pnrr, sono stati il viceministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Galeazzo Bignami (FdI) e Alessio Butti (FdI), Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.

In numeri del Piano di ripresa e resilienza
L’Italia è impegnata nella non facile impresa di portare a traguardo 27 nuovi obiettivi, relativi al primo semestre: 12 vanno centrati entro fine marzo, altri 15 entro il 30 giugno 2023. La tabella di marcia prosegue, anche se sul Pnrr rimane pendente la spada di Damocle della revisione degli organi Ue. Causa rialzo dei prezzi e inflazione, infatti, molte imprese non riescono ad accedere ai bandi per i costi lievitati. Se il Piano era nato per spingere l’economia fuori dalla crisi pandemica, oggi si trova a doversi misurare con nuove emergenze, più o meno contingenti. A risentirne è necessariamente la spesa che era stata stimata sopra i 40 miliardi di euro alla fine dell’anno passato, mentre l’asticella non è andata oltre i 20. I Comuni e gli altri enti locali, che sono chiamati a gestire circa un terzo dei quasi 200 miliardi complessivi del Piano, mentre lamentano la carenza di personale, spesso le competenze non sufficienti, ergo la derivante impossibilità di rispettare le scadenze.

Le indicazioni degli esperti
«Il Pnrr è un’opportunità unica di cambiamento strutturale, da cogliere appieno per le imprese italiane. Oggi il Paese si trova di fronte ad una duplice sfida: da un lato l’implementazione delle riforme richieste, dall’altro la necessità di spendere concretamente i fondi assegnati». Su questa strada a due sensi si muove tutto il dibattito orchestrato da De Angelis, coadiuvato dalla presenza in studio del vicedirettore della Stampa Marco Zatterin che incalzava il botta e risposta con appunti e richieste di chiarimenti tecnici. Su tutti, a onore di esempio, ha ricordato come «al programma strutturale del Pnrr mancano ancora 19 miliardi ancora da richiedere e in tutto 50 tra quelli ancora da spendere e quelli da allocare. Su questo va velocizzato e ottimizzato il processo. […] Salvo colpi di scena i tempi saranno allungati e i settori saranno redistribuiti. L’Europa non ha interesse a non venire incontro all’Italia in questo senso. Il ministro, nel merito, sta negoziando bene: solo se questa negoziazione andrà a buon fine l’Italia avrà agio nel muoversi con più indipendenza nell’implementazione dei fondi PNRR».

Circa 70 miliardi di euro, con una terza tranche da 21 in attesa di liquidazione. Queste le risorse stanziate per il Pnrr. Risorse che, è evidente, offrono un’opportunità dirimente per il cambiamento strutturale, indispensabile per dare l’impulso decisivo alla competitività delle imprese italiane. Un’occasione, questa, che «dovrà essere colta appieno – ha proseguito poi Toselli – ma una grande responsabilità ricade sulla Pa e sulle amministrazioni locali». Non sono poche, però, le incognite che rallentano la messa a terra del Piano di ripresa e resilienza. Su tutte, l’attesa dell’ok dell’Europa che ha il piano in revisione; attesa forzata dal rialzo dei prezzi dell’energia e dall’aumento dell’inflazione che sta rallentando i cantieri. Sul tema si è espresso il direttore e vicepresidente della Fondazione Edison Marco Fortis: «il negoziato sui tempi e sulle modalità di realizzazione degli investimenti va bene. Quello che non va rinegoziato sono le riforme. Questo è il sentiero da cui non possiamo più discostarci».

La mappa del viceministro per le Infrastrutture e i Trasporti Galeazzo Bignami
Gli fa eco il viceministro per le Infrastrutture e i Trasporti Galeazzo Bignami, intervenuto successivamente nella tavola rotonda, secondo cui le milestone decisive sono state raggiunte ma preoccupa ancor l’interesse del mercato. «Bisogna vedere come atterrano, come vengono liquidati questi progetti. Bisogna vedere se l’elaborazione fino ad adesso compiuta con l’aggiudicazione andrà a reperire un interesse del mercato. La preoccupazione è che non ci sia un incontro tra ciò che noi vediamo dall’apparato burocratico, in linea con gli obiettivi, e ciò che verrà rilasciato da marzo in poi sui territori», ha chiarito il viceministro.

Sullo stop alla produzione di auto a combustione dal 2035 indicato dall’Unione europea, Bignami torna a definire il refrain del suo partito e del governo, non senza riservare qualche lieve stoccata a Bruxelles: «riteniamo che sia da perseguire una politica di neutralità tecnologica senza sposare un’unica tecnologia. Occorre guardare anche all’impatto che avrebbe sulla filiera automotive, fatta di 200mila dipendenti che rischiano con questa revisione di essere esposti aggiunge Bignami». Secondo il viceministro, l’Europa non ha una volontà di programmazione sovietica sull’utilizzo delle diverse tecnologie, ma in quel caso «alziamo le mani». La speranza di Fratelli d’Italia è che «nel 2024 possano cambiare alcuni assetti politici all’interno della maggioranza del Parlamento europeo» così da presentarsi al check della Commissione del 2026 con una nuova maggioranza europea.

I dossier dell’innovazione: parola al sottosegretario Alessio Butti
La rete
Ultimo ospite del panel gestito da De Angelis è stato il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’Innovazione Alessio Butti, compagno di partito di Giorgia Meloni. Con lui sono stati affrontati i vari dossier di cui la sua delega ha competenze, dalle telecomunicazioni alla rete, fino alla cybersicurezza. Tema che rientra anche nell’alveo degli investimenti del Pnrr, la diffusione della rete veloce e stabile è uno degli obiettivi che si vogliono raggiungere con l’implementazione dei fondi del Piano. Su questo, Butti ha chiarito che le responsabilità dei ritardi, che sono evidenti, sono da ricercarsi innanzitutto nel penultimo governo: «c’è stata una errata mappatura sul territorio e questo ha comportato problemi e ritardi nella cablatura Paese, tuttavia non è possibile cablare tutta l’Italia al 100% con Ftth» – acronimo con cui si indicano le connessioni a banda ultra larga in cui il collegamento dalla centrale di trasmissione fino al modem dell’utente finale è realizzato interamente in fibra ottica.

«Questo paese ha iniziato a parlare di banda e Ftth col governo Prodi nel 2066 – continua Butti – e oggi, che siamo al 2023, abbiamo ancora incredibili ritardi che non ci permetteranno di rispettare la prima scadenza del 2026. Telecom con Open Fiber se ne stanno sta occupando, ma non si può fare una colpa solo ai concessionari». Proprio sulle telco, il sottosegretario chiarisce la posizione del governo in tema di statalizzazione. «La presidente del Consiglio è stata estremamente chiara – ha detto: occorre il controllo pubblico, che non è la statalizzazione o la nazionalizzazione. Non mi esprimo minimamente sull’operazione in Borsa, anche perché stiamo parlando di ipotesi. Tecnologicamente si può fare tutto, in che tempi non lo si può sapere: dipende dalla scelta che gli stakeholder porteranno a termine».

L’identità digitale
Interrogato sullo stato dell’arte dell’identità digitale da De Angelis e Zatterin, il sottosegretario ha assicurato che il governo intende «assicurare, mantenere e rilanciare il patrimonio accumulato con lo Spid in un’ottica di razionalizzazione. Abbiamo indicato una strada – continua Butti – che è quella dell’identità digitale unica perché abbiamo la necessità di razionalizzare». Ha chiarito, quindi, di non aver mai smesso di incontrare gli identity provider che hanno consentito la partenza dello Spid e i cui contratti sono in scadenza. «L’obiettivo è di consentire a chiunque – conclude il sottosegretario – di poter custodire su uno smartphone tutti i documenti per relazionarsi con la Pubblica amministrazione ed essere riconosciuto nell’ottica di semplificare la vita ai cittadini e alle imprese: un obiettivo importante ma oggi con tre identità digitali non è possibile».

La cybersicurezza
Ultimo tema, complesso e delicato, trattato nella tavola rotonda di PWC Italia, è stato quello della cybersicurezza. Il viceministro ha chiarito subito che «la rete di protezione c’è: nel 2022 ci sono stati 82 milioni di attacchi intercettati solo in Italia. Il problema, tuttavia, è serissimo. Se fossimo partiti un po’ prima con l’Agenzia per la cybersecurity (Acn) avremmo fatto un buon servizio perché se abbiamo un sistema vulnerabile i nostri dati non sono custoditi nel modo migliore». Butti ha poi ricordato che alla cybersicurezza ha pensato anche il governo, oltre che il Pnrr. Infatti, oltre ai fondi dell’ultimo, sono stati stanziati due fondi direttamente in legge di bilancio. Questo perché «non c’è solo la pubblica amministrazione, ma ci sono le industrie strategiche e i dati cittadini estremamente importanti da difendere».

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